Stiamo vivendo un periodo nel quale – sembra superfluo sottolinearlo – gli impegni a carico dei Dirigenti scolastici sono diventati ancora più pressanti rispetto al passato.
Tuttavia non va dimenticato che, con la riforma sulla dirigenza scolastica, il legislatore ha evidentemente voluto creare una figura di manager pubblico con ampi poteri di gestione, ai quali però corrispondono maggiori responsabilità nella realizzazione di obiettivi e risultati delle strutture amministrative alle quali sono stati preposti.
La qualifica dirigenziale – attribuita ai Capi di istituto delle Istituzioni scolastiche rese autonome a seguito dell’applicazione dell’art. 21 della Legge n. 59 del 15/03/1997 – ha trovato attuazione in un difficile equilibrio tra valorizzazione della libertà di gestione amministrativa e del proprio servizio e criticità relative alle responsabilità dirette e personali nell’esercizio delle funzioni.
La dirigenza scolastica, in realtà, trova le sue lontane origini già nella riforma dell’organizzazione amministrativa sancita dalla Legge Delega 421/1992 (finalizzata al miglioramento dell’efficienza della Pubblica Amministrazione, nella prospettiva dell’adeguamento dell’attività amministrativa agli standard europei e al contenimento della spesa pubblica), nonché nel successivo D.Lgs. 29/1993.
Dal 1993 ad oggi sono trascorsi molti anni, e ora più che mai si avverte l’esigenza di chiarire (forse per l’ennesima volta, o quantomeno per coloro che hanno da poco intrapreso questo difficile “mestiere”) i confini dell’autonomia dei Capi d’Istituto, anche e soprattutto in rapporto ai competenti Uffici Scolastici Territoriali.
Per rispondere all’esigenza di chiarimenti va indagata l’esistenza e la definizione di “poteri” ricollegabili al concetto di gerarchia, nel senso più comune e diffuso di «obbligo ad ottemperare alle indicazioni fornite da un organo considerato superiore».
Non c’è un “superiore” del DS
Vediamo quindi innanzitutto se e in che termini si possa ancora parlare di “gerarchia di poteri” all’interno dell’Amministrazione scolastica.
Va premesso che, a seguito della riforma della Pubblica Amministrazione di cui al D.Lgs. 30/03/2001, n. 165 (“Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”), il rapporto gerarchico tra le figure dirigenziali può ritenersi abolito.
Non esiste, quindi, un “superiore” del DS secondo l’accezione comune: non lo sono neppure gli Ispettori scolastici che, in quanto Dirigenti – sia pur di seconda fascia – del Ministero dell’Istruzione, sono disciplinati dalle medesime norme, a partire da quelle generali relative ai Dirigenti della Pubblica Amministrazione.
Nell’ambito dei principi generali relativi a tutte le Pubbliche Amministrazioni, il suddetto D.Lgs. 165/2001 proclama all’art. 4 l’adeguamento degli ordinamenti «al principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall’altro».
Seguendo tali indicazioni possiamo affermare che il Dirigente scolastico esercita funzioni di gestione amministrativa, mentre agli organi di governo spettano le funzioni di indirizzo e controllo.
In senso generale, queste ultime sono attribuite al Ministero dell’istruzione e sono collegate alla responsabilità a livello “centrale” del sistema di istruzione.
L’azione di indirizzo comporta implicitamente, per il Ministero, l’esercizio di “poteri” decisionali che derivano dalla natura della funzione stessa.
In questo ambito, va preliminarmente citata la competenza legislativa esclusiva per le norme generali sull’istruzione: è appena il caso di sottolineare che esse devono trovare applicazione e non possono – ovviamente – essere disattese da azioni autonomamente intraprese.
Un ulteriore ambito è quello relativo alla complessa questione della quantificazione degli organici del personale: annualmente viene emanata una Direttiva generale per l’azione amministrativa e la gestione nella quale viene prevista la ripartizione delle risorse destinate a ciascun centro di responsabilità amministrativa (centro che, come vedremo più avanti, si identifica con l’Ufficio Scolastico Regionale).
Un altro campo in cui si esplica il “potere” ministeriale è quello relativo alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni che la Costituzione della Repubblica Italiana esige che vengano garantiti su tutto il territorio nazionale.
Oltre a fornire l’indirizzo, il Ministero assume anche l’onere del controllo, cioè l’obbligo di verifica dell’applicazione delle sopra citate norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni, dell’attuazione degli ordinamenti scolastici, dei livelli di efficacia dell’azione formativa e dell’osservanza degli standard programmati.
Passaggio di competenze dal Ministero agli Ambiti territoriali
Finora abbiamo parlato di azioni sul piano generale attribuite al Ministero dell’Istruzione.
