Come anticipato su Sinergie di Scuola il 19 luglio e l’11 agosto, che rimanda rispettivamente alla nota 10562 dell’11/07/2017 dell’USR Toscana e alla nota 17303 del 22/06/2017 dell’USR Lombardia, la materia disciplinare nel pubblico impiego è stata recentemente interessata da un profondo face lifting.
Importanti novità erano già state apportate in materia dal D.Lgs. 116/2016 e poi dal D.Lgs. 118/2017.
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 130 del 7/06/2017 è stato pubblicato il D.Lgs. 25/05/2017 n. 75 recante: “Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”.
Il Decreto 75/2017, limitando in questa sede l’attenzione alla materia disciplinare, apporta sostanziali modifiche agli articoli da 55 a 55-sexies del D.Lgs. 165/2001 (Testo Unico del Pubblico Impiego/TUPI), introducendo una serie di rilevanti novità riguardanti le competenze, le procedure e infine i termini del procedimento disciplinare.
Le modifiche al TUPI
Il TUPI regola tassativamente la materia disciplinare:
Art. 55
1. Le disposizioni del presente articolo e di quelli seguenti, fino all’art. 55 octies, costituiscono norme imperative – omissis – la violazione dolosa o colposa delle suddette disposizioni costituisce illecito disciplinare in capo ai dipendenti preposti alla loro applicazione.
Art. 55-bis
1. Per le infrazioni di minore gravità, per le quali è prevista l’irrogazione della sanzione del rimprovero verbale, il procedimento disciplinare è di competenza del responsabile della struttura presso cui presta servizio il dipendente. Alle infrazioni per le quali previsto il rimprovero verbale si applica la disciplina stabilita dal contratto collettivo.
9-bis. Sono nulle le disposizioni di regolamento, le clausole contrattuali o le disposizioni interne, comunque qualificate, che prevedano per l’irrogazione di sanzioni disciplinari requisiti formali o procedurali ulteriori rispetto a quelli indicati nel presente articolo o che comunque aggravino il procedimento disciplinare), stabilendo la competenza e la procedura da osservare per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari.
Il TUPI individua direttamente le fattispecie tipiche d’illecito disciplinare, sanzionate con il licenziamento, con o senza preavviso (art. 55-quater), prevedendo infine anche una tipica fattispecie di reato:
Art. 55-quinquies
1. Fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la propria presenza in servizio mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la reclusione da 1 a 5 anni.
Il processo di “privatizzazione”, o più correttamente di “contrattualizzazione”, del pubblico impiego, eccezion fatta per alcune categorie (forze di polizia, forze armate, magistratura e altre), avviato negli scorsi anni ’90 con il D.Lgs. 29/1993, ha subito dunque un brusco stop a partire dal Decreto Brunetta (D.Lgs. 150/2009), sottraendo la materia disciplinare dal suo naturale alveo della contrattazione collettiva; il rilievo non è marginale, giacché nel rapporto di lavoro nel pubblico impiego «le determinazioni per l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro [...] sono assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro» (art. 5 TUPI).
Sottrarre la materia disciplinare al tavolo contrattuale con le Organizzazioni Sindacali rappresenta dunque una visibile inversione di tendenza, rispetto anche ad altre misure volte ad applicare alla PA le regole meritocratiche del lavoro privato, vedi ciclo della performance collettiva e individuale.
I motivi di tali scelte politico-legislative sono molto probabilmente da rinvenirsi nell’esigenza di fornire risposte immediate al pubblico/elettore sugli scandali dei c.d. “furbetti del cartellino”, facendo dunque riferimento a quei casi di grande clamore mediatico in cui pubblici dipendenti sono filmati mentre timbrano l’entrata in ufficio per poi dileguarsi (magari presentandosi al badge in abbigliamento “domestico”), ovvero a quei casi di “timbratori” seriali di più badge per una pluralità di colleghi.
È sin troppo ovvio che in un momento storico, come quello che si vive, di recessione economica e di grande incertezza sull’andamento occupazionale, immagini che portano all’attenzione della collettività di comportamenti inqualificabili, ma pur sempre riconducibili alle responsabilità dei singoli, determinino nella classe governante la necessità di adottare misure draconiane di repressione di condotte intollerabili per la Società.
