Abbiamo già parlato sulle pagine di Sinergie di Scuola delle novità in tema di genitorialità recate dalla cosiddetta riforma Fornero.
Precisamente l’art. 4 comma 24 legge 92/2012 aveva introdotto delle norme di favore per i neo genitori lavoratori dipendenti, disponendo:
- che il padre lavoratore ha diritto ad un giorno di congedo obbligatorio (retribuito) per la nascita del figlio, e a due giorni facoltativi (da scalarsi dal rispettivo congedo obbligatorio della madre);
- che la madre lavoratrice può fruire di un contributo dell’INPS, o di voucher, per retribuire le strutture, o i privati, che si occupino dei figli qualora le stesse decidano di convertire il congedo parentale con tali misure.
La norma in questione, suffragata dal conforme Decreto Ministeriale pubblicato pochi giorni fa sulla Gazzetta Ufficiale, ha disposto delle agevolazioni evidenti per i lavoratori; nulla di eclatante, ma una possibilità di scelta, oltre all’indubbio vantaggio per il lavoratore padre di godere di un giorno di congedo retribuito per la nascita del figlio.
Un diritto inequivocabilmente diretto ai lavoratori dipendenti, senza alcuna differenziazione tra gli stessi, non contenuta nella legge di riforma né nel decreto attuativo richiamato.
Ciò nonostante, a ricordare (qualora ce ne fosse bisogno) che i dipendenti pubblici sono evidentemente figli di un dio minore, è intervenuto il consueto parere del Capo Dipartimento della Funzione Pubblica, che esclude i dipendenti pubblici dalla platea dei beneficiari della normativa.
La motivazione dell’esclusione sarebbe riferita a due commi della medesima legge 92, art. 1, questi:
7. Le disposizioni della presente legge, per quanto da esse non espressamente previsto, costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in coerenza con quanto disposto dall’articolo 2, comma 2, del medesimo decreto legislativo. Restano ferme le previsioni di cui all’articolo 3 del medesimo decreto legislativo.
8. Al fine dell’applicazione del comma 7 il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, individua e definisce, anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
Secondo l’interpretazione ministeriale, la mancanza di misure applicative da parte del Ministero per la pubblica amministrazione escluderebbe l’applicabilità della normativa ai dipendenti pubblici. Una interpretazione singolare.
Prescindendo infatti dal constatare il ricorrente, e di dubbia costituzionalità, trattamento deteriore dei dipendenti pubblici, ancora considerati come genus a parte (come se non fosse mai intervenuta la privatizzazione del pubblico impiego), sovvengono alcune brevi considerazioni. Ovvero:
- il comma 7 dell’art. 1 si riferisce all’intera legge 92, estremamente articolata e variegata, contenente la riforma del lavoro;
- il medesimo comma dispone che la legge intera costituisce principio generale per i lavoratori pubblici “per quanto non espressamente previsto”. Proprio le nuove norme sulla genitorialità (a differenza di restanti punti, assai discussi, della riforma) sono chiarissime, suffragate peraltro da un decreto ministeriale applicativo con allegata relazione illustrativa;
- comunque, anche quando si trattasse di una normativa ancora oscura, l’intervento del Ministero è previsto come obbligatorio (non eventuale), e sarebbe diretto all’armonizzazione della disciplina, non alla sua applicazione.
Una precisazione ulteriore. Come più volte sostenuto in Sinergie di Scuola a proposito delle variegate interpretazioni ministeriali anche contrastanti con la normativa ordinaria (vedi il caso emblematico del divieto della monetizzazione delle ferie), il parere ministeriale non può sostituirsi alla norma di legge.
In questo caso, sembra proprio inequivoca la portata normativa, ovvero applicabile ai lavoratori dipendenti tutti.
Può essere ipotizzabile che una legge venga disattesa da un parere ministeriale (come divenuta ormai prassi consolidata), peraltro non reso a tutte le amministrazioni ma al solo comune richiedente (come in questo caso)?
Una domanda che, a quanto pare, ci dovremo porre ancora molte volte.