La mamma di M., mio alunno di quinta elementare, mi chiede un appuntamento piuttosto urgente per parlare del percorso scolastico di suo figlio.
Mi trovo un po’ spiazzata di fronte a questa richiesta, in quanto ci eravamo incontrate poche settimane prima e le avevo raccontato di quanto fosse brillante in classe e dei miglioramenti che aveva compiuto dall’inizio dell’anno. Era davvero stimolante per me avere in classe un alunno del suo livello!
Perché quindi la richiesta di un nuovo incontro così a breve distanza?
Arriva il giorno dell’incontro e sono curiosa di ascoltare la problematica di cui la mamma mi vuole parlare: “Mio figlio è dislessico e lei non mi ha detto nulla! E adesso cosa faccio?” – esordisce la mamma appena arrivata.
Parole che mi arrivano dritte al cuore, non alla testa: per un attimo resto frastornata anch’io!
Percepisco nel suo tono paura, incertezza e ansia. Gli occhi lasciano trapelare la disperata richiesta di aiuto, nascosta da un tono della voce più serio, quasi minaccioso.
La tranquillizzo dicendole: “Mi racconti, mi spieghi meglio”.
Così inizia il racconto di Elena Garlaschi, psicologa perfezionata in Psicopatologia dell’Apprendimento e docente di Italiano, che nel suo articolo pubblicato in num. 98 - Aprile 2020 di Sinergie di Scuola, partendo da un'esperienza personale, fornisce alcuni consigli utili per docenti e Dirigenti scolastici per un corretto approccio nei confronti di queste situazioni, delineando il ruolo della scuola e gli strumenti che ha a disposizione.