Chiaramente, adoperando la diligenza del buon padre di famiglia, ogni avveduto amministratore dovrebbe aver ben chiaro che la funzione repressiva dovrebbe essere un’extrema ratio, da usare laddove la gestione del personale non sia stata efficacemente in grado di adoperarsi in via preventiva affinché non accadano determinate condotte deplorevoli.
Competenza ad irrogare le sanzioni
L’art. 13, comma 1 lett. a del D.Lgs. 75/2017, nel sostituire il comma 1 dell’art. 55-bis del TUPI, ha dunque modificato le competenze del responsabile della struttura ove presta servizio il dipendente, limitandole esclusivamente ai procedimenti disciplinari «per le infrazioni di minore gravità, per le quali è prevista l’irrogazione della sanzione del rimprovero verbale»; in questi casi, aggiunge la norma senza modificare l’assetto precedente, «si applica la disciplina stabilita dal contratto collettivo».
In estrema sintesi, se per tutti gli illeciti commessi prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 75/2017 (22 giugno 2017) il dirigente della struttura dove prestava servizio il dipendente era competente a erogare sanzioni disciplinari sino al massimo della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per 10 giorni, per gli illeciti commessi dal 22 giugno in poi il dirigente dovrà invece segnalare il fatto, considerato illecito da un punto di vista disciplinare, all’Ufficio per i procedimenti disciplinari (U.P.D.), previamente individuato da ciascuna amministrazione secondo il proprio ordinamento e nell’ambito della propria organizzazione.
Nel centralizzare dunque in un unico ufficio la competenza disciplinare si è voluto perseguire il fine di far specializzare in materia disciplinare tanto il responsabile che gli addetti dell’U.P.D, nell’ottica anche di prevenire un diffuso contenzioso, sovente perdente per motivi di natura formale (mancato rispetto dei termini) o sostanziale (genericità della contestazione).
La materia disciplinare diventa dunque una materia che vive di vita propria e che viene ad essere svincolata tanto dal core business della singola Pubblica Amministrazione, quanto dalle c.d. “competenze interne” (personale-contabilità), comuni a tutte le amministrazioni.
Così come per l’Ufficio Relazioni con il Pubblico (U.R.P.), che è un ufficio comune a tutte le amministrazioni, ogni amministrazione pubblica ha l’obbligo di individuare l’U.P.D., nominarne il responsabile/dirigente, prevedere anche la diversificazione delle competenze in materia disciplinare nell’ipotesi che sia proprio il dirigente dell’U.P.D. ad essere sottoposto a procedimento disciplinare, così come individuare la competenza disciplinare nell’ipotesi che destinatario dell’azione disciplinare sia un Direttore Generale ovvero un Segretario Generale/Capo Dipartimento.
Procedura e termini
L’art. 13, comma 1 lett. d, del D.Lgs. 75/2017 ha sostituito il comma 4 dell’art. 55-bis TUPI e ha previsto che il dirigente della struttura ove presta servizio il dipendente, se viene a conoscenza d’infrazioni di competenza dell’U.P.D., superiori al rimprovero verbale dunque e diverse da quella individuata nel comma 3-bis, art. 55-quater del D.Lgs. 165/2001, deve segnalare i fatti al medesimo U.P.D. «immediatamente, e comunque entro dieci giorni».
Il ritardo o l’omissione di tale segnalazione, senza giustificato motivo, comporta, ai sensi dell’art. 55-sexies comma 3, come novellato dall’art. 17 comma 1 lett. b del D.Lgs. 75/2017, una responsabilità disciplinare con applicazione della sanzione della sospensione fino a tre mesi, salva la maggiore sanzione del licenziamento, prevista dall’art. 55-quater comma 1 lettera f-ter, come novellato dall’art. 15 comma 1 lett. a del D.Lgs. 75/2017, nell’ipotesi di «commissione dolosa, o gravemente colposa, dell’infrazione di cui all’art. 55-sexies, comma 3».
L’U.P.D., a sua volta, provvede alla contestazione scritta «con immediatezza e comunque non oltre trenta giorni» decorrenti dalla ricezione di tale segnalazione o da quando «abbia altrimenti avuto piena conoscenza dei fatti», convocando il dipendente per l’audizione con un preavviso di almeno venti giorni.
