La illegittimità del recesso dal rapporto di lavoro di una P.A. con un dirigente comporta l’applicazione, al rapporto fondamentale sottostante, della disciplina dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970, con conseguenze reintegratorie, a norma dell’art. 51, secondo comma, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
A ribadirlo è la Corte di Cassazione che, richiamandosi a precedenti pronunce, con sentenza n. 5408 del 5/03/2013 ha evidenziato che la legge 20 maggio 1970 n. 300 si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti e che il rapporto di lavoro dei dirigenti pubblici è assimilato dall’art. 21 del citato decreto legislativo a quello della categoria impiegatizia con funzioni dirigenziali. Dunque, l’illegittimità del recesso comporta anche per i dirigenti pubblici gli effetti reintegratori stabiliti dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Ad analoghe conclusioni era pervenuta la stessa Cassazione (sentenza 20 febbraio 2007 n. 3929), la quale aveva ritenuto che, dichiarato nullo e inefficace il licenziamento di un dirigente per motivi disciplinari inerenti alla responsabilità dirigenziale, il medesimo avesse diritto alla reintegrazione nel rapporto d’impiego e nell’incarico dirigenziale, oltre che alle retribuzioni maturate sino all’effettiva reintegrazione, nonché Cass. Sez. Un., 16 febbraio 2009 n. 3677, la quale nel richiamare, tra l’altro, quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 381 del 2008 (…..”forme di riparazione economica, quali, ad esempio, il risarcimento del danno o le indennità riconosciute dalla disciplina privatistica in favore del lavoratore ingiustificatamente licenziato, non possono rappresentare, nel settore pubblico, strumenti efficaci di tutela lesi da atti illegittimi di rimozione di dirigenti amministrativi”), aveva riconosciuto il diritto del dirigente al ripristino dell’incarico illegittimamente revocato ante tempus, per il tempo residuo di durata, detratto il periodo di illegittima revoca.