La scena si ripete quotidianamente: al suono della campanella dell’ultima ora gli alunni si precipitano verso l’uscita, sotto lo sguardo vigile degli insegnanti e dei collaboratori scolastici. Proprio questo è il momento più delicato, poiché si dovrebbe realizzare un “passaggio di consegne” tra la scuola e la famiglia, circa il dovere di sorveglianza verso gli studenti. Si potrebbe pensare: una volta usciti, i minorenni sono affidati ai genitori, o a chi ne fa le veci, e la scuola non è più responsabile degli eventuali infortuni che possono accadere successivamente. Niente di più sbagliato!
La giurisprudenza e la dottrina, corroborate da alcune prese di posizione dell’Avvocatura di Stato, hanno enunciato con voce ferma che l’istituto di istruzione ha il dovere di provvedere alla sorveglianza degli allievi minorenni per tutto il tempo in cui questi ultimi sono ad esso affidati, e quindi fino al subentro, almeno potenziale, dei genitori o di persone da questi incaricate; tale dovere di sorveglianza, pertanto, permane per tutta la durata del sevizio scolastico e la sua intensità varia a seconda del grado di maturità raggiunto dal sorvegliato.
Il principio è stato ribadito dalla Cassazione con la sentenza del 3/03/1999, n. 3074 di conferma del pronunciamento del giudice del merito, che aveva condannato un istituto tecnico statale a risarcire i danni riportati da un minore: il ragazzo, uscito anticipatamente dalla scuola per l’assenza dell’insegnante che avrebbe dovuto tenere lezione nell’ultima ora, era stato accoltellato da alcuni delinquenti rimasti sconosciuti. Il ragionamento della Suprema Corte è chiaro: l’aggressione da parte di malviventi era prevenibile qualora i genitori, che avrebbero dovuto ricevere puntuale comunicazione dalla scuola, fossero stati presenti al momento dell’uscita dell’alunno. L’aver consentito l’allontanamento senza sorveglianza dalla struttura educativa ha comportato l’accettazione, da parte del Dirigente scolastico, del rischio che lo studente subisse un’aggressione, come nei fatti è avvenuto.
Lo stesso ragionamento è stato seguito da Cass., Sez. III, 22/07/2010, n. 17215, nel caso di un minore infortunatosi nella ressa formatasi all’uscita nel cortile al termine delle lezioni. Gli insegnanti sono stati assolti non solo perché l’evento dannoso si era verificato in maniera repentina e imprevedibile, ma anche perché lo studente era stato riaffidato alla madre, che difatti aveva subito soccorso il figlio. Qualora non ci fosse stato il genitore ad attenderlo nel cortile, la Corte probabilmente non sarebbe stata così indulgente nei confronti delle maestre.
Bisogna, quindi, sempre verificare che, all’uscita da scuola, siano presenti i genitori, o un soggetto da costoro indicato? Non possiamo che rispondere: ni.
Con la succitata sentenza del marzo 1999, la Corte di Cassazione ha, come si è detto, circostanziato gli ambiti di responsabilità della scuola verso i propri alunni, dei genitori o di persone da questi incaricate.
Cos’è il “subentro potenziale”
Si può parlare di subentro potenziale quando tra la scuola e la famiglia venga stipulata una convenzione per disciplinare tutti gli aspetti inerenti l’uscita del minore dalla scuola. Tale convenzione non si riduce alla mera presentazione di una domanda di autorizzazione all’uscita dell’alunno minorenne in forma autonoma, senza cioè l’effettiva presenza del genitore, bensì concretizza un momento di partecipazione e condivisione tra famiglia e istituzione scolastica, delle modalità adottate da quest’ultima in merito all’uscita al termine delle lezioni.
Nella convenzione si avrà cura di evidenziare che i genitori:
«a) dichiarano di essere a conoscenza delle disposizioni organizzative previste dalla scuola e di condividere e accettare le modalità e i criteri da questa previsti in merito alla vigilanza effettiva e potenziale sui minori;
b) dichiarano di essere consapevoli che, al di fuori dell’orario scolastico, la vigilanza ricade interamente sulla famiglia;
c) dichiarano di essere impossibilitati di garantire all’uscita da scuola la presenza di un genitore o di altro soggetto maggiorenne;
d) descrivono il tragitto casa-scuola e dichiarano che il minore lo conosce e lo ha già percorso autonomamente, senza accompagnatori;
e) si impegnano a dare chiare istruzioni affinché il minore rientri direttamente al domicilio eletto, senza divagazioni;
f) assicurano che il minore troverà qualcuno ad accoglierlo al ritorno presso la propria abitazione;
g) rappresentano che il minore è in possesso di un telefono cellulare e si impegnano a monitorare telefonicamente il rientro a casa del medesimo;
h) si impegnano ad informare tempestivamente la scuola qualora le condizioni di sicurezza abbiano a modificarsi».
(così si è espressa l’Avvocatura di Stato di Trieste, nella comunicazione dell’11/10/2006).
La firma della suddetta convenzione implica che i genitori siano consapevoli dei rischi cui va incontro il loro figlio e ciò costituisce un passaggio (almeno in teoria, per le ragioni che vedremo) della responsabilità, in merito all’accadimento degli stessi, dalla scuola alla famiglia. La presenza di mamma e papà, quindi, può essere effettiva, cioè in carne e ossa all’uscita della scuola, o solo potenziale, nel senso che si può considerare come se i parenti ci fossero davanti ai cancelli della scuola, poiché si sono apprestate tutte le tutele per la salvaguardia dell’incolumità dello studente.
Quali tutele, quali accorgimenti
Oltre a quelli specificati nella convenzione, essi potrebbero risolversi, da parte del Dirigente scolastico, nella:
- attivazione di corsi di formazione di educazione stradale;
- richiesta alle autorità municipali di assicurare la presenza della Polizia municipale durante l’orario di ingresso e di uscita dall’istituto;
- richiesta di attivazione di servizi di scuolabus.
È bene subito precisare che non esiste la certezza che, in caso di infortuni occorsi nel tragitto scuola-casa effettuato senza la presenza dei genitori ma con il loro assenso, sia esclusa la responsabilità dell’amministrazione scolastica: come rileva infatti giustamente l’Avvocatura triestina, non esistono soluzioni precostituite, delle formule taumaturgiche che esonerino in ogni caso dal risarcimento dei danni occorsi all’alunno minorenne.
La predisposizione di una struttura organizzativa da parte della scuola (tale struttura trova fondamento, soprattutto in merito alla sorveglianza degli studenti, in particolare all’uscita della scuola, nelle norme contenute nel Regolamento sulla vigilanza degli alunni, deliberato dal Consiglio di istituto), che possa limitare al massimo i rischi per gli alunni autorizzati a recarsi da soli a casa, può senz’altro, in un eventuale causa risarcitoria intentata dai genitori, contribuire a far pendere la bilancia a favore dell’Amministrazione.
Di parere contrario, però, si è mostrata la stessa Avvocatura dello Stato, come illustrato in un risalente parere dell’avvocato distrettuale Antonio Mancini del 4/12/2001, avente ad oggetto la “Vigilanza sugli alunni all’uscita dalla scuola”.
Nel parere si è innanzitutto premesso che il dovere di vigilanza sugli allievi ha carattere relativo e non assoluto, variando il contenuto e le modalità di esercizio del dovere in modo inversamente proporzionale all’età e al normale grado di maturazione degli allievi, di modo che con l’avvicinamento di costoro all’età del pieno discernimento, il suo espletamento non richiede la continua presenza degli insegnanti, purché non manchino le più elementari misure organizzative dirette a mantenere la disciplina tra gli allievi.
Con riferimento alla durata dell’obbligo di vigilanza, ha evidenziato che la responsabilità per le lesioni subite dagli alunni all’interno dell’edificio scolastico ricorre anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto al di fuori dell’orario delle lezioni, ove ne sia consentito l’anticipato ingresso nella scuola o la successiva sosta, sussistendo l’obbligo delle autorità scolastiche di vigilare sul comportamento degli scolari per tutto il tempo in cui costoro vengono a trovarsi legittimamente nell’ambito della scuola, fino al loro effettivo licenziamento.
Il capo di istituto è tenuto a garantire, come abbiamo più volte sottolineato, la sicurezza della scuola, al fine di evitare possibili fonti di rischio, adottando al riguardo i provvedimenti appropriati e, se del caso, di sollecitare l’intervento di altri organi dotati della competenza necessaria.
La vigilanza deve essere esercitata dal momento iniziale dell’affidamento sino a quando ad essa si sostituisca quella effettiva o potenziale dei genitori, come ricordato, senza che possano costituire esimenti della responsabilità dell’istituto le eventuali disposizioni date dai genitori (come ad esempio, quella di lasciare il minore senza sorveglianza in un determinato luogo) potenzialmente pregiudizievoli per il minore, derivandone, ove attuate, una situazione di possibile pericolo per l’incolumità dello stesso (così, testualmente Cass., Sez III, 19/02/1994, n. 1623).
Dopo questo breve excursus, l’avvocatura bolognese ha statuito l’inopportunità di adottare disposizioni interne all’istituto scolastico dirette a richiedere ai genitori degli alunni l’autorizzazione al rientro a casa di questi ultimi non accompagnati da soggetto maggiorenne (nel gergo in uso, tali autorizzazioni vengono definite liberatorie, concretizzandosi in formule di esonero da responsabilità della Amministrazione scolastica per gli eventuali danni conseguenti alla descritta situazione).
Simili autorizzazioni, si evidenzia, lungi dal costituire causa esimente la responsabilità dell’Amministrazione scolastica per le lesioni eventualmente subite dall’alunno dopo l’uscita da scuola, possono costituire avallo e prova della consapevolezza da parte dell’istituto e dei suoi organi di detta modalità di uscita da scuola degli allievi, con la conseguenza di risolversi sul piano probatorio di un eventuale giudizio risarcitorio in una ammissione implicita della omissione di vigilanza sugli stessi.
In altri termini, le liberatorie firmate dai genitori non solo non escludono la responsabilità della scuola per i danni occorsi agli alunni, ma si risolvono in un boomerang per l’amministrazione scolastica stessa, poiché questa ultima ha accettato (pur con il consenso della famiglia dello studente) di far uscire il minorenne dall’edificio scolastico senza “riconsegnarlo” ai genitori e, pertanto, non potrà sostenere, in un eventuale giudizio risarcitorio, di aver fatto tutto il possibile per vigilare sull’incolumità dell’allievo.
Ecco che si giustifica la nostra risposta “ni” al quesito iniziale.
Sarà, cioè, compito del giudice stabilire se, nel caso concreto, la scuola abbia adottato un comportamento improntato alla due diligence, tenendo conto di tutte le circostanze prevedibili, sia soggettive (come il grado di maturazione del minorenne) sia oggettive (come la pericolosità del tragitto verso l’abitazione).
Poiché la scuola ha il dovere di sorveglianza al fine di tutelare l’incolumità del minore, non può essere esentata da questo obbligo, da disposizioni impartite dai genitori, che siano potenzialmente pregiudizievoli per la sua incolumità.
Anche se il dovere di vigilanza in esame va qualificato non assoluto, ma relativo, dovendosi commisurare all’età e al grado di maturazione del soggetto sorvegliato, deve ritenersi dettato sicuramente da necessaria e ragionevole prudenza atta a tutelare l’integrità fisica del minore, il rifiuto dell’istituto scolastico di consentire al minore di rincasare da solo all’uscita da scuola, considerando che, nel caso di specie, l’alunno non aveva ancora compiuto dieci anni e doveva percorrere, per raggiungere casa, circa 550 metri, con una strada priva di marciapiedi.
Trib. Trieste, Sez. civ., ordinanza 21/10/2010
Chi prende in carico lo studente deve essere maggiorenne
Non è superfluo accennare al fatto che il soggetto che prenderà in carico lo studente all’uscita da scuola debba essere maggiorenne.
L’avvocato Mancini giustamente pone in luce che il soggetto minorenne, così come è oggetto – proprio a cagione della propria incapacità di agire – dell’obbligo di vigilanza imposto ai propri genitori e ai precettori nel tempo in cui è affidato agli uni o agli altri, così non possa essere giuridicamente ritenuto avere la capacità necessaria ad assumere su di sé l’obbligo di vigilanza – e la conseguente responsabilità – su altro soggetto minorenne.
Ne consegue ulteriormente che l’istituzione scolastica che trasferisse la vigilanza sui minori dai propri docenti a soggetto minorenne, quand’anche questo corrispondesse a precise disposizioni date dai genitori, verrebbe meno al proprio obbligo di evitare situazioni potenzialmente pregiudizievoli per il minore.
L’avvocato conclude consigliando i Dirigenti scolastici ad adottare i seguenti comportamenti:
- la formale esplicitazione (attraverso, ad esempio, circolari alle famiglie) della non accettazione da parte della scuola di autorizzazioni all’uscita degli alunni non accompagnati (vengono citate, in proposito, alcune sentenze della Suprema Corte, in merito all’estensione temporale dell’obbligo di vigilanza: Cass. 30/12/1997, n. 13125; Cass. 19/02/1994, n. 1623; Cass. 5/09/1986, n. 5424);
- la richiesta ai genitori della formale e nominativa indicazione di soggetti (maggiorenni) cui delegare l’attività di ritiro degli alunni da scuola (comprendendo ovviamente anche i genitori di compagni di classe);
- il coinvolgimento della amministrazione locale ove possibile, al fine della più idonea organizzazione del servizio di trasporto scolastico, con l’avvertenza che, nel caso di trasporto organizzato dall’istituto scolastico, la responsabilità (anche) della scuola perdura durante il trasferimento degli studenti da casa a scuola e viceversa, come statuito da Cass. 5/09/1986, n. 5424. Inoltre, anche nel caso di trasporto pubblico organizzato dal Comune, non viene meno l’obbligo degli insegnanti e dei collaboratori scolastici, di vigilare l’uscita degli studenti, sino a che questi non siano presi in custodia dai genitori o da chi li rappresenta, soprattutto quando si possa creare una situazione di pericolo, come descritto nella sentenza di Cass. , Sez. III, 10/04/2012, n. 13349;
- la previsione e gestione di attività didattiche o ricreative complementari o integrative, oppure di servizi di semplice e più limitata post-accoglienza degli alunni.
Cosa cambia dopo i 14 anni
A parere di chi scrive, se i “consigli” appena descritti possono trovare piena cittadinanza nel caso di alunni appartenenti alla scuola primaria e, entro certi limiti, a quella secondaria di primo grado, per lo meno per le prime classi, non possono essere seguiti pienamente per gli studenti che frequentano la scuola secondaria di secondo grado.
Lo stesso codice penale, nel sanzionare la condotta di colui che abbandona un minorenne, distingue a seconda che questo ultimo abbia o meno compiuto i 14 anni: nel primo caso l’incapacità dell’infraquattordicenne di provvedere a se stesso è presunta in modo assoluto, mentre per colui che abbia già compiuto i 14 anni, l’incapacità deve essere accertata e provata.
Tale parametro potrebbe costituire una bussola per orientare il comportamento del Dirigente scolastico a cui venga chiesta un’autorizzazione, dai genitori, a lasciare uscire il figlio senza la loro presenza effettiva. Ovviamente tale indicazione vale con riguardo ad una norma penale e per il caso specifico di abbandono del minorenne, ma sembra mostrare un chiaro orientamento del legislatore a considerare più responsabili i ragazzi che abbiano già varcato la soglia dei quattordici anni, presumendo che sappiano orientarsi all’interno dei fondamentali servizi offerti nella società, comprendendone i meccanismi basilari che la governano.
Se non si presenta nessuno, come comportarsi?
Nel caso l’alunno non sia autorizzato a recarsi a casa da solo, e il Dirigente scolastico disponga la non uscita dalla scuola degli alunni senza la presenza di un adulto che prenda in consegna il minore, è opportuno seguire questa prassi (proposta da Flc Cgil di Pavia):
- il docente deve accompagnare fino all’uscita della scuola gli allievi, trattenendoli con sé qualora non si presentino i soggetti individuati per la consegna del minore;
- il docente (che ha terminato il proprio orario di servizio) a questo punto, consegna alla scuola (tramite il collaboratore scolastico in servizio) l’alunno (il CCNL 2006-2009 all’art. 29 comma 5 indica quali obblighi ha il docente: «Per assicurare l’accoglienza e la vigilanza degli alunni, gli insegnanti sono tenuti a trovarsi in classe 5 minuti prima dell’inizio delle lezioni e ad assistere all’uscita degli alunni medesimi»);
- la scuola (Dirigente scolastico, vicario, collaboratore del D.S. o altri delegati) deve rintracciare i genitori e invitarli a ritirare il figlio;
- se il genitore non è rintracciabile, la scuola deve avvisare la Polizia Municipale (o i Carabinieri) per avvisare la famiglia; nel caso sia impossibile contattare i genitori, la scuola consegna l’alunno agli stessi pubblici ufficiali affinché venga trasportato a casa o dai parenti delegati dai genitori.
Sempre la Flc Cgil di Pavia ha provocatoriamente evidenziato che, dal punto di vista del personale, qualunque obbligo imposto ai docenti di fermarsi oltre il proprio orario di servizio per vigilare eventuali alunni che non siano stati presi in consegna dai genitori o altre persone da essi delegati è da considerare illegittimo. I collaboratori scolastici hanno tale obbligo, ma l’eventualità dovrebbe considerarsi eccezionale. Nel caso di ripetute situazioni di alunni “dimenticati” dalle famiglie sarebbe opportuno prevedere un compenso per tale personale sotto forma di intensificazione del lavoro e nel caso di sforamento dell’orario di servizio, l’obbligo di pagamento del relativo straordinario, salvo rivalersi, per il maggior esborso, in sede di risarcimento danni innanzi al giudice, sulla famiglia coinvolta.