Sinergie di Scuola

“Presto, presto, dobbiamo digitalizzare la segreteria: il 12 agosto 2016 è alle porte e noi non siamo pronti. Non saremo in regola!”

Questo il pensiero, oltre ai PON, che non ha dato tregua nelle segreterie a Dirigenti scolastici e personale amministrativo nell’anno scolastico appena conclusosi, e che ha agitato gli animi di molti. Purtroppo, anche in questo caso hanno avuto ragione gli “attendisti”: ad appena due giorni dalla scadenza, 48 ore prima del definitivo addio alla carta nella gestione dei procedimenti amministrativi, nella seduta del Consiglio dei Ministri del 10 agosto scorso, il termine del 12 agosto è stato spostato in avanti di qualche mese.

Rinvio che, anche in questo caso – come al solito – lascerà l’amaro in bocca e farà sentire beffato chi ha faticato per farsi trovare in regola con la scadenza prevista. Ma così è!

Quindi, scadenza spostata e “tana libera tutti”? Beh, no, rimane fondamentale nelle pubbliche amministrazioni imparare a districarsi tra gli obblighi e le regole che devono essere rispettati in materia di gestione dei flussi documentali, dalla formazione dei documenti già in formato digitale, alla loro classificazione, fascicolazione e conseguente conservazione in archivio. Senza dimenticare tra l’altro l’aspetto importante della pubblicazione di tali documenti.

E allora cerchiamo di approfittare della proroga per consentire, a chi si è dotato degli strumenti necessari per adempiere agli obblighi previsti dalle norme, di acquisire maggiore dimestichezza nell’uso degli stessi, e agli altri di scegliere con maggiore calma, nella consapevolezza ormai da tutti acquisita che per le pubbliche amministrazioni la dematerializzazione dei flussi documentali rappresenta oltre che un obbligo normativo anche una importante occasione per assicurare il perseguimento di livelli di maggiore efficienza, efficacia, trasparenza, semplificazione e partecipazione. Esigenze queste ampiamente sentite nel Paese, e che non possono e non devono rimanere più inascoltate.

Strumenti previsti dalle norme

Il servizio per la tenuta del protocollo informatico, della gestione dei flussi documentali e degli archivi è previsto dagli artt. 53, 55, 56 e 61 del D.P.R. 445/2000.

Le istituzioni scolastiche, seppur dotate di autonomia organizzativa nel creare e ordinare il loro archivio, devono dotarsi dei seguenti strumenti indicati dalla legge relativi all’archivio corrente (complesso di documenti relativi ad affari in corso):

  • la registrazione di protocollo;
  • il piano di classificazione;
  • il piano di conservazione e di scarto;
  • il manuale di gestione.

Quest’ultimo è indicato nel D.P.C.M. 3/12/2013 di approvazione delle “Regole tecniche per il Protocollo Informatico” che all’art. 3. comma 1, lettera c ne prevede l’adozione in tutte le amministrazioni.

Il manuale di gestione «descrive il sistema di gestione, anche ai fini della conservazione, dei documenti informatici e fornisce le istruzioni per il corretto funzionamento del servizio per la tenuta del Protocollo Informatico, della gestione dei flussi documentali e degli archivi».

Ai sensi dell’art. 50, comma 4 del D.P.R. 445/2000 deve essere nominato, nell’ambito dell’Area Organizzativa Omogenea (può essere anche più di una) individuata in ogni amministrazione pubblica, un responsabile del servizio per la tutela del Protocollo Informatico, della gestione dei flussi documentali e degli archivi.

Il sistema di gestione informatica dei documenti deve:

  1. garantire la sicurezza e l’integrità del sistema;
  2. garantire la corretta e puntuale registrazione di protocollo dei documenti in entrata e in uscita;
  3. fornire informazioni sul collegamento esistente tra ciascun documento ricevuto dall’amministrazione e i documenti dalla stessa formati nell’adozione dei provvedimenti finali;
  4. consentire il reperimento delle informazioni riguardanti i documenti registrati;
  5. consentire, in condizioni di sicurezza, l’accesso alle informazioni del sistema da parte dei soggetti interessati, nel rispetto delle disposizioni in materia di tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali;
  6. garantire la corretta organizzazione dei documenti nell’ambito del sistema di classificazione d’archivio adottato.

