I permessi retribuiti di cui all’art. 33 della Legge 104/1992 (3 giorni di permesso mensili) spettano, oltre che ai lavoratori dipendenti disabili in situazione di gravità, anche a:
- genitori, anche adottivi o affidatari, di figli disabili in situazione di gravità;
- coniuge, parte dell’unione civile, convivente di fatto (art. 1, commi 36 e 37, Legge 76/2016), parenti o affini entro il 2° grado di familiari disabili in situazione di gravità. Il diritto può essere esteso ai parenti e agli affini di terzo grado soltanto qualora i genitori o il coniuge o la parte dell’unione civile o il convivente di fatto (art. 1, commi 36 e 37, Legge 76/2016) della persona con disabilità grave abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti (Legge 183/2010).
Il D.Lgs. 119 del 18/07/2011 ha apportato modifiche al suddetto art. 33 della Legge 104/1992, prevedendo nello specifico al comma 3 che il lavoratore «ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, solo a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado, qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti».
Con la Legge 76/2016 la platea dei destinatari è stata estesa; pertanto, qualora assista più soggetti disabili, il lavoratore può cumulare più permessi tenendo presente che ciò è ammissibile solo a condizione che il familiare da assistere sia il coniuge o la parte dell’unione civile o il convivente di fatto (art. 1, commi 36 e 37, Legge 76/2016) o un parente o un affine entro il primo grado o entro il secondo grado, qualora uno dei genitori o il coniuge o la parte dell’unione civile o il convivente di fatto (art. 1, commi 36 e 37, Legge 76/2016) della persona disabile in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni o siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
La cumulabilità non è ammessa in nessun altro caso, in particolare non è mai possibile usufruire della pluralità di permessi per assistere un parente od affine di terzo grado.
Patologie invalidanti
Per l’individuazione delle patologie invalidanti si fa riferimento al D.I. 21/07/2000, n. 278 che regolamenta la fruizione dei congedi per eventi e cause particolari. Si tratta nello specifico di:
- patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell’autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche;
- patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali;
- patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario;
- patologie dell’infanzia e dell’età evolutiva aventi le caratteristiche di cui ai precedenti numeri 1, 2, e 3 o per le quali il programma terapeutico e riabilitativo richiede il coinvolgimento dei genitori o del soggetto che esercita la potestà.
La sussistenza delle patologie invalidati dovrà risultare da idonea documentazione medica che dovrà essere acquisita e valutata dal datore di lavoro.
Mancanti
L’espressione “mancanti” deve essere intesa non solo come situazione di assenza naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità, quali ad esempio divorzio, separazione legale o abbandono, risultanti da documentazione dell’autorità giudiziaria o di altra pubblica autorità.