Il dipendente durante l’audizione può farsi assistere da un procuratore ovvero da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato; in caso di grave ed oggettivo impedimento, ferma la possibilità di depositare memorie scritte, il dipendente può richiedere che l’audizione a sua difesa sia differita, per una sola volta, con proroga del termine per la conclusione del procedimento in misura corrispondente.
Il dipendente sottoposto a procedimento disciplinare ha diritto di accesso agli atti, salvo nell’ipotesi prevista dall’art. 54-bis,comma 4 (e ciò a tutela del dipendente che ha effettuato la segnalazione, il c.d. whistleblower).
Il termine per la conclusione del procedimento disciplinare viene inoltre fissato nei «centoventi giorni dalla contestazione dell’addebito».
Obbligo di trasmissione alla Funzione Pubblica
Ulteriore novità (ultimo periodo dell’art. 55-bis comma 4 TUPI) è data dall’obbligo di trasmissione per via telematica, all’Ispettorato per la Funzione Pubblica, degli atti di avvio e di conclusione del procedimento disciplinare nonché di eventuale sospensione cautelare del dipendente, «entro venti giorni» dalla loro adozione e con indicazione di un codice identificativo del dipendente che ne sostituisca il nome e il cognome per motivi di riservatezza, previsione questa inizialmente limitata (art. 55-quater comma 3-sexies TUPI) ai provvedimenti di cui ai commi 3-bis e 3-ter e quelli conclusivi dei procedimenti di cui all’art. 55-quarter TUPI (si rammenta al riguardo che il D.Lgs. 20/07/2017 n. 118 ha disposto, con l’art. 5, comma 1, che «Sono fatti salvi gli effetti già prodotti dal decreto legislativo n. 116 del 2016»).
I termini sono perentori
La lettera j del comma 1, art. 13 del D.Lgs. 75/2017 ha aggiunto all’art. 55-bis comma 9 anche il comma 9-ter il quale, fermo restando quanto previsto dall’art. 55-quater commi 3-bis e 3-ter, stabilisce la natura perentoria dei termini previsti per la contestazione e per la conclusione del procedimento e stabilisce altresì che, fatta salva l’eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile, ogni violazione dei termini e delle disposizioni contemplate dagli articoli da 55 a 55-quater, «non determina la decadenza dall’azione disciplinare né l’invalidità degli atti e della sanzione irrogata, purché non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente» e sia comunque rispettato il principio di tempestività.
Indicazioni specifiche per il personale scolastico
Vista la distribuzione capillare su tutto il territorio del personale scolastico, e risolvendo anche dubbi interpretativi, la lettera j del comma 1 dell’art. 13 del D.Lgs. 75/2017 ha aggiunto all’art. 55-bis comma 9 anche il comma 9-quater, prevedendo dunque che per il personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, il procedimento disciplinare per le infrazioni, per le quali è prevista l’irrogazione di sanzioni fino alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per dieci giorni, sia di competenza del responsabile della struttura in possesso di qualifica dirigenziale e si svolge secondo le disposizioni dell’art. 55-bis TUPI.
Per le infrazioni punibili con sanzioni più gravi di quelle indicate nel primo periodo, il procedimento disciplinare si svolge dinanzi all’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari.
Procedura “breve” in diversi casi di licenziamento
La novella legislativa non ha però interessato la procedura prevista per il c.d. “licenziamento in 30 giorni”, prevedendo però ulteriori ipotesi di licenziamento disciplinare ed estendendo la procedura “breve” a tutte le ipotesi di licenziamento in cui il fatto sia stato accertato in flagranza.
Ciò che il D.Lgs. 75/2017 infatti non ha modificato sono i commi da 3-bis a 3-quinquies dell’art. 55-quater del TUPI (introdotti dal D.Lgs. 116/2016): nei casi di «falsa attestazione della presenza in servizio, accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze» sussiste l’obbligo, per il dirigente della struttura ove presta servizio il dipendente, ovvero dell’U.P.D. nell’ipotesi in cui «ne venga a conoscenza per primo», di disporre, in via immediata e comunque entro 48 ore dalla conoscenza dell’infrazione, la sospensione cautelare del dipendente e la sua contestuale contestazione disciplinare con convocazione per l’audizione dinanzi all’U.P.D., con almeno quindici giorni di preavviso, dalla contestazione (si rammenta che per tali infrazioni, ai sensi del successivo comma 3-quater dell’art. 55-quater, vi è l’obbligo di denuncia al Pubblico Ministero e la segnalazione alla competente Procura regionale della Corte dei conti, da inoltrare entro 20 giorni – termine introdotto dal D.Lgs. 118/2017, inizialmente si prevedevano 15 giorni).