La registrazione di protocollo

Per ogni documento ricevuto o spedito dalle P.A. la registrazione di protocollo è effettuata mediante la memorizzazione delle seguenti informazioni:

  1. numero di protocollo del documento generato automaticamente dal sistema e registrato in forma non modificabile;
  2. data di registrazione di protocollo assegnata automaticamente dal sistema e registrata in forma non modificabile;
  3. mittente per i documenti ricevuti o, in alternativa, il destinatario o i destinatari per i documenti spediti, registrati in forma non modificabile;
  4. oggetto del documento, registrato in forma non modificabile;
  5. data e protocollo del documento ricevuto, se disponibili;
  6. l’impronta del documento informatico, se trasmesso per via telematica, costituita dalla sequenza di simboli binari in grado di identificarne univocamente il contenuto, registrata in forma non modificabile.

Il sistema deve consentire la produzione del registro giornaliero di protocollo, costituito dall’elenco delle informazioni inserite con l’operazione di registrazione di protocollo nell’arco di uno stesso giorno.

Sono oggetto di registrazione obbligatoria i documenti ricevuti e spediti dall’amministrazione e tutti i documenti informatici. Ne sono esclusi le gazzette ufficiali, i bollettini ufficiali e i notiziari della pubblica amministrazione, le note di ricezione delle circolari e altre disposizioni, i materiali statistici, gli atti preparatori interni, i giornali, le riviste, i libri, i materiali pubblicitari, gli inviti a manifestazioni e tutti i documenti già soggetti a registrazione particolare dell’amministrazione.

Le regole tecniche per il protocollo informatico ai sensi degli artt. 40-bis, 41, 47, 57-bis e 71 del Codice dell’amministrazione digitale di cui al D.Lgs. 82/2005 sono specificate nel D.P.C.M. del 3/12/2013.

Il numero di protocollo è progressivo e costituito da almeno sette cifre numeriche. La numerazione è rinnovata ogni anno solare.

È possibile annullare le registrazioni di protocollo seguendo la procedura di cui all’art. 54 del D.P.R. 445/2000. Le informazioni annullate devono rimanere memorizzate nella base di dati per essere sottoposte alle elaborazioni previste dalla procedura di annullamento, che deve riportare, secondo i casi, una dicitura o un segno in posizione sempre visibile e tale comunque da consentire la lettura di tutte le informazioni originarie unitamente alla data, all’identificativo dell’operatore e agli estremi del provvedimento d’autorizzazione.


Segnatura di protocollo

L’apposizione o l’associazione all’originale del documento, in forma permanente non modificabile, delle informazioni riguardanti il documento stesso costituisce la segnatura di protocollo. Essa consente di individuare ciascun documento in modo inequivocabile. Le informazioni minime previste sono:

  1. il progressivo di protocollo, secondo il formato disciplinato all’art. 57 del D.P.R. 445/2000;
  2. la data di protocollo;
  3. l’identificazione in forma sintetica dell’amministrazione o dell’area organizzativa individuata ai sensi dell’art. 50, comma 4 del D.P.R. 445/2000.

Tale operazione di segnatura di protocollo deve essere effettuata contemporaneamente all’operazione di registrazione di protocollo. Essa può includere il codice identificativo dell’ufficio cui il documento è assegnato o il codice dell’ufficio che ha prodotto il documento, l’indice di classificazione del documento e ogni altra informazione utile o necessaria, qualora tali informazioni siano disponibili già al momento della registrazione di protocollo.

Quando il documento è indirizzato ad altre amministrazioni ed è formato e trasmesso con strumenti informatici, la segnatura di protocollo può includere tutte le informazioni di registrazione del documento. L’amministrazione che riceve il documento informatico può utilizzare tali informazioni per automatizzare le operazioni di registrazione di protocollo del documento ricevuto.

Conservazione dei documenti informatici

Come i documenti analogici, anche i documenti informatici devono essere conservati nel tempo. Ciò deve avvenire in modo da garantire, durante l’intero ciclo di gestione degli stessi, il mantenimento del loro valore giuridico e legale. Fondamentale a tal fine è, sin dalle prime fasi della loro gestione, una corretta produzione dei medesimi. Le linee guida per la conservazione dei documenti informatici sono state definite dall’Agenzia per l’Italia digitale nel dicembre del 2015.

