L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 15381 del 6/06/2019 ci dà modo di parlare del contratto a tempo determinato, stipulato per la sostituzione di un assistente amministrativo (ma lo stesso principio si applica anche ai docenti) che, durante la vigenza del contratto, decede, provocando la proroga automatica dello stesso in capo al sostituto fino al termine finale.
I fatti
Una assistente amministrativa aveva convenuto in giudizio il MIUR davanti al Tribunale di Oristano, chiedendo, previo accertamento dell’illegittimità della revoca del contratto individuale di lavoro stipulato il 2/01/2009, la condanna del Ministero:
- al pagamento della somma di oltre 10.000 euro;
- a riconoscere il punteggio corrispondente al servizio non prestato per colpa dell’amministrazione, al risarcimento dei danni professionali e morali da determinarsi in via equitativa.
La ricorrente era stata assunta con contratto per supplenza temporanea fino all’8/03/2009 per sostituire una assistente amministrativa, assente per malattia, e il rapporto era stato risolto il 20/01/2009 a seguito del decesso della dipendente sostituita.
L’ATA chiedeva non solo la proroga automatica del contratto a tempo determinato sino all’8 marzo, ma anche la sua estensione sino al 31 agosto o, in subordine, al temine delle attività didattiche.
Mentre il Tribunale accoglieva la domanda attorea, la Corte di appello di Cagliari ribaltava il giudizio, dando ragione al MIUR, fondando la sua decisione sulle seguenti considerazioni.
Ai sensi della Legge 124/1999 e del CCNL di comparto, la supplenza temporanea finalizzata alla sostituzione di personale assente per malattia presuppone l’esigenza sostitutiva, che viene meno non solo con il rientro anticipato, ma anche con il decesso del dipendente sostituito.
In tal caso, infatti, il posto diviene vacante e, di conseguenza, l’amministrazione deve procedere al conferimento di una diversa tipologia di supplenza, previa valutazione delle esigenze di servizio.
Il sostituto, pertanto, non poteva pretendere la proroga dell’incarico fino al termine dell’anno scolastico, perché l’amministrazione aveva ritenuto di procedere alla copertura momentanea del posto vacante solo il 18/05/2009 e fino al 10 giugno dello stesso anno: in quel periodo la ricorrente era già impegnata nell’espletamento di altra supplenza.
La ricorrente si è rivolta, pertanto, alla Cassazione sostenendo che il contratto di lavoro a tempo determinato poteva essere risolto prima dello spirare del termine finale solo per giusta causa e a detta regola soggiace anche la pubblica amministrazione, che nel rapporto di impiego pubblico contrattualizzato (nel quale rientra il rapporto di lavoro tra MIUR e singolo insegnante), agisce con gli stessi poteri di un datore di lavoro privato.
Ha aggiunto, inoltre, che la disciplina contrattuale consente la risoluzione anticipata solo nei casi in cui venga annullata la procedura di reclutamento, che costituisce il necessario presupposto della stipula del contratto individuale, o vengano meno le esigenze sostitutive a seguito del rientro anticipato del dipendente. Nessuna di dette ipotesi si era verificata nella fattispecie, sicché l’amministrazione non solo non poteva recedere unilateralmente dal rapporto ma, anzi, era tenuta a prorogarne la durata, in quanto il decesso della dipendente sostituita non aveva fatto venir meno l’esigenza della prestazione lavorativa.
La decisione della Cassazione
Gli Ermellini hanno accolto in gran parte le tesi della ricorrente, attraverso un ragionamento che ci pare interessante commentare.
I giudici sono partiti dalla ricostruzione delle varie tipologie di supplenze, a norma del D.M. 13/12/2000 n. 430, con il quale sono state dettate le norme regolamentari per l’applicazione dell’art. 4 della Legge 124/1999, distinguendo tra:
- supplenze annuali, conferite per la copertura di posti resisi vacanti entro il 31 dicembre di ciascun anno;
- supplenze fino al termine delle attività didattiche, aventi ad oggetto posti non vacanti ma comunque disponibili entro la stessa data;
- supplenze temporanee alle quali i Dirigenti scolastici possono fare ricorso, utilizzando le graduatorie di circolo e di istituto, «per la sostituzione del personale temporaneamente assente e per la copertura di posti resisi disponibili, per qualsiasi causa, dopo il 31 dicembre di ciascun anno» (art. 6).
La Cassazione ha proseguito ricordando che l’art. 4, comma 10 della Legge 124/1999 stabilisce che il conferimento delle supplenze temporanee è consentito esclusivamente per il periodo di effettiva permanenza delle esigenze di servizio; il precetto è ribadito dall’art. 6, comma 2 del richiamato D.M., che autorizza il Dirigente scolastico a provvedere alla sostituzione del personale «per il tempo strettamente necessario nei limiti delle disposizioni vigenti alla data di stipulazione del contratto».
