Si è appena conclusa la fase delle iscrizioni all’anno scolastico 2022/2023, e per le scuole è tempo di analizzare le scelte compiute dalle famiglie e porle in correlazione con la costituzione delle prime classi dei vari ordini di scuola primaria o secondaria (o sezioni di scuola dell’infanzia).
In questo momento vanno inoltre valutate e trattate alcune particolari situazioni che si delineano in concomitanza con le iscrizioni.
L’istruzione parentale
In questa sede approfondiremo, in primo luogo, l’istruzione parentale, che va innanzitutto identificata con chiarezza.
A livello terminologico, infatti, essa non va confusa con l’istruzione domiciliare che si concretizza in percorsi (più o meno protratti nel tempo) in favore di alunni/studenti impossibilitati alla presenza a scuola a causa di una prolungata degenza a casa.
Per inciso, si sottolinea che la necessità di fruire di quest’ultima opportunità (che a sua volta non coincide con la “scuola in ospedale”) è legata a specifiche condizioni: alunni frequentanti scuole di ogni ordine e grado – esclusa la scuola dell’infanzia – che, dopo essere stati ospedalizzati, siano convalescenti presso il proprio domicilio e sottoposti a terapie tali da non permettere la frequenza delle lezioni per un periodo di almeno 30 giorni. L’Istituzione scolastica deve prevedere a scopo preventivo l’inserimento nel PTOF dei criteri di erogazione di tale servizio che, in caso di necessità, deve essere attivato su richiesta da parte della famiglia (con contestuale presentazione della certificazione medica), previa elaborazione di uno specifico progetto formativo individuale da far approvare dal Collegio dei docenti, dal Consiglio d’Istituto e successivamente dall’USR, con conseguente assegnazione di risorse.
Tornando alla definizione di istruzione parentale, va sottolineata la non attuabilità della cosiddetta “istruzione famigliare” così denominata nel senso di “non prevedere controlli da parte di un’Istituzione scolastica”. L’istruzione parentale si configura infatti come la sola scelta alternativa alla frequenza di corsi ordinari del sistema pubblico statale, paritario o non paritario. Tale scelta, soggetta a controlli e verifiche, rientra nelle opportunità sancite dalla Costituzione (artt. 30, 33 e 34), di provvedere direttamente all’educazione dei figli, anche con persone designate dalla famiglia, in gruppi di ragazzi e in luoghi diversi dall’abitazione.
Le indicazioni riportate nello spazio dedicato sul sito del Ministero si accordano con quanto previsto dall’art. 111, comma 2 del D.Lgs. 297/1994:
2. I genitori, qualora decidano di avvalersi dell’istruzione parentale, devono rilasciare al Dirigente scolastico della scuola più vicina un’apposita dichiarazione, da rinnovare anno per anno, circa il possesso della capacità tecnica o economica per provvedere all’insegnamento parentale. Il Dirigente scolastico ha il dovere di accertarne la fondatezza.
Va subito precisato che il minore in istruzione parentale non ha lo status di alunno: non viene, infatti, iscritto ad alcuna Istituzione scolastica o, se la scelta avviene interrompendo la frequenza a scuola, perde tale connotazione, anche se deve essere (o rimanere) registrato in anagrafe al SIDI unitamente ai suoi tutori legali per consentire i dovuti controlli da parte dell’Istituzione scolastica.
Andiamo, ora, ad analizzare le possibili criticità da affrontare in relazione a tale scelta.
Partiamo dalla dichiarazione degli esercenti la patria potestà che, riferita ad un diritto costituzionale, non deve essere interpretata come richiesta di concessione da parte del Dirigente scolastico. Tale dichiarazione è peraltro obbligatoria e deve essere resa ad entrambe le autorità preposte alla vigilanza sull’esercizio del diritto/obbligo di istruzione, cioè al responsabile dell’Istituzione scolastica di competenza territoriale e al Sindaco del Comune di residenza.
