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Sono legittimati a fruire dei permessi ex art. 33, comma 3, L. n. 104/1992 per l’assistenza a persona in situazione di gravità prioritariamente il coniuge e il parente o affine entro il secondo grado. Nei casi in cui i genitori o il coniuge della persona da assistere si trovino in una delle condizioni individuate dal Legislatore (abbiano compiuto i 65 anni di età, siano affetti da patologie invalidanti, siano deceduti o mancanti) la fruizione dei permessi è possibile da parte di un parente o affine entro il terzo grado.

La norma in questione prevede infatti che "a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa”.

Secondo il Ministero del Lavoro (interpello n. 19 del 26/06/2014), il Legislatore utilizza la disgiuntiva per indicare le condizioni che consentono l’estensione del diritto ai permessi al terzo grado di parentela o affinità, quindi può fruire dei permessi in argomento il parente o affine entro il terzo grado anche qualora le condizioni sopra descritte si riferiscano ad uno solo dei soggetti menzionati dalla norma. Infatti, una diversa interpretazione – cioè consentire l’estensione al terzo grado solo quando tutti i soggetti prioritariamente interessati (coniuge, parente o affine entro il secondo grado) si trovino nella impossibilità di assistere il disabile – finirebbe per restringere fortemente la platea dei soggetti interessati.

Quindi, per consentire la fruizione dei permessi ex art. 33, comma 3, L. n. 104/1992 ai parenti o affini entro il terzo grado, deve essere dimostrata esclusivamente la circostanza che il coniuge e/o i genitori della persona con handicap grave si trovino in una delle specifiche condizioni stabilite dalla medesima norma, mentre invece non è necessario dimostrare, in quanto non richiesto, che non vi siano nell’ambito familiare parenti o affini di primo e di secondo grado che possano assistere la persona disabile.

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