Inoltre, il CCNL 29/11/2007 per il personale docente, tecnico e amministrativo del comparto della scuola, applicabile alla fattispecie in quanto in vigore al momento in cui si sono svolti i fatti, all’art. 44, dopo aver precisato che i rapporti individuali di lavoro a tempo indeterminato o determinato del personale ATA sono regolati da contratti individuali nei quali devono risultare, tra l’altro, il nominativo del dipendente da sostituire e la data di cessazione del rapporto di lavoro per il personale a tempo determinato, aggiunge che «il contratto individuale specifica le cause che ne costituiscono condizioni risolutive e specifica, altresì, che il rapporto di lavoro è regolato dalla disciplina del presente CCNL. È comunque causa di risoluzione del contratto l’annullamento della procedura di reclutamento che ne costituisce il presupposto».
La disciplina contrattuale, che riproduce il contenuto del CCNL 24/07/2003, non contiene più il riferimento alla «risoluzione automatica del rapporto, senza preavviso, in caso di rientro anticipato del titolare», che figurava nell’art. 18, comma 2, lett. c del CCNL 4/08/1995.
Alla luce del richiamato quadro normativo nonché dei principi generali che ispirano la disciplina del rapporto a tempo determinato, ha ritenuto il Collegio che illegittimamente l’amministrazione scolastica abbia rifiutato la prestazione e risolto il contratto di lavoro a seguito del decesso della dipendente, per la cui sostituzione la ATA era stata assunta.
Il contratto a tempo determinato si caratterizza per la previsione di un termine finale che, come si desume dalla clausola dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE «è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico » sicché, a differenza di ciò che accade nel rapporto a tempo indeterminato, le parti del contratto «conoscono dal momento della sua conclusione la data o l’evento che ne determina il termine e tale termine limita la durata del rapporto di lavoro, senza che le parti debbano manifestare la loro volontà al riguardo dopo la conclusione di detto contratto» (Corte UE 21/11/2018, Ministero de Defensa, in causa C- 619/17, punto 71).
È consolidato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione il principio secondo cui il rapporto a termine, al di fuori del recesso per giusta causa, può risolversi anticipatamente solo in presenza di una delle ipotesi di risoluzione previste dalla disciplina generale dei contratti dettata dagli artt. 1453 e seguenti cod. civ., sicché le mutate esigenze organizzative del datore di lavoro rilevano solo se e in quanto le stesse determinino una sopravvenuta impossibilità di ricevere la prestazione lavorativa, da valutarsi obiettivamente avendo riguardo alle caratteristiche, anche dimensionali, dell’azienda o dell’ufficio e alla natura delle mansioni affidate alla persona assunta a tempo determinato, mentre non rileva l’imprevedibilità del fatto sopravvenuto (nel nostro caso la morte improvvisa del dipendente sostituito).
Sulla base dei richiamati principi, la Cassazione ha escluso che il decesso dell’assistente tecnico amministrativo potesse legittimare la risoluzione anticipata del rapporto perché, da un lato, si trattava di evento (il decesso del sostituto) non previsto nel contratto individuale quale causa di cessazione anticipata dell’incarico, dall’altro l’evento stesso, non assimilabile al rientro anticipato, non era tale da determinare l’impossibilità sopravvenuta di ricevere la prestazione lavorativa, perché, al contrario, lasciava immutate le esigenze organizzative apprezzate dal datore di lavoro pubblico al momento della sottoscrizione del contratto (legate alla necessità, ancora impellente, di sostituire la dipendente deceduta).
Un’ultima importante considerazione: il decesso della dipendente, che ha reso vacante il posto alla stessa assegnato, si era verificato dopo il 31 dicembre 2008, sicché l’amministrazione scolastica non poteva neppure invocare, a giustificazione del proprio operato, la diversità che esiste fra supplenze conferite per sopperire alla vacanza di organico e supplenze determinate da esigenze sostitutive temporanee.
Al riguardo occorre sottolineare che nell’ipotesi in cui la vacanza si verifichi dopo il 31 dicembre, trova comunque applicazione l’art. 6 del D.M. 430/2000 e la supplenza è attribuita dal Dirigente scolastico, utilizzando la graduatoria di circolo e d’istituto. Ne discende che l’amministrazione, pur a fronte del decesso della dipendente, era tenuta al rispetto delle pattuizioni contrattualmente assunte e, quindi, a consentire alla sostituta lo svolgimento della prestazione, sino allo spirare del termine finale apposto al contratto.
La Cassazione, infine, ha respinto parzialmente la domanda della ricorrente laddove questa ultima sosteneva che il Dirigente scolastico fosse anche tenuto a prorogare la supplenza al 31 agosto 2009 o sino al termine delle attività didattiche perché, verificatasi la vacanza del posto in organico, spettava comunque all’amministrazione valutare, una volta spirato il termine apposto al contratto stipulato per ragioni sostitutive, se fosse o meno necessario il ricorso alla supplenza temporanea per il residuo periodo dell’anno scolastico in corso.