La scuola italiana non si era mai trovata in difficoltà come in questi due ultimi anni.
Il Covid si è sommato al decennio trascorso, nel quale sono intervenute pseudo riforme che hanno via via denaturato la scuola pubblica, riducendo risorse sia umane che finanziarie. Gli insegnanti, sempre più dequalificati nell’idem sentire, hanno dovuto praticare una scuola nuova, a distanza, che per lo più si è concretizzata nel vecchio modello “dalla cattedra ai banchi”, pensando che questo modello potesse essere applicato tout court alla DaD.
Gli studenti e i genitori da parte loro, chiusi in casa, si sono ridotti a vedere filmati, con grosse difficoltà di interazione e socialità pressoché annullata.
La scuola ha perso il rispetto che aveva (e che dovrebbe avere), trascinando con sé un corpo docenti sempre più bistrattato e portato a subire violenze verbali quando non fisiche.
I ragazzi scendono in strada a manifestare – si rendono conto che la scuola non è in grado di valorizzarli come dovrebbe. L’alternanza scuola-lavoro, gli esami di maturità, l’edilizia scolastica, le classi sovraffollate sono temi portati in piazza come simboli del malessere complessivo che vivono.
Gli studenti hanno bisogno di essere ascoltati e non solo sentiti, di essere considerati parte attiva nel processo di ammodernamento che la scuola dovrà riuscire a porre in atto attraverso le riforme che l’Europa ci impone e i fondi che la stessa ci assegna.
Occorre fare uno sforzo di accompagnamento nella loro crescita, comprendendo individualmente le loro potenzialità, nel processo di orientamento, nella ricerca delle loro attitudini, attraverso una riqualificazione dei docenti.
I genitori devono affiancare la scuola in questo obiettivo sentendosi parte del processo, e non controparte.
Tutto questo nella speranza che si affievoliscano i venti di guerra che soffiano, oggi, nei nostri pensieri.