Ai sensi del comma 3-quinquies dell’art. 55-quater, per le medesime infrazioni di cui al comma 3-bis, l’omessa attivazione del procedimento disciplinare e l’omessa adozione della sospensione cautelare, senza giustificato motivo, costituiscono per il dirigente responsabile illecito disciplinare punibile con il licenziamento e determinano l’obbligo di segnalazione al P.M. per l’accertamento della sussistenza di eventuali fattispecie di reato.
La violazione del termine di 48 ore per la sospensione non determina la decadenza dall’azione disciplinare né l’inefficacia della sospensione cautelare, fatta salva l’eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile.
L’U.P.D. conclude il procedimento entro trenta giorni dalla ricezione, da parte del dipendente, della contestazione d’addebito.
La violazione del suddetto termine, fatta salva l’eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile, non determina la decadenza dall’azione disciplinare né l’invalidità della sanzione irrogata, purché non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente e non sia superato il termine per la conclusione del procedimento di cui all’art. 55-bis, comma 4 TUPI (120 giorni dalla contestazione dell’addebito).
Nuove ipotesi di licenziamento disciplinare
Il D.Lgs. 75/2017 reca dunque nuove ipotesi di licenziamento disciplinare, aggiungendo all’art. 55-quarter comma 1:
- la lett. f-bis – gravi e reiterate violazioni dei codici di comportamento, ai sensi dell’art. 54, comma 3 TUPI;
- la lett. f-ter – commissione dolosa, o gravemente colposa, dell’infrazione prevista dall’art. 55-sexies, comma 3 TUPI;
- la lett. f-quater – reiterata violazione di obblighi concernenti la prestazione lavorativa che abbia determinato l’applicazione della sanzione della sospensione dal servizio per un periodo superiore ad 1 anno nel biennio;
- la lett. f-quinquies – insufficiente rendimento, dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, come rilevato dalla costante valutazione negativa della performance per ciascun anno dell’ultimo triennio.
Al comma 3 dell’art. 55-quarter TUPI è stato infine aggiunto il seguente periodo: «Nei casi in cui le condotte punibili con il licenziamento sono accertate in flagranza si applicano le previsioni dei commi da 3-bis a 3-quinquies».
Questa ultima novità legislativa è probabilmente la cartina di tornasole per confermare quanto si esponeva nelle premesse, e cioè che il legislatore sia stato animato da un sacro furore punitivo da portare all’attenzione mediatica per dimostrare la più completa vicinanza con i cittadini indignati per le condotte degli impiegati fannulloni e truffaldini.
Prevedere l’estensione della procedura del c.d. “licenziamento breve” a tutte le ipotesi sanzionate con il licenziamento, laddove le condotte siano accertate in flagranza, è onestamente affermazione d’effetto ma di dubbio realismo.
Se è agevole ipotizzare il caso del dipendente che viene “beccato” in flagranza, ossia nella contestualità del suo agire, mentre timbra per un collega, ovvero mentre gioca a tennis dopo aver timbrato l’entrata in ufficio (e sono questi i casi che vengono trasmessi sui media) è, forse, un tantino più difficile ipotizzare un caso di flagranza nell’ipotesi prevista alla lett. f-quater (reiterata violazione di obblighi concernenti la prestazione lavorativa che abbia determinato l’applicazione della sanzione della sospensione dal servizio) ovvero della lett. f-quinquies (insufficiente rendimento, dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa), ma anche le ipotesi previste alla lett. b o alla lett. f destano non poche perplessità al riguardo.
Nuova ipotesi sanzionatoria
Si segnala da ultimo che un’altra ipotesi sanzionatoriaè stata introdotta all’art. 55-sexies TUPI comma 1: «La violazione di obblighi concernenti la prestazione lavorativa, che abbia determinato la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno, comporta comunque, nei confronti del dipendente responsabile, l’applicazione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, in proporzione all’entità del risarcimento, salvo che ricorrono I presupposti per l’applicazione di una più grave sanzione disciplinare».