Tra i molteplici e devastanti effetti che la guerra russo-ucraina sta comportando sia sul piano sociale che su quello economico occorre aggiungere un’ulteriore conseguenza non meno problematica: la scomparsa dall’agenda politica e anche dal dibattito pubblico di problemi, preesistenti alla guerra, che permangono e sono sempre più acuti anche se – proprio per mancanza di dibattito – non vengono più percepiti come tali.
Penso al Covid, i cui effetti continuano a destare preoccupazione, ma – e questo intendo sottolinearlo – è scomparsa la Scuola dall’immaginario collettivo, rinchiusa ormai esclusivamente all’interno della cerchia degli addetti ai lavori e su cui si ha conto solo attraverso sporadici e scarni comunicati riguardanti misure che quasi sempre vengono fortemente stigmatizzate, ora dalle organizzazioni sindacali, ora dagli studenti, ora dai Dirigenti scolastici... e chi più ne ha più ne metta.
L’esame di Maturità, ormai a 100 giorni dalla sua esecuzione, il concorso a crocette che ha visto soccombere il 90% di candidati che in buona parte insegnano “senza demerito” da anni, il rientro dei docenti non vaccinati per i quali non è ancora chiaro a quali compiti dovranno essere destinati non potendo andare in classe a fare il loro mestiere, il possibile rientro in sede dei vincitori di concorso che in ragione dei posti disponibili sono stati costretti ad accettare sedi anche molto distanti dalla loro residenza: mai come ora il sistema scolastico appare frammentato, destinatario di interventi spot cui seguono quasi sempre correttivi e interpretazioni.
Mi pare manchi un disegno a medio termine su come la scuola vada ripensata. Un disegno assolutamente necessario se vogliamo non sprecare la irripetibile circostanza che oggi il Piano Nazionale di Rinascita e Resilienza ci concede.
