Sinergie di Scuola

Il CCNL Istruzione e Ricerca 2016-2018 ha integrato le fattispecie punibili, oltre al quelle già previste nell’art. 498 del Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado. L’integrazione avviene a livello contrattuale sovvertendo uno dei principi cari alla Riforma Brunetta (D.Lgs. 150/2009), ovvero la dequotazione della contrattazione collettiva a vantaggio della fonte pubblicistica, le cui norme hanno carattere imperativo.

Come per le altre sanzioni, previste dal T.U. D.Lgs. 297/1994, richiede un’attenta valutazione del fatti oggetto della contestazione disciplinare, pena la nullità del provvedimento adottato dal Dirigente scolastico.

Ricordiamo che il CCNL 2016-2018 ha rinviato ad una specifica sessione negoziale la definizione delle infrazioni disciplinari e delle relative sanzioni per il personale docente ed educativo, riconfermando all’art. 29 comma 3 (Responsabilità disciplinare per il personale docente ed educativo), nelle more della sessione negoziale, quanto stabilito nel Capo IV – Disciplina, Sezione I – Sanzioni Disciplinari del D.Lgs. 297/1994. Il Capo IV del Testo Unico costituisce quindi ancora l’unico riferimento in materia di sanzioni disciplinari per il personale docente, al quale rinvia anche l’art. 91 del CCNL 2006-2009, mentre forme e termini del procedimento disciplinare sono definite nell’art. 55-bis del D.Lgs. 165/2001, di recente modificato dal D.Lgs. 75/2017.

Le modifiche alla destituzione

Ciò nonostante, l’art. 29 del CCNL 2016-2018 ha introdotto integrazioni alla sanzione disciplinare della destituzione ex art. 498 del D.Lgs. 297/1994, aggiungendo due lettere (lettere g e h) al testo originario.

La destituzione consistente nella cessazione del rapporto di impiego, inflitta per atti gravi, in contrasto con la funzione docente per attività dolosa che abbia portato grave pregiudizio alla scuola, alla pubblica amministrazione, agli alunni, alle famiglie e anche per gravi abusi di autorità, si completa adesso di altre due importanti fattispecie (generate anche dai cogenti fatti di cronaca emersi negli ultimi tempi) per le quali può essere comminata, ovvero:

  • lett. g per atti e comportamenti o molestie a carattere sessuale che riguardino gli studenti affidati alla vigilanza del personale, anche ove non sussista la gravità o la reiterazione;
  • lett. h per dichiarazioni false e mendaci che abbiano l’effetto di far conseguire, al personale che le ha rese, un vantaggio nelle procedure di mobilità territoriale o professionale.

Da sottolineare che una fonte negoziale integra una fonte pubblicistica, aprendo nuovi scenari nella futura sessione negoziale che dovrà appunto definire le tipologie delle infrazioni disciplinari e le relative sanzioni. Intanto, ricorrendo le ipotesi di cui alle lettere g e h, i Dirigenti scolastici dovranno tenere in considerazione che per la destituzione opera l’UPD (Ufficio competente per i procedimenti disciplinari).

Analisi concreta dei fatti addebitati

La sanzione risolutiva del rapporto di lavoro richiede un’analisi concreta dei fatti addebitati al dipendente.

Nel quadro delle condotte punibili individuate negli artt. 494, 495, 496 e 498 del T.U. D.Lgs. 297/1994, la destituzione, ex art. 498, rappresenta la sanzione risolutiva del rapporto di lavoro, nel caso in cui il comportamento scorretto del dipendente dia luogo alle fattispecie indicate all’interno dell’articolo in questione. Anche per la destituzione così come per le altre sanzioni previste dal Testo Unico deve operare il rispetto del principio della proporzionalità in considerazione dei comportamenti contestati al dipendente; è richiesta infatti una valutazione della gravità della condotta, di modo che la sanzione da irrogare sia giustamente proporzionale all’infrazione commessa.

Come affermato dalla Sentenza della Cassazione civile sez. lav. n. 5706 del 2017:

la relativa valutazione deve essere operata con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla utilità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, al nocumento eventualmente arrecato, alla portata soggettiva dei fatti stessi, ossia alle circostanze del loro verificarsi, ai motivi e all’intensità dell’elemento intenzionale o di quello colposo. [...]
Il licenziamento disciplinare, come ogni altra sanzione disciplinare, deve rappresentare una conseguenza proporzionata alla violazione commessa dal lavoratore; anzi, in ragione del fatto che il licenziamento disciplinare costituisce la più grave delle sanzioni, occorre che la mancanza di cui il dipendente si è reso responsabile rivesta una gravità tale che qualsiasi altra sanzione risulti insufficiente a tutelare l’interesse del datore di lavoro (Cass. n. 4138/2000). Per cui il licenziamento disciplinare può considerarsi legittimo solo se, valutando ogni aspetto del caso concreto (sia nel suo contenuto oggettivo che sotto il profilo psicologico), la mancanza del lavoratore si riveli di tale gravità che ogni altra sanzione risulti insufficiente a tutelare l’interesse del datore di lavoro, nonché sia tale da far venir meno l’elemento fiduciario costituente il presupposto fondamentale della collaborazione tra le parti del rapporto di lavoro, atteso, altresì, che il giudizio di proporzionalità tra fatto addebitato al lavoratore e licenziamento disciplinare non va effettuato in astratto, bensì con specifico riferimento a tutte le circostanze del caso concreto, all’entità della mancanza (considerata non solo da un punto di vista oggettivo, ma anche nella sua portata soggettiva e in relazione al contesto in cui essa è stata posta in essere), ai moventi, all’intensità dell’elemento intenzionale e al grado di quello colposo.

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