È necessario, a questo punto sottolineare che, com’è ben noto, negli anni si è verificato un graduale «passaggio dell’Amministrazione da un apparato autoreferenziale, centralizzato, basato su un assetto gerarchico e piramidale, ad un impianto strutturato per livelli e per funzioni, che sul territorio assume una conformazione reticolare con forte accentuazione pluralistica, aperta a convergenze, collaborazioni e confronti sempre più estesi» (da “Compiti e funzioni dell’Ufficio Scolastico Regionale”, Documento dell’USR Umbria del 27/03/2008).
L’art. 7 del D.P.R. n. 260 del 21/12/2007, che ha regolamentato la riorganizzazione del Ministero della Pubblica Istruzione nelle sue articolazioni centrali e periferiche, ha stabilito che a livello decentrato e limitatamente all’istruzione scolastica, il M.I. opera attraverso gli Uffici Scolastici Regionali (USR) che costituiscono centri autonomi di responsabilità amministrativa.
Essi si articolano a loro volta negli Uffici Scolastici Provinciali (USP) pertinenti agli Ambiti territoriali a livello provinciale, nei quali operano centri di erogazione di servizi amministrativi, di monitoraggio e di supporto alle Istituzioni scolastiche nelle procedure amministrative e contabili, nella gestione delle graduatorie, nella formulazione di proposte/richieste al Direttore generale dell’USR in merito all’assegnazione delle risorse umane (organici), nella progettazione e innovazione dell’offerta formativa e nell’integrazione con gli altri enti che operano sul territorio, nello sviluppo delle reti di scuole, nell’elaborazione dei dati relativi all’edilizia scolastica e alla sicurezza degli edifici, negli interventi relativi all’integrazione degli alunni immigrati ecc.
Da quest’ultima disamina emerge il fatto che gli USP svolgono funzioni di assistenza, consulenza e supporto agli Istituti scolastici autonomi, mentre sono gli USR, in qualità di organi periferici di livello dirigenziale generale (ovvero dirette emanazioni del Ministero dell’Istruzione), ad assumere – per quanto di loro competenza – funzioni di:
- indirizzo attraverso l’attivazione di iniziative di informazione, formazione e sostegno. Rientrano in questo ambito sia le circolari e note esplicative o applicative della normativa a livello locale, sia i pareri che il Dirigente scolastico può richiedere, pur mantenendo la responsabilità in merito alla decisione finale;
- controllo di verifica della conformità dell’attività svolta nelle Istituzioni scolastiche ed educative alla programmazione in materia scolastica e al progetto di istituto. In linea generale, quest’ultimo compito può essere meglio definito come “vigilanza”.
La differenza tra vigilanza e controllo è piuttosto sottile: mentre l’esercizio del controllo viene comunemente inteso come un’attività di ispezione più marcata e pervasiva, gli USR sono chiamati a porre in atto un’attività di sorveglianza generale e indiretta, finalizzata all’armonizzazione, alla supervisione e alla verifica del rispetto e del corretto operato.
I Dirigenti scolastici sono soggetti a valutazione
Non dimentichiamo, tuttavia, che la Direzione Scolastica Regionale ha il ruolo di garante della qualità dell’offerta formativa e della sua conformità alla normativa.
Ciò significa che i Dirigenti scolastici sono comunque soggetti a valutazione in ordine ai risultati conseguiti nel corso della gestione degli Istituti scolastici loro affidati.
In altre parole, l’USR dovrà quindi verificare che i DS svolgano il proprio compito nel rispetto dell’autonomia delle Istituzioni scolastiche e delle attese delle realtà territoriali, tenendo costantemente conto della distinzione tra:
Responsabilità dirigenziale
Legata alla valutazione dei risultati, ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. 165/2001, rispetto alla quale il Dirigente, oltre all’osservanza delle direttive deve assicurare il raggiungimento degli obiettivi.
In tale ambito, è previsto che i Dirigenti scolastici siano soggetti ad una valutazione finalizzata a produrre effetti sulla retribuzione di risultato.
Tuttavia, fino all’a.s. 2019/2020 la retribuzione di risultato è stata determinata unicamente in base alla complessità della sede di servizio.
A seguito dei cambiamenti avvenuti nella gestione del Ministero e delle azioni intraprese per l’emergenza epidemiologica nell’a.s. 2019/2020 è emersa, tra l’altro, la necessità di riconfigurare il modello di valutazione già proposto.
In attesa della riapertura della trattativa sindacale per implementare, sin dal prossimo anno scolastico, il nuovo sistema di valutazione dei Dirigenti scolastici, è stato definito l’impegno di indicare linee guida e operative per la ripartenza di settembre che definiscano i livelli essenziali del servizio e consentano ai Dirigenti stessi di usare con efficacia gli strumenti dell’autonomia gestionale e organizzativa.
Responsabilità disciplinare
Può essere ricollegata alla violazione degli obblighi di comportamento (come, ad esempio, inosservanza delle direttive, dei provvedimenti e degli obblighi di servizio; mancata presenza in servizio in correlazione con le esigenze della struttura e con l’espletamento dell’incarico affidato; violazione dell’obbligo di astenersi dal chiedere o accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità in connessione con l’espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati – se non nei limiti delle normali relazioni di cortesia e fatti salvi quelli d’uso, purché di modico valore; inosservanza degli obblighi previsti in materia di prevenzione degli infortuni o di sicurezza del lavoro; violazione del segreto d’ufficio ecc.).
Modifica e annullamento degli atti del DS
A questo punto è opportuno chiedersi se esistono strumenti giuridici che possano essere normativamente applicati per modificare o annullare coercitivamente le azioni preordinate dal Dirigente scolastico.
Per rispondere a questa domanda si ricorda in via preliminare che, a partire dal D.Lgs. 165/2001, nessun altro Dirigente può riformare o annullare un atto o un decreto emanato dal DS stesso.
La possibilità di “ricorso gerarchico” è stata abolita: l’unico modo, per un cittadino, di ricorrere avverso una decisione assunta da un Dirigente scolastico è quella di rivolgersi al giudice ordinario (al giudice del lavoro nel caso di contenziosi che riguardano il personale).
Un ordine può giungere, quindi, al DS esclusivamente dal Tribunale (ad esempio per consentire l’immediato accesso agli atti da parte di un sindacato ricorrente), ovvero da un Sindaco (es. per la chiusura di un edificio scolastico).
Accade, tuttavia, che nei confronti del Dirigente scolastico venga posta in atto – da parte di personale scolastico, di famiglie, di responsabili degli Enti locali – un’intimazione o una diffida accompagnata dalla segnalazione all’USR.
In queste evenienze, gli Uffici sono comunque tenuti a valutare attentamente la natura delle segnalazioni (fatti e/o condotte tenute) e a svolgere, come atto preliminare a qualsiasi altro, un’indagine conoscitiva che deve essere supportata da una motivata relazione scritta da parte del Capo d’Istituto coinvolto nella vicenda.
Solo nel caso che vengano oggettivamente riscontrati elementi riferibili a responsabilità disciplinari, il Direttore dell’USR è titolato (oltre all’Ufficio procedimenti disciplinari per le situazioni più gravi) ad avviare un procedimento per l’irrogazione di una sanzione disciplinare che può condurre ad una sanzione pecuniaria ovvero alla sospensione dal servizio, fino ad arrivare al licenziamento.
Per l’USR si tratta, comunque, di un compito delicato in quanto, come la giurisprudenza insegna, «l’onere della prova circa i presupposti di fatto oggettivi e soggettivi che inducono ad elevare una contestazione disciplinare grava sul datore di lavoro in forza di un’applicazione estensiva dell’art. 5 della Legge 604/1966» (da “I provvedimenti disciplinari nel comparto scuola” di Bartolo Danzi, 27 giugno 2018).
È appena il caso di sottolineare che le medesime difficoltà gravano sul Dirigente scolastico quando si trova nella situazione di dover avviare un procedimento disciplinare nei confronti di personale docente o ATA.
Il corretto comportamento che deve tenere il DS
La difficoltà di reperire prove atte a valutare, ai fini di un’eventuale sanzione, la presenza, nell’operato del DS, di «elementi comportamentali lesivi del decoro o della dignità del personale o della scuola stessa» è di tutta evidenza in alcune situazioni previste secondo quanto previsto dall’art. 16 del CCNL (relativo al personale dell’area V della dirigenza per il quadriennio normativo 2006-2009 e il primo biennio economico 2006-2007).
Si può citare ad esempio il caso di «alterchi negli ambienti di lavoro, anche con utenti o terzi» o ancora (e, si noti, ai fini di un’eventuale sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 3 giorni fino a 6 mesi) «manifestazioni ingiuriose nei confronti dell’amministrazione salvo che siano espressione della libertà di pensiero, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 300/1970» (cioè il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, nei luoghi dove si presta la propria opera, nel rispetto dei principi della Costituzione e delle norme della legge in questione).
Saper distinguere il confine tra manifestazioni ingiuriose ed espressione della libertà di pensiero significa affermare che il dovere di ottemperare alla normativa non implica obbligatoriamente il non poter esprimere le proprie perplessità (sicuramente con toni e modi non offensivi) in merito a scelte effettuate dai vertici dell’amministrazione.
Nel Codice Etico dei Dirigenti scolastici delle scuole autonome a suo tempo elaborato dall’Associazione Nazionale Dirigenti scolastici si può trovare una buona interpretazione del comportamento corretto da tenere in proposito: «Il Dirigente scolastico svolge la propria attività con l’impegno necessario al raggiungimento dei risultati attesi; fornisce, nell’ambito della propria autonomia professionale, corretti e trasparenti elementi all’Amministrazione Regionale e Centrale, anche per evidenziare eventuali carenze e inadeguatezze che a suo avviso potrebbero compromettere la qualità del servizio scolastico».
Richieste di intervento dell’USP da parte del DS
Resta ancora da chiarire quali siano gli interventi che il Dirigente scolastico può richiedere da parte degli Uffici Territoriali o che a questi ultimi competono in relazione a fatti che possono verificarsi all’interno dell’Istituto.
Esaminiamo per primo il caso in cui sia il Dirigente scolastico a riscontrare situazioni di criticità riconducibili a condotte tenute da personale docente o ATA.
Il Capo d’Istituto, prima di richiedere l’intervento da parte degli Uffici territoriali deve aver posto in atto (ed essere in grado di dimostrarlo) tutti gli interventi, le azioni e le misure di sua competenza.
La prima azione che gli Uffici Territoriali realizzeranno è quella di stimolare e supportare gli interventi del Dirigente scolastico, che non debbono necessariamente essere di tipo sanzionatorio anche se, comunque, non dimentichiamo le conseguenze per il DS in caso di «tolleranza di irregolarità in servizio, di atti di indisciplina, di contegno scorretto o di abusi di particolare gravità da parte del personale dipendente» (art. 13 del Codice Disciplinare) nonché di un mancato esercizio o della decadenza dall’azione disciplinare secondo il comma 3 dell’art. 55-sexies del D.Lgs. 165/2001.
Una volta acquisita la documentazione delle azioni intraprese dal Capo d’Istituto il Dirigente di Ambito territoriale può disporre un’eventuale ispezione con lo scopo di acquisire elementi e indagare aspetti che, a suo parere, non rientrano nelle competenze del titolare dell’Istituzione scolastica.
In relazione all’argomento sembra utile fornire un consiglio in merito al “rendere conto”, che si concretizza nella necessità/opportunità di una motivazione rintracciabile negli atti emanati dal Dirigente scolastico.
Tale suggerimento dovrebbe essere applicato a tutti i documenti che riportano le indicazioni o le determine del Dirigente scolastico (nella sua veste di pubblico Dirigente), anche a quelle che non sono di norma soggette all’obbligo di motivazione delle scelte effettuate, come lo sono invece quelle legate ad alcune situazioni: in particolare, la sospensione cautelare del personale scolastico disposta in attesa dell’effettuazione della visita presso la Commissione Medica di Verifica, ovvero l’attribuzione del bonus premiale ai sensi della Legge 13/07/2015 n. 107, comma 127.
Sempre in tema di responsabilità, rammentiamo che l’USR assume la legittimazione passiva (cioè la titolarità della potestà di resistere in giudizio) in materia di contenzioso del personale della scuola (oltre che del personale amministrativo in servizio presso gli Uffici Scolastici periferici), eccezion fatta per le controversie riguardanti lo svolgimento del rapporto di lavoro del personale scolastico, di ruolo e non di ruolo, per le quali – in relazione all’art. 14 del D.P.R. 275/1999 – il legittimato passivo è l’Istituzione scolastica con la quale tale rapporto viene instaurato.
In tema di liquidazione delle spese per liti, arbitraggi, risarcimenti ecc. e nella trattazione delle pratiche concernenti gli infortuni degli alunni giova ancora precisare che, com’è esplicitamente enunciato nella nota ministeriale prot. n. 275 del 1/03/2002 «gli atti di costituzione in mora di presunti responsabili dell’evento dannoso ed il recupero dei crediti per eventuali decisioni di condanna della magistratura ordinaria o della Corte dei Conti, devono essere curati, rispettivamente, dal Dirigente scolastico nei confronti del personale della scuola e dal Direttore Regionale nei confronti dei Dirigenti scolastici. Le fattispecie di rilevanza penale devono essere segnalate all’Ufficio Scolastico Regionale».
Inoltre, nel caso descritto dal comma 1 dell’art. 55-sexies del D.Lgs. 165/2001 («violazione di obblighi concernenti la prestazione lavorativa, che abbia determinato la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno») è previsto per il Dirigente scolastico un provvedimento disciplinare erogato dal Direttore dell’USR o, nei casi più gravi, dall’Ufficio Procedimenti Disciplinari.
Le questioni inerenti la responsabilità civile e gli aspetti erariali sono materia complessa che richiedono un approfondimento non possibile in questa sede.