La vigilanza, una volta instaurata, pone in capo al Dirigente scolastico alcuni obblighi di verifica tra i quali, in primo luogo, quello relativo al possesso da parte dei genitori, «della capacità tecnica o economica per provvedere all’insegnamento parentale»: tali capacità sono interpretabili in alternativa poiché – come s’è detto – la famiglia può anche delegare l’istruzione del proprio figlio ad altre persone (in possesso di idonei requisiti).
L’accertamento in questione presenta alcuni aspetti che richiedono prudenza e attenzione.
Premettiamo, in primo luogo, che l’art. 30 della Costituzione presuppone che, di norma, i familiari esercenti la patria potestà su un minore siano idonei ad espletare funzioni come quella di educare e istruire i propri figli: la cosiddetta “incapacità” dovrebbe riguardare, pertanto, solo i casi eccezionali che richiedano un intervento da parte dello Stato.
Lo stesso art. 30 Cost. (unitamente all’art. 147 del codice civile, modificato dal D.Lgs. 154 del 28/12/2013, in vigore dal 7 febbraio 2014) impone però di non sottovalutare il rischio di inosservanza dell’obbligo di istruzione dei minori come conseguenza di inadempienza del genitore o tutore legale. Va, infatti, considerato che – come afferma la Dichiarazione dei diritti del fanciullo – quest’ultimo «ha diritto a godere di un’educazione che contribuisca alla sua cultura generale e gli consenta in una situazione di eguaglianza e di possibilità, di sviluppare le sue facoltà, il suo giudizio personale e il suo senso di responsabilità morale e sociale e di divenire un membro utile alla società». Questa citazione evidenzia, inoltre, che l’ottemperanza all’obbligo in questione rientra nell’interesse pubblico dello Stato, considerata la funzione sociale dell’istruzione come mezzo indispensabile per l’esercizio degli altri diritti.
Tuttavia, l’informazione relativa al titolo di studio è un’azione discrezionale del genitore nei confronti dell’Istituzione scolastica. Si tratta infatti di un dato che, pur non potendo essere definito “sensibile” nell’accezione più ristretta del termine, è comunque tutelato dalla normativa inerente la privacy. Analogo discorso può essere riferito alla «capacità economica».
Non dimentichiamo, infine, che l’art. 23 del D.Lgs. 62 del 13/04/2017, nell’individuare le modalità di avvio dell’istruzione parentale si limita ad indicare come necessaria e sufficiente la sola comunicazione annuale al Dirigente scolastico competente per territorio di residenza, non facendo più alcun cenno alla dimostrazione delle capacità tecniche o economiche.
Del resto, gli aspetti amministrativi (esibizione di titoli di studio e/o di dichiarazioni dei redditi) possono anche non costituire, in concreto, una valida conferma dell’adeguatezza dell’istruzione parentale.
Secondo LAIF (L’Associazione Istruzione Famigliare) «è chiaro infatti che la “capacità” di provvedere all’istruzione di un figlio non si riduce unicamente al possesso di un titolo di studio o di un’abilitazione all’insegnamento, e nemmeno di un reddito elevato. Essa comprende soprattutto capacità relazionali, comunicative, empatiche, atteggiamento di ascolto non giudicante, di autocritica, intraprendenza e capacità organizzative, una visione generale, competenze specifiche in ambiti tematici diversi, e molto altro ancora. Certamente sussiste, in ogni caso, il dovere morale del genitore di dotarsi di questo bagaglio e di questo tipo di atteggiamento quando sceglie l’istruzione parentale».
Se basata su questi principi, l’istruzione parentale potrebbe rappresentare il massimo grado di personalizzazione dell’insegnamento: l’atteggiamento di osservazione e ascolto del proprio figlio dovrebbe costituire, infatti, il punto di partenza del percorso, consentendo alla famiglia di realizzare un intervento adeguato alle esigenze del minore nei tempi, nei contenuti e nei metodi.
Purtroppo non sono sempre queste le caratteristiche (e relative motivazioni) che contraddistinguono coloro che decidono di impartire o far impartire l’istruzione parentale ai propri figli.
