Secondo consolidata giurisprudenza, il Dirigente scolastico non avrebbe la competenza di sospendere i docenti dal servizio sino a dieci giorni perché la sanzione minima prevista dalla normativa vigente per i docenti rinvia all’art. 494 del D.Lgs. 297/1994, che fissa la sospensione sino ad un mese, includendo anche le condotte punibili.
Dalla disamina dei più recenti dispositivi giurisprudenziali emerge che l’inserimento di questa competenza all’interno dell’art. 55-bis del D.Lgs. 165/2001, con la preesistente normativa di settore di cui al D.Lgs. 297/1994, ha generato un duplice canale sanzionatorio, con la differenza sostanziale che le disposizioni generiche contenute nell’art. 55-bis, comma 9-quater, proprio perché non dettagliate sul piano delle tipologie delle infrazioni punibili, metterebbero in capo al Dirigente scolastico una valutazione discrezionale circa la gravità dell’infrazione contestata e della relativa sanzione da irrogare, determinando conseguentemente un ventaglio di interpretazioni disparate, nonché il rischio di punire infrazioni lievi con sanzioni gravi e viceversa.
Si incorrerebbe quindi nell’elusione del principio di proporzionalità, e il Dirigente scolastico si troverebbe ad esercitare una funzione spettante ad altro organo competente.
Al contrario, come sostenuto da molte sentenze, il Dirigente scolastico deve limitarsi ad inquadrare la fattispecie in relazione alla sanzione edittale astrattamente irrogabile, sulla base della disciplina sanzionatoria normativamente prevista (crf. Sentenza di Terni 85/2017) ovvero il D.Lgs. 297/1994.
Diverse sanzioni impugnate si sono risolte con l’annullamento perché contrastanti con il dettato normativo ultimo citato che specifica sulle condotte punibili e sulla relativa sanzione da comminare.
Il quadro normativo
L’evoluzione sostanziale cui è stato sottoposto negli ultimi tempi il D.Lgs. 165/2001 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), per effetto del D.Lgs. 150/2009 (Riforma Brunetta) che ha modificato ed integrato molti dispositivi del TUPI (Testo Unico sul Pubblico impiego), si è ulteriormente completata con il D.Lgs. 75/2017, attuativo della Legge 124/2015, cosiddetta Legge Madia. L’ambito più toccato dagli interventi legislativi succitati è quello inerente la modifica del procedimento disciplinare e le competenze del Dirigente, responsabile della struttura, ad irrogare specifiche sanzioni.
L’articolo che interessa anche le istituzioni scolastiche è il 55-bis (rubricato Forme e termini del procedimento disciplinare) ad oggi modificato e integrato dal D.Lgs. 75/2017 che rinvia al comma 4 relativamente al procedimento disciplinare.
La vera novità per le scuola è costituita dall’integrazione del comma 9-quater ad opera del D.Lgs. 75/2017, che ha statuito una duplice competenza (vedi schema) nell’irrogazione delle sanzioni:
- la prima al responsabile della struttura per le infrazioni per le quali è prevista l’irrogazione di sanzioni fino alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per dieci giorni;
- la seconda all’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari, per le infrazioni di maggiore gravità, superiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione sino a dieci giorni.
Nel settore scolastico, in tema di competenza disciplinare, quanto sancito nel D.Lgs. 165/2001 si affianca alle disposizioni contenute nell’art. 492 e seguenti del D.Lgs. 297/1994 − ricordando che il Decreto Brunetta ha abrogato gli articoli dal 502 al 507 del D.Lgs. 297/1994 che definivano le competenze, i provvedimenti cautelari e le procedure in tema di sanzioni.
È d’obbligo però sottolineare che il legislatore, nel D.Lgs. 165/2001, ha disposto che le statuizioni di cui all’art. 55 «fino all’articolo 55-octies, costituiscono norme imperative, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile, e si applicano ai rapporti di lavoro di cui all’articolo 2, comma 2, alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2»; in questo modo il TUPI verrebbe a configurare un’altra competenza spettante al Dirigente scolastico – la possibilità di sospendere dal servizio con privazione della retribuzione per dieci giorni − non sovrapponendosi quest’ultima previsione alla norma speciale di riferimento, ovvero al D.Lgs. 297/1994 e, in particolare, alle previsioni di cui all’art. 494. Ciò nonostante le generiche disposizioni dell’art. 55-bis, in specie il potere del Dirigente scolastico di sospendere dal servizio, non sono state riconosciute da diverse pronunce giurisprudenziali per una serie di elementi circostanziati.
In primis è l’Ordinanza n. 3299 del 2010 del Tribunale di Ferrara, che ha escluso la possibilità del Dirigente scolastico di comminare le sanzioni del Decreto Brunetta. Il giudice motiva la sua decisione sull’ultrattività del contratto che resta in vigore sino al prossimo rinnovo e sulla reviviscenza, ovvero le norme di legge abrogate restano in vigore quando richiamate in una legge vigente; in questo caso l’art. 91 del CCNL 2006-2009 non è stato modificato nemmeno dal nuovo contratto, (CCNL 2016-2018) come di seguito verrà detto.
La fonte negoziale
A livello contrattuale, l’art. 91 del CCNL 2006-2009 Comparto Scuola stabilisce che per il personale docente ed educativo delle scuole di ogni ordine e grado continuano ad applicarsi le norme di cui al Titolo I, Capo IV della Parte III del D.Lgs. 297/1994. Anche il nuovo contratto 2016-2018 “Istruzione e Ricerca” per le sanzioni disciplinari rinvia al D.Lgs. 297/1994, avendo la nuova fonte negoziale solo modificato e integrato l’art. 498 rubricato “Destituzione”, in attesa di trattare la questione in «una specifica sessione negoziale a livello nazionale la definizione, per il personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche, della tipologia delle infrazioni disciplinari e delle relative sanzioni» (art. 29 CCNL 2016-2018).
Il rispetto del principio di proporzionalità
In siffatto quadro normativo, questa duplice segmentazione di competenze sanzionatorie ha dato origine ad una corposa casistica giurisprudenziale che, pur riconoscendo la competenza (derivante dall’art. 55-bis) dei Dirigenti scolastici di poter sospendere dal servizio fino a dieci giorni, dall’altra ha determinato da parte dei giudici l’annullamento delle sanzioni con sospensione dal servizio inflitte dagli stessi, perché accumunate dall’elusione di un principio fondamentale, ricavabile dalla lettura di molti dispositivi ovvero il mancato rispetto del principio di proporzionalità.
Si rinviene spesso in molti casi che, in sede di valutazione del comportamento scorretto da sanzionare, il Dirigente scolastico non abbia irrogato, in relazione al fatto contestato, la sanzione adeguata, con la conseguenza di inquadrare la pena o in un grado inferiore o superiore rispetto a quanto invece fissato per legge.
In altre parole la sanzione comminata dal Dirigente potrebbe risultare «sproporzionata rispetto al fatto accertato» (Sentenza del Tribunale di Pescara, n. 808 del 2017) o addirittura più lieve in riferimento ai fatti contestati.
Conviene dunque in sede di valutazione dirigenziale ponderare accuratamente il principio di proporzionalità della sanzione disciplinare in riferimento ai fatti commessi, in quanto una valutazione approssimativa potrebbe generare anche uno sforamento della competenza del Dirigente scolastico nell’ambito spettante, al contrario, all’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari, il quale – secondo l’art. 494 del D.Lgs. 297/1994 – è chiamato in causa allorché ci siano i presupposti per una sospensione dall’insegnamento sino a un mese.
Sul principio di proporzionalità la Cassazione civile cosi asserisce: «va osservato che anche con riferimento alle ipotesi, [...] di illeciti disciplinari tipizzati dal legislatore, come più volte affermato da questa Corte (ex plurimis Cass. 10842/2016, 1315/2016, 24796/2010, 26329/2008) ed anche dalla Corte Costituzionale (cfr. C. Cost. 971/1988, 239/1996, 286/1999), deve escludersi la configurabilità in astratto di qualsivoglia automatismo nell’irrogazione di sanzioni disciplinari, specie laddove queste consistano nella massima sanzione, permanendo il sindacato giurisdizionale sulla proporzionalità della sanzione rispetto al fatto addebitato. La proporzionalità della sanzione disciplinare rispetto ai fatti commessi [...] è infatti regola valida per tutto il diritto punitivo (sanzioni penali, amministrativi Legge n. 689 del 1981, ex art. 11 etc.), e risulta trasfusa per l’illecito disciplinare nell’art. 2106 c.c., con conseguente possibilità per il giudice di annullamento della sanzione “eccessiva”, proprio per il divieto di automatismi sanzionatori, non essendo, in definitiva, possibile introdurre, con legge o con contratto, sanzioni disciplinari automaticamente consequenziali ad illeciti disciplinari» (Cassazione civile sez. lav., 7/03/2017, n. 5706).
Il principio della valutazione ex ante
Altro principio richiamato, oggetto di esame giurisprudenziale, verterebbe sul potere di valutazione ex ante che la norma, art. 55-bis, collocherebbe nell’alveo dei poteri dirigenziali, determinando una discrezionalità nella scelta della sanzione da irrogare che potrebbe risultare non corrispondente alla effettiva condotta oggetto dell’infrazione disciplinare.
Sebbene la giurisprudenza abbia affermato che la condotta addebitata al docente costituisca «ineliminabile punto di partenza per approdare alla formulazione di un adeguato giudizio valoriale della condotta e, quindi, sulla proporzione della sanzione espulsiva», ricavando così dall’assunto che d’obbligo è «l’attento esame degli elementi di gravità della condotta e dell’intensità dell’elemento soggettivo dei diversi comportamenti ritenuti dal legislatore astrattamente punibili con sanzioni conservative» (Cassazione civile sez. lav., 7/03/2017, n. 5706).
La casistica giurisprudenziale
La prima sentenza in ordine di tempo è la n. 1434 del 24/06/2013 del Tribunale di Torino che è stata citata in altre pronunce, a sostegno della tesi che negherebbe la competenza del Dirigente scolastico a sospendere dal servizio i docenti; il giudice, accogliendo la nullità della sanzione disciplinare, forniva la seguente motivazione: «la dirigente scolastica appariva legittimata all’esercizio dell’azione disciplinare e all’irrogazione delle sanzioni dell’avvertimento scritto e della censura, poiché la sanzione applicabile per le mancanze più gravi era la sospensione dall’insegnamento fino a un mese, e dunque una sanzione che eccedeva i dieci giorni di sospensione. Irrilevante appariva la pena in concreto inflitta, non solo perché come detto la norma faceva espresso riferimento alla sanzione edittale astrattamente prevista, ma anche perché diversamente opinando il Dirigente scolastico potrebbe sanzionare – con pene in concreto non eccedenti i 10 giorni – anche le condotte descritte negli articoli da 495 a 498».
In breve, per il giudice torinese la competenza del Dirigente scolastico a sospendere dal servizio deve fare espresso riferimento alla sanzione edittale astrattamente prevista (ergo al D.Lgs. 297/1994), in quanto una sua valutazione ex ante della pena da infliggere potrebbe dar luogo ad una interpretazione discrezionale circa i criteri di gradualità e di proporzionalità che presiedono all’irrogazione della sanzione, perché secondo tale previsione, le sanzioni di cui agli artt. 495-498 potrebbero essere punite di fatto con sanzioni minori rispetto a quelle ivi contemplate. In questo modo non verrebbe dunque rispettato il principio di tipicità delle sanzioni, rischiando in concreto il Dirigente scolastico di attivare una sanzione inadeguata rispetto all’infrazione accertata, con conseguente annullamento da parte del giudice, di esercitare una competenza ricadente su altro organo. Il rischio sarebbe di non correlare giustamente la pena all’infrazione, non valutando in modo idoneo gli elementi che delineano la gravità della condotta.
Nella Sentