Al termine dell’anno solare passato si è posto il tema dell’uso dei cellulari in classe. Naturalmente, come in tutte le questioni che si rispettino, la gens italica si è divisa tra chi è d’accordo – vedendo l’ineluttabilità del dispositivo elettronico diventato ormai appendice corporea di ciascuno di noi – e chi invece lo ritiene strumento di Satana che svia le giovani menti dall’attento ascolto di chi siede in cattedra.
La questione non è peregrina e mi fa venire in mente il mio tempo lontano a scuola, quando sotto attacco era la calcolatrice, che nella sua forma a notazione scientifica era un mirabolante accessorio in matematica e fisica. Allora la soluzione dell’illuminato Preside del mio liceo fu che ogni docente, nell’ambito della sua libertà di insegnamento, potesse disporre l’uso o il divieto dello strumento.
Certo, il docente deve avere il carisma necessario per poter imporre regole alle classi e, ancor più, essere in grado di farle rispettare.
Questo mi porta all’episodio della docente presa letteralmente di mira con una pistola a pallini di gomma da alcuni studenti. Il fatto è esecrabile e non può essere in alcun modo giustificato, ma mi chiedo quale fosse “l’ascendente” della professoressa sulla classe, come era vista dagli alunni, come si proponeva al di fuori del tempo lezione.
Ecco che si ritorna ad una imprescindibile necessità. La valorizzazione dei docenti, che passa prosaicamente da un adeguato livello stipendiale che eviti la vergogna di confrontarsi con gli stipendi di altri Paesi ma, anche, con gli stipendi di altri laureati di diverso ruolo nella pubblica amministrazione italiana e, ancora più importante, con un attento livello di selezione accompagnato da un proficuo e continuo livello di formazione.
L’empatia non si conquista con la formazione, la conoscenza e la gestione dei gruppi sì.