L’esame annuale di idoneità
Non è il caso di esprimere in questa sede giudizi in merito all’atteggiamento delle famiglie. Resta, tuttavia, un interrogativo: come accertare che sia stato assolto il compito genitoriale di istruire la prole secondo la legge o, in altre parole, che il processo di apprendimento sia in linea con gli obiettivi formativi enunciati nelle Indicazioni Nazionali?
L’esame annuale di idoneità potrebbe essere considerato un valido strumento di verifica dell’istruzione parentale garantita al minore da parte dei familiari.
Si apre, a questo punto, un ulteriore passaggio di complessa definizione, riguardante la necessità di sostenere tale esame.
Cominciamo col dire che il già citato D.Lgs. 62/2017, all’ art. 23 afferma che gli alunni o studenti che fruiscono dell’istruzione parentale «sostengono annualmente l’esame di idoneità per il passaggio alla classe successiva in qualità di candidati esterni presso una scuola statale o paritaria, fino all’assolvimento dell’obbligo di istruzione».
Nonostante la chiarezza di tale enunciato, l’obbligo di sostenere annualmente un esame continua ad essere contestato da una parte di genitori degli alunni/studenti che fruiscono dell’istruzione parentale: viene obiettato, infatti, che l’esame stesso sia finalizzato unicamente a verificare se un soggetto ha acquisito una preparazione idonea all’inserimento in una determinata classe e non è quindi obbligatorio per coloro che proseguono l’istruzione parentale.
Per dirimere la questione può essere utile la lettura della nota 22777 del 14/10/2021 dell’USR Lombardia, dalla quale si evince che lo svolgimento di esami annuali non è una facoltà da perfezionare con una richiesta da parte dei genitori, ma un’azione dovuta.
Ciò che, eventualmente, può essere messa in discussione è la struttura e la modalità di svolgimento dell’esame stesso. Se parliamo, infatti, di una verifica delle competenze finalizzata all’inserimento nella classe corrispondente all’età cronologica, indubbiamente vanno seguite le indicazioni presenti al all’art. 3, comma 7 del D.M. n. 5 dell’8/02/2021:
7. L’esame di idoneità alle classi della scuola primaria e alla prima classe della scuola secondaria di primo grado, inteso ad accertare l’idoneità dell’alunno alla frequenza della classe per la quale sostiene l’esame, si articola in una prova scritta relativa alle competenze linguistiche, in una prova scritta relativa alle competenze logico matematiche ed in un colloquio.
Il progetto didattico-educativo
Nel caso la famiglia non abbia, invece, intenzione di interrompere l’istruzione parentale, ai fini della necessaria verifica va preso come riferimento il percorso di apprendimento intrapreso dal minore, così come descritto nel progetto famigliare di istruzione introdotto dal medesimo D.M. 5/2021, che la famiglia è tenuta a presentare all’Istituzione scolastica.
Il concetto di “progetto” indica la necessità, per la famiglia, di esplicitare non soltanto gli aspetti didattici (afferenti a un programma di studio) ma anche a quelli educativi che, si ribadisce, devono in ogni caso essere coerenti negli obiettivi con le Indicazioni Nazionali per il curricolo: il Dirigente scolastico è competente a verificarne la congruità.
Quando deve essere presentato il progetto? Anche in merito ai tempi di tale adempimento esistono diversi pareri.
La nota ministeriale 29452 del 30/11/2021 ha disposto che il progetto didattico-educativo vada presentato contestualmente alla comunicazione di istruzione parentale (per gli obbligati entro il periodo di svolgimento delle iscrizioni).
Sempre il D.M. 5/2021 prevede invece la consegna di tale documento contestualmente alla richiesta dell’esame di idoneità alla classe successiva, ovvero entro il 30 aprile.
Abbiamo visto, tuttavia, che non necessariamente il minore viene sottoposto ad un esame di idoneità.
L’iter ideale – che purtroppo non sempre si realizza nella realtà – dovrebbe essere il seguente:
- al momento della comunicazione annuale, la famiglia presenta un progetto preliminare di apprendimento;
- nel corso dell’anno scolastico la famiglia incontra il responsabile dell’Istituzione scolastica (ed eventualmente alcuni docenti) per confrontarsi in merito al percorso intrapreso e attuare eventuali modifiche sia in base alle esigenze del minore sia in relazione alle indicazioni fornite dalla scuola;
- entro il termine dell’anno scolastico il Dirigente scolastico predispone:
- l’esame di idoneità per coloro che lo richiedono entro il 30 aprile ai fini del futuro inserimento in una classe dell’Istituto (di norma, in concomitanza con le operazioni di scrutini ed esami finali);
- un incontro di accertamento finalizzato alla verifica dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione.
In ogni caso, il Dirigente scolastico non può esimersi dal predisporre i suddetti accertamenti (che, nel caso dell’esame di idoneità, presuppongono la nomina di un’apposita Commissione).
La scuola responsabile della vigilanza dovrebbe inoltre comunicare al Sindaco del comune di residenza la mancata risposta da parte della famiglia e la conseguente assenza alla verifica predisposta.
È appena il caso di rammentare l’obbligatorietà degli esami alla conclusione dei cicli (di scuola primaria e secondaria di I grado).
A conclusione di questa analisi si segnala l’iniziativa intrapresa da alcune Istituzioni scolastiche di redigere un apposito “Protocollo per l’Istruzione Parentale” al fine di consolidare e rendere nota all’utenza l’organizzazione prestabilita in merito.
Esoneri temporanei
Abbiamo accennato, in premessa, all’esistenza anche di altre situazioni particolari legate alla frequenza scolastica che debbono essere oggetto di attenzione da parte del Dirigente scolastico.
Tra queste, vale la pena di analizzare brevemente le richieste, rispetto al normale svolgimento dell’obbligo scolastico, inerenti gli anticipi e gli eventuali posticipi (esoneri).Iniziamo da questi ultimi.
L’unico possibile significato di “esonero temporaneo dall’obbligo scolastico” (che meglio andrebbe definito “deroga”) consiste nel trattenimento nella scuola dell’infanzia di un minore che abbia compiuto i 6 anni di età entro il 31 dicembre dell’anno di riferimento.
Neppure in caso di disabilità è praticabile, infatti, l’esonero generalizzato dalla frequenza scolastica, così come non lo è riguardo a singole materie: com’è ampiamente noto, recentemente il TAR Lazio ha dichiarato l’illegittimità delle disposizioni presenti nel D.I. 182/2020 sull’esonero per gli studenti disabili da alcune materie di studio.
Il posticipo dell’obbligo scolastico (per un periodo comunque non superiore ad un anno scolastico) può essere disposto nel caso di alunni certificati ai sensi della Legge 104/92, in situazione assolutamente eccezionale e sotto la diretta responsabilità del Capo dell’Istituto scolastico di pertinenza della scuola dell’infanzia. In questo caso il provvedimento va sostenuto da una progettualità concordata tra servizi scolastici e servizi socio-sanitari, conseguente al Profilo di Funzionamento elaborato nel corso dell’ultimo anno di frequenza scolastica.
La situazione eccezionale deve essere confermata dalla presenza di condizioni la cui esistenza va comprovata dai seguenti pareri scritti motivati che il Dirigente scolastico, prima di emettere il dispositivo di sua competenza, deve procurarsi e conservare agli atti:
- richiesta scritta da parte della famiglia;
- relazione favorevole dell’equipe medica dell’ASUIT che ha rilasciato la diagnosi funzionale per la disabilità, basata su indici prognostici di sviluppo e di apprendimento raggiungibili nell’anno aggiuntivo;
- progetto specifico (deliberato dal Collegio docenti) predisposto dagli insegnanti della sezione della scuola con l’illustrazione dettagliata degli interventi didattico-pedagogici e organizzativi che si intendono effettuare ai fini del trattenimento, specificandone la natura e non limitandosi alla descrizione delle caratteristiche e della situazione del soggetto disabile;
- valutazione positiva e motivata della permanenza deliberata da parte del Collegio docenti in apposita seduta (come previsto dalla C.M. 235 del 5/09/1975);
- richiesta adeguatamente motivata da parte dei docenti della sezione, in cui l’alunno/l’alunna frequenta l’ultimo anno.
In attesa che il Dirigente scolastico completi l’iter necessario a disporre il trattenimento del minore nella scuola dell’infanzia, i genitori sono comunque tenuti ad effettuare l’iscrizione alla prima classe di scuola primaria.
La deroga all’obbligo scolastico può, di fatto, riguardare anche gli alunni adottati al primo ingresso che sono stati oggetto delle disposizioni impartite dalla nota MIUR 547 del 21/02/2014, nonché delle Linee di indirizzo per il diritto allo studio degli alunni adottati.
Anche i criteri di gestione organizzativa di queste situazioni dovrebbero essere esplicitati in un apposito “Protocollo di accoglienza” deliberato in sede collegiale.
Alunni fuori della famiglia di origine
Ulteriori situazioni di cui tener conto rispetto ad eventuali deroghe riguardano i minori presi in considerazione nelle Linee Guida per il diritto allo studio degli alunni e delle alunne fuori della famiglia di origine, emanate dal MIUR nel dicembre 2017.
In questo documento ci si riferisce ad alunni in affidamento, stranieri non accompagnati, ospiti delle strutture dei sistemi di protezione, in comunità sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria. In tutte queste situazioni viene prevista la possibilità di iscrizione e l’inserimento a scuola in qualsiasi momento dell’anno, anche dopo la scadenza dei termini e presentando la domanda d’iscrizione direttamente alla scuola prescelta, senza dover obbligatoriamente usare la piattaforma delle iscrizioni on-line.
Inoltre, si auspica che agli stessi venga offerta la possibilità di usufruire (anche per un limitato periodo iniziale) di una certa flessibilità, sia in termini di riduzione parziale dell’orario scolastico, sia di partecipazione ad attività includenti e di alfabetizzazione esperienziale in classi inferiori.
Richieste di anticipo
Trattiamo, infine, le richieste di anticipazione della frequenza scolastica che, com’è ampiamente noto, possono riguardare sia la scuola dell’infanzia sia quella primaria.
Per quanto concerne l’iscrizione alla scuola dell’infanzia, quest’anno la stessa è stata aperta anche a bambini che compiranno i tre anni di età entro il 30 aprile 2023.
Resta comunque ferma la precedenza – in caso di posti limitati – per coloro che raggiungono la medesima età entro il 31 dicembre 2022.
Sono confermate anche le altre due condizioni (previste dall’art. 2 del D.P.R. 89 del 20/03/2009) che consentono l’accoglimento delle richieste di frequenza anticipata.
La prima di tali condizioni riguarda un aspetto tutt’altro che secondario: l’adeguatezza delle strutture scolastiche (edifici, personale) alle esigenze di bambini potenzialmente privi di alcune autonomie data la tenera età. Si considerino, infatti, sia le reali e diffuse carenze edilizie sia la mancata presenza di personale competente all’assistenza (oltre a quella del collaboratore scolastico che non sempre ha caratteristiche idonee all’azione di cura nei confronti di alunni così piccoli).
L’opportunità di accoglienza deve, inoltre, essere frutto di condivisione da parte del Collegio docenti che è chiamato a confrontarsi su questo tema. A tale proposito va rilevato che non tutti gli insegnanti sono concordi in merito alle opportunità pedagogiche e didattiche di tale scelta; nel contempo, la valutazione collegiale può essere significativamente influenzata dalla presenza di particolari connotazioni delle sezioni (ad esempio presenza significativa di alunni BES o stranieri ecc.).
Gli ultimi due aspetti citati in relazione alla scuola dell’infanzia non vengono presi in considerazione per le richieste di iscrizione come anticipatari per i ragazzi che compiono sei anni di età dopo il 31 dicembre 2022 ed entro il 30 aprile 2023.
In questo caso, sembra prevalere l’intenzione delle famiglie, anche se i genitori sono invitati ad «avvalersi, per una scelta attenta e consapevole, delle indicazioni e degli orientamenti forniti dai docenti delle scuole dell’infanzia frequentate».
Purtroppo tale esortazione non sempre viene accolta, con possibili conseguenze negative all’esordio del percorso scolastico del fanciullo.