Sinergie di Scuola

Continuano a susseguirsi le pronunce della magistratura, Corte dei Conti e Cassazione soprattutto, sulla attività dei lavoratori pubblici svolta al di fuori dell’orario di lavoro, se possano svolgere e in quali limiti una seconda attività, con quali modalità debbano utilizzare permessi e congedi per assistere familiari disabili o figli minori, se durante la fruizione di detti permessi possano lavorare o, diversamente, anche divertirsi o dedicarsi ad altre attività.

Avevamo avuto modo di parlare dell’orientamento della Cassazione, che recentemente, con la sentenza 8784 del 2015, aveva ritenuto legittimo il licenziamento di un lavoratore che aveva partecipato ad una serata danzante nel giorno in cui fruiva dei permessi per assistere la madre disabile, sul presupposto che l’utilizzo, anche solo di una parte del beneficio per fini diversi da quelli per cui lo stesso è concesso, è da considerarsi comportamento di accertato disvalore sociale.

Avevamo accennato anche, su queste pagine, al caso di quella insegnante condannata dalla Corte dei Conti sez. Toscana (n. 58 del 2015) per aver svolto un doppio lavoro, non solo sul presupposto della mancanza di autorizzazione, ma in costanza di utilizzo di altri permessi, fruendo di assenze retribuite che non consentirebbero mai, per l’opinione (a nostro avviso assai discutibile) della Corte, lo svolgimento di altra attività, a prescindere dall’autorizzazione.

Rileviamo oggi una interpretazione, viceversa, ben più “elastica” della stessa Corte dei Conti, sezione Lombardia (sentenza 109 del 2015), che, a proposito di un dirigente medico (dipendente a tempo indeterminato in un’Azienda Ospedaliera in regime, va detto, di non esclusività), segnalato dalla Guardia di Finanza per aver svolto la sua attività professionale privata mentre fruiva di congedi parentali, giunge sorprendentemente a conclusioni “libertarie”.

In questo caso la Corte, infatti, ha ritenuto non doversi configurare alcun danno per l’amministrazione, avendo il dipendente continuato a svolgere una attività già autorizzata in passato senza che l’amministrazione avesse dimostrato l’inizio di una nuova attività o l’incremento di quella già svolta, ipotesi che avrebbe potuto, viceversa, configurare un danno, e concludendo, in pratica, nella piena ammissibilità dello svolgimento del “doppio lavoro” nel periodo di fruizione del congedo parentale.

Sono solo degli esempi, che abbracciano i campi vastissimi del pubblico impiego, dei limiti della privatizzazione dello stesso, delle differenze ancora notevoli tra lavoratori pubblici e privati, delle incompatibilità e del doppio lavoro, da noi trattate ampiamente nella monografia “Le incompatibilità del pubblico impiego e del personale scolastico”.

Le numerose e variegate pronunce suggeriscono un evidente bisogno di chiarezza in questo tema, che vede camminare a velocità diverse e non convergenti modifiche normative, interpretazioni istituzionali e giurisprudenziali, contratti fermi che necessariamente non si adeguano.

Ci auguriamo, al di là delle continue e annunciate riforme della pubblica amministrazione, che si intervenga con chiarezza, finalmente, con una nuova stagione contrattuale e con delle riforme legislative chiare che definiscano con certezza anche gli aspetti concreti del lavoro dei dipendenti.

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