Un sistema di gestione documentale realizzato nel rispetto delle prescrizioni del D.P.R. 445/2000, del D.P.C.M. 3/12/2013 in tema di protocollo informatico e del D.P.C.M. 13/11/2014 in tema di documento informatico assicura le necessarie caratteristiche di qualità e sicurezza, nonché un controllo generale e sistematico della documentazione amministrativa. Qualità intesa come capacità del documento di rendere fruibili le informazioni in esso contenute.

Per leggibilità deve intendersi l’insieme delle caratteristiche in base alle quali le informazioni contenute nei documenti informatici sono fruibili durante l’intero ciclo di gestione dei documenti, in tal senso è decisiva la scelta del formato con cui è stato rappresentato.

Nella fase di formazione dei documenti deve essere garantita la loro corretta produzione, cioè la loro integrità, immodificabilità, identificazione, classificazione, fascicolazione, leggibilità, memorizzazione e conservazione in conformità alle norme e alle regole tecniche che presidiano la corretta tenuta e gestione dei documenti di una Pubblica Amministrazione.


Ai sensi dell’art. 3 del D.P.C.M. 13/11/2014, il documento informatico può essere formato mediante una delle seguenti quattro modalità: redazione, acquisizione, registrazione informatica di informazioni o dati e generazione o raggruppamento di un insieme di dati o registrazioni:

  1. Redazione tramite l’utilizzo di appositi software rappresenta attualmente la più diffusa modalità di produzione di documenti informatici da parte di una Pubblica Amministrazione. Il documento nella sua versione definitiva deve assumere anche un formato definitivo, cioè in grado di renderne immodificabile il contenuto e, ove necessario, predisposto per una eventuale sottoscrizione digitale. Immodificabilità e staticità sono due caratteristiche essenziali che devono essere obbligatoriamente garantite. Tali caratteristiche sono determinate da una o più delle seguenti operazioni:
    1. la sottoscrizione con firma digitale ovvero con firma elettronica qualificata;
    2. l’apposizione di una validazione temporale;
    3. il trasferimento a soggetti terzi con posta elettronica certificata con ricevuta completa;
    4. la memorizzazione su sistemi di gestione documentale che adottino idonee politiche di sicurezza;
    5. il versamento ad un sistema di conservazione.
  2. Acquisizione: il documento è formato mediante acquisizione:
    • di un documento informatico per via telematica o su supporto informatico; oppure
    • della copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico; oppure
    • della copia informatica di un documento analogico;
  3. Registrazione informatica di informazioni o dati: modalità prevista all’art. 3, comma 1, lett. c, del D.P.C.M. 13/11/2014, che si realizza attraverso la «registrazione informatica delle informazioni risultanti da transazioni o processi informatici o dalla presentazione telematica di dati attraverso moduli o formulari resi disponibili all’utente»;
  4. Generazione o raggruppamento di un insieme di dati o registrazioni: il documento informatico, infine, può essere prodotto tramite la generazione o il raggruppamento anche in via automatica di un insieme di dati o registrazioni, provenienti da una o più basi dati, anche appartenenti a più soggetti interoperanti, secondo una struttura logica predeterminata e memorizzata in forma statica (art. 3, comma 1, lett. c, del D.P.C.M. 13/11/2014). In entrambe queste modalità le caratteristiche di immodificabilità e di integrità sono determinate dalle operazioni di registrazione dell’esito della medesima operazione e dall’applicazione di misure per la protezione dell’integrità delle basi di dati e per la produzione e conservazione dei log di sistema ovvero con la produzione di una estrazione statica dei dati e il trasferimento della stessa nel sistema di conservazione. Relativamente ai documenti amministrativi informatici, le caratteristiche di immodificabilità e di integrità, oltre che con le modalità sopra descritte, possono essere ottenute anche con la loro registrazione nel registro di protocollo, negli ulteriori registri, nei repertori, negli albi, negli elenchi, negli archivi o nelle raccolte di dati contenute nel sistema di gestione informatica dei documenti.

In ogni caso, al termine della formazione, il documento informatico dovrà possedere le seguenti cinque caratteristiche fondamentali: staticità, integrità, immodificabilità, leggibilità, autenticità.


Così formato, il documento informatico dovrà essere identificato in modo univoco e persistente e dovrà essere memorizzato in un sistema di gestione informatica dei documenti. Ad ogni documento informatico immodificabile vengono associati i metadati che sono stati generati durante la sua formazione.

L’insieme minimo di metadati da associare ad un documento amministrativo informatico è costituito dalle seguenti informazioni:

  • numero di protocollo del documento generato automaticamente dal sistema e registrato in forma non modificabile;
  • data di registrazione di protocollo assegnata automaticamente dal sistema e registrata in forma non modificabile;
  • mittente per i documenti ricevuti o, in alternativa, il destinatario o i destinatari per i documenti spediti, registrati in forma non modificabile;
  • oggetto del documento, registrato in forma non modificabile;
  • data e protocollo del documento ricevuto, se disponibili;
  • l’impronta del documento informatico, se trasmesso per via telematica, costituita dalla sequenza di simboli binari in grado di identificarne univocamente il contenuto, registrata in forma non modificabile.

In riferimento alle richiamate regole tecniche sul protocollo informatico (D.P.C.M. 3/12/2013):

  • codice identificativo dell’amministrazione;
  • codice identificativo dell’area organizzativa omogenea;
  • codice identificativo del registro;
  • data di protocollo secondo il formato individuato in base alle previsioni di cui all’art. 20, comma 2;
  • progressivo di protocollo secondo il formato specificato all’art. 57, del D.P.R. 445/2000;
  • informazioni relative alla segnatura, cioè l’oggetto, il mittente, il destinatario o i destinatari.

Nella segnatura di un documento protocollato in uscita da un ente possono essere specificate una o più delle seguenti ulteriori informazioni:

  • indicazione della persona o dell’ufficio all’interno della struttura destinataria a cui si presume verrà affidato il trattamento del documento;
  • indice di classificazione;
  • identificazione degli allegati;
  • informazioni sul procedimento a cui si riferisce e sul trattamento da applicare al documento.

Il D.P.C.M. 13/11/2014 individua quali metadati minimi per il fascicolo informatico:

  • Identificativo univoco e persistente;
  • Cod. Amministrazione titolare;
  • Cod. Amministrazioni partecipanti;
  • Responsabile del procedimento (nome, cognome, codice fiscale);
  • Oggetto;
  • Identificativo dei documenti contenuti nel fascicolo.

I fascicoli informatici

Tutti gli atti, i documenti e i dati del procedimento amministrativo devo essere raccolti in un fascicolo informatico. La necessità di ricorrere a sistemi di classificazione e fascicolazione in grado di garantire, fra l’altro, un rapido rinvenimento dei documenti è strettamente legata all’elevata quantità e complessità della documentazione prodotta nell’ambito di ogni pubblica amministrazione.

A tal fine il sistema per la gestione dei flussi documentali, oltre ai requisiti indicati all’art. 52, deve:

  1. fornire informazioni sul legame esistente tra ciascun documento registrato, il fascicolo e il singolo procedimento cui esso è associato;
  2. consentire il rapido reperimento delle informazioni riguardanti i fascicoli, il procedimento e il relativo responsabile, nonché la gestione delle fasi del procedimento.

Ogni documento deve essere puntualmente classificato e necessariamente inserito in un fascicolo. La classificazione e la fascicolazione non sono la stessa cosa: la prima fornisce una struttura logica, mentre la seconda consente di aggregare i documenti.

Ad ogni documento, cioè, deve essere attribuito un indice di classificazione desunto da un piano di classificazione (struttura di voci) per la successiva associazione ad un fascicolo (unità archivistica).

L’allegato 1, al D.P.C.M. 13/11/2014, definisce il fascicolo informatico una «Aggregazione strutturata e univocamente identificata di atti, documenti o dati informatici, prodotti e funzionali all’esercizio di una specifica attività o di uno specifico procedimento. Nella pubblica amministrazione il fascicolo informatico collegato al procedimento amministrativo è creato e gestito secondo le disposizioni stabilite dall’art. 41 del CAD».

All’atto della sua costituzione, al fascicolo informatico deve essere associato un “insieme minimo di metadati”, riconducibile alle seguenti informazioni:

  1. l’identificativo univoco e persistente;
  2. l’amministrazione titolare del procedimento, che cura la costituzione e la gestione del fascicolo medesimo;
  3. le altre amministrazioni partecipanti all’iter del procedimento;
  4. il Responsabile del procedimento (nome, cognome e codice fiscale);
  5. l’oggetto del procedimento;
  6. l’elenco dei documenti contenuti, salvo il caso in cui il fascicolo contenga aree a cui hanno accesso solo l’amministrazione titolare e gli altri soggetti da essa individuati.

Oltre al set minimo di metadati espressamente richiesto dall’art. 41, comma 2-ter del CAD, è opportuno associare ad ogni fascicolo informatico anche le seguenti ulteriori informazioni:

  • data di apertura (o di istruzione);
  • data di chiusura;
  • i riferimenti di classificazione;
  • le coordinate geografiche della posizione fisica dei fascicoli cartacei dove sono contenuti gli originali analogici riconducibili al fascicolo informatico;
  • i riferimenti (link) ad altri documenti informatici, con la possibilità di accedervi;
  • i riferimenti (link) ad altri fascicoli corrispondenti a procedimenti connessi a quello oggetto del fascicolo principale, con la possibilità di accedervi;
  • i riferimenti (link) ad eventuali sotto-fascicoli.

Conservazione

Il ciclo di vita di un documento informatico termina con il suo versamento in un sistema di conservazione che deve essere realizzato in conformità a quanto stabilito dal CAD, dalle regole tecniche, fra tutte, quanto disposto dal D.P.C.M. 3/12/2013.

La conservazione dei documenti rappresenta per le pubbliche amministrazioni una funzione di carattere istituzionale.

L’art. 10, comma 2 lettera b del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio (D.Lgs. 22/01/2004, n. 42) inserisce tra i beni culturali «gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico». Gli archivi delle Istituzioni scolastiche, che per effetto dell’autonomia hanno acquisito tutte personalità giuridica e natura di enti pubblici, sono pertanto beni culturali, e in quanto tali assoggettati alla tutela prevista dal D.Lgs. 42/2004.

Ogni Ente pubblico – e, dunque, anche l’istituzione scolastica – ha l’obbligo di ordinare il proprio archivio (art. 30 comma 4 D.Lgs. 42/2004).

Il significato di “ordinare” comprende due aspetti: obbliga a predisporre mezzi e procedure perché l’archivio corrente nasca ordinato, e impone di riordinare l’archivio già esistente ove si trovi in stato di disordine.

L’art. 43 del CAD stabilisce che i documenti informatici di cui è prescritta la conservazione per legge o regolamento sono conservati «in modo permanente con modalità digitali» nel rispetto delle regole tecniche.

La conservazione deve prevedere sia la cosiddetta conservazione dei bit (bit preservation), cioè la capacità di accedere ai bit come erano stati originariamente registrati, anche in caso di degrado del supporto, di obsolescenza dell’hardware e/o disastri di sistema, ma soprattutto la conservazione logica (logical preservation) intesa come la capacità di comprendere e utilizzare l’informazione in futuro, conservando il contenuto intellettuale anche in presenza di futuri cambiamenti tecnologici e di conoscenza. Deve supportare il tracciamento della provenienza dei documenti e la garanzia della loro autenticità e integrità e di mantenere nel tempo le loro caratteristiche di autenticità, integrità, affidabilità, leggibilità, reperibilità.

L’art. 44 del CAD ha definito il “sistema di conservazione” quale sistema in grado di assicurare:

  • l’identificazione certa del soggetto che ha formato il documento e dell’amministrazione o dell’area organizzativa omogenea di riferimento, quindi identificazione della provenienza per valutarne le caratteristiche di autenticità;
  • l’integrità del documento;
  • la leggibilità e l’agevole reperibilità dei documenti e delle informazioni identificative, inclusi i dati di registrazione e di classificazione originari, quindi dei metadati associati ai documenti e la definizione delle aggregazioni documentali e delle articolazioni d’archivio di riferimento;
  • il rispetto delle misure di sicurezza previste dagli artt. da 31 a 36 del D.Lgs. 30/06/2013, n. 196, e dal disciplinare tecnico pubblicato in allegato B a tale decreto.

Oggetti della conservazione, definiti dal D.P.C.M. 3/12/2013 contenente le regole tecniche in materia di sistema di conservazione, sono:

  1. i documenti informatici e i documenti amministrativi informatici con i metadati ad essi associati;
  2. i fascicoli informatici, ovvero le aggregazioni documentali informatiche con i metadati ad essi associati.

Una corretta conservazione di un contenuto informativo presuppone la formazione e il mantenimento di un pacchetto che, oltre al contenuto, contiene i metadati che lo identificano, lo qualificano sotto il profilo dell’integrità e lo collocano nel contesto di provenienza.

Si delinea quindi un processo conservativo digitale che si può articolare in tre macro fasi:

  • formazione della memoria digitale presso il soggetto produttore;
  • trasferimento degli oggetti da conservare dal soggetto produttore al conservatore;
  • conservazione, accesso e fruizione del patrimonio informativo e documentale conservato.

Il trasferimento al conservatore deve avvenire a seguito di specifici accordi tra produttore e conservatore che definiscano, oltre alle rispettive responsabilità, le tipologie dei documenti e degli oggetti informatici da conservare, stabilendo in particolare le modalità di preparazione e trasmissione del pacchetto di versamento.

La fase della conservazione e quello che le regole tecniche identificano come processo di conservazione inizia con l’acquisizione e la presa in carico da parte del conservatore dei pacchetti di versamento trasferiti dai produttori.

La funzione di conservazione non è quella di mantenere inalterate nel tempo le sequenze binarie degli oggetti trattati, ma soprattutto quella di assicurare nel tempo la possibilità di accesso e fruizione.

La conservazione permetterà alle pubbliche amministrazioni di creare gli archivi storici del futuro e garantire la piena fruizione e valorizzazione del patrimonio documentale conservato.

Scarto d’archivio

Tempistica

Il ciclo di vita di un documento informatico può concludersi, anziché con la conservazione a norma, con il suo definitivo scarto, ossia l’operazione con cui si eliminano, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, i documenti ritenuti privi di valore amministrativo e di interesse storico culturale.

L’archivio periodicamente deve essere sottoposto ad una selezione razionale, che va prevista fin dal momento della creazione dei documenti, e va disciplinata nel piano di conservazione (art. 68, comma 1 D.P.R. 445/2000), a sua volta integrato con il sistema di classificazione. I termini di conservazione si calcolano dalla data di chiusura della trattazione dell’affare, e non dalla data dei singoli documenti. Non si applica all’Ente pubblico il dovere di conservazione delle scritture contabili e amministrative per il generico termine di 10 anni, imposto all’imprenditore commerciale dall’art. 2220 del codice civile.

Ai sensi dell’art. 21, comma 1-d del D.Lgs. 42/2004, lo scarto di documenti dell’archivio dell’Ente è subordinato ad autorizzazione della Soprintendenza Archivistica territorialmente competente (vedi elenco in “Amministrazione”). La distruzione non autorizzata di documenti dell’archivio è punita con l’arresto da sei mesi a un anno e con l’ammenda da € 775 a € 38.734,50 (art. 169, comma 1-a del D.Lgs. 42/2004). Si tenga a mente che è una forma di scarto anche la cancellazione di documenti elettronici.

L’autorizzazione della Soprintendenza non sana la illegittimità di eventuali scarti prematuri di documentazione che, pur non essendo destinata alla conservazione permanente, ha una sua temporanea validità giuridica o utilità funzionale ed economica. È infatti responsabilità dell’Ente accertare ogni volta, nel caso concreto, il venir meno dell’utilità amministrativa anche al di là di quanto astrattamente previsto, in linea generale, dal piano di conservazione e scarto (si pensi al caso di una controversia che duri più del termine normalmente previsto per la conservazione del tipo di documenti rivelatisi necessari per quella procedura giudiziaria). Perciò la proposta di scarto deve essere motivata. Lo scarto dei documenti può essere proposto quando si verifichino contemporaneamente due circostanze:

  1. l’esaurimento della utilità giuridico-amministrativa;
  2. la mancanza di apprezzabile interesse storico.

Criteri

La Direzione Generale per gli Archivi del Ministero per i Beni Culturali (di seguito DGA) ha realizzato negli anni scorsi un progetto in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento, l’USR per il Piemonte e la Soprintendenza archivistica per il Piemonte e la Valle d’Aosta (ultima revisione nel 2008) che si è concluso con l’elaborazione di “Linee guida per la conservazione e lo scarto della documentazione conservata presso le istituzioni scolastiche” alle quali è allegato un “Piano di conservazione e scarto”, d’ora in avanti “massimario di scarto” comprendente tutti i tipi di documenti che devono essere conservati illimitatamente e quelli che possono essere proposti per lo scarto dopo una certa scadenza.

In taluni casi lo scarto è condizionato alla conservazione di un campione, allo scopo di salvare almeno una parziale testimonianza dell’attività che ha prodotto quel tipo di documentazione.

Le tipologie documentarie elencate non esauriscono tutte le specificità dei documenti archivistici delle diverse scuole.

Il massimario va quindi considerato un’indicazione di massima, eventualmente suscettibile di integrazioni relative a documenti tipici della singola istituzione scolastica.

Per ogni tipo di documento, le proposte di scarto debbono essere giustificate indicando la motivazione, che deve essere espressa con la massima chiarezza, in particolare nei casi di documenti che non compaiono nel massimario di scarto. Motivo della eliminazione, come già detto, può essere l’esaurimento dell’interesse giuridico-amministrativo e la contestuale mancanza di apprezzabile interesse storico. Un’altra motivazione adeguata può essere la conservazione, a tempo indefinito, di altri documenti (da indicare espressamente) comprensivi dei medesimi dati contenuti nei documenti che si propongono per lo scarto.

Nel caso in cui si debba mantenere in archivio un tipo di documento di cui esistono copie d’uso (semplici fotocopie prodotte per comodità di singole persone) queste ultime possono essere scartate. Qualora occorra selezionare tra più esemplari originariamente di pari valore documentale, potrebbe essere opportuno conservare la copia più completa (ad esempio perché munita di visti e approvazioni, oppure perché corredata da note istruttorie, minute ecc.).

Con l’intento di rendere il massimario predisposto dalla DGA ancor più uno strumento utile e di facile utilizzo per i responsabili degli archivi scolastici, si è provveduto ad ordinare le tipologie documentarie per periodi di conservazione (vedi allegato in “Amministrazione”), oltre che per le due aree organizzative tipiche degli istituti scolastici – quella amministrativa e quella didattica – a loro volta suddivise in aree funzionali. Alle medesime necessità operative intende rispondere l’indice fornito sia in ordine alfabetico, sia in ordine di classificazione (vedi allegati in “Amministrazione”).

Procedura

La procedura di scarto si svolge in quattro fasi:

Il dirigente dell’Istituzione scolastica trasmette alla Soprintendenza Archivistica, con lettera protocollata, l’elenco in due copie, entrambe da lui firmate, delle tipologie archivistiche che si ritiene non abbiano più utilità amministrativa, chiedendo l’autorizzazione prevista dal D.Lgs. 42/2004 art. 21.

In testa all’elenco di scarto (vedi modello in “Amministrazione”) deve essere indicato il numero di pagine di cui si compone. L’elenco comprende:

  • classificazione dei documenti di cui si propone lo scarto;
  • descrizione delle tipologie dei documenti (es. elaborati delle prove in classe, richieste di certificati ecc.);
  • estremi cronologici;
  • quantità del materiale (in numero di faldoni, scatole, pacchi e in peso approssimativo);
  • peso approssimativo;
  • motivi della proposta di eliminazione.

In calce alla tabella dovrà anche essere indicata la stima della consistenza in metri lineari, del numero complessivo dei pezzi e del peso complessivo della documentazione di cui si propone lo scarto, ovvero in caso di documenti digitali il valore in gigabyte o in terabyte.

La Soprintendenza Archivistica restituisce una copia dell’elenco, vistato con approvazione totale o parziale. In questo caso nella risposta della Soprintendenza dovranno essere motivate le ragioni di esclusione dallo scarto dei documenti indicati.

L’Istituzione scolastica provvede a distruggere i documenti da scartare. Qualora ci si avvalga di soggetti esterni (come ditte o organizzazioni di volontariato, ex D.P.R. 37/2001, art. 8, che operano nella raccolta della carta – dal 1/07/2006 non è più obbligatorio il ricorso alla Croce Rossa Italiana), occorre che questi diano attestazione scritta dell’effettiva distruzione (tramite triturazione, incenerimento, macerazione a scopo di riciclo) della documentazione loro conferita. Il verbale di consegna dovrà riportare i riferimenti all’autorizzazione concessa dalla Soprintendenza, il numero e il peso complessivo dei pezzi da eliminare e la dichiarazione esplicita del soggetto incaricato della distruzione dei documenti, a non farne un uso diverso, evitando la comunicazione dei dati in essi contenuti.

L’Istituzione scolastica per la conclusione del procedimento, trasmette copia del verbale di consegna degli atti alla Soprintendenza Archivistica.

La procedura descritta è applicabile anche per la selezione e lo scarto delle documentazione digitale.

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