“L’elencazione delle ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta nei contratti collettivi, al contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo, ha valenza meramente esemplificativa e non esclude, perciò, la sussistenza della giusta causa per un grave inadempimento o per un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile, alla sola condizione che tale grave inadempimento o tale grave comportamento, con apprezzamento di fatto del giudice di merito non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, abbia fatto venire meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore”.
Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con la Sentenza del 22 marzo 2011, n. 6500, con la quale ha respinto il ricorso di un’azienda che aveva licenziato due propri dipendenti che, nella sala mensa, in presenza di altro personale, si erano impegnati in un diverbio litigioso, seguito da vie di fatto, reiterato dopo pochi minuti in prossimità dello spogliatoio, a seguito del quale uno dei due aveva riportato escoriazioni all’occhio sinistro, immediatamente medicate. La motivazione del licenziamento è che con la loro condotta i dipendenti avessero arrecato grave perturbamento alla vita aziendale.
La Cassazione, nel confermare la sentenza della Corte di Appello, ha chiarito che “la nozione di giusta causa è nozione legale e il giudice non è vincolato alle previsioni di condotte integranti giusta causa contenute nei contratti collettivi e che, tuttavia, ciò non esclude che ben possa il giudice far riferimento ai contratti collettivi e alle valutazioni che le parti sociali compiono in ordine alla valutazione della gravità di determinati comportamenti rispondenti, in linea di principio, a canoni di normalità; che il relativo accertamento va, però, operato caso per caso, valutando la gravità in considerazione delle circostanze di fatto e prescindendo dalla tipologia determinata dai contratti collettivi, sicché il giudice può escludere che il comportamento costituisca di fatto una giusta causa, pur essendo qualificato come tale dai contratti collettivi, solo in considerazione delle circostanze concrete che lo hanno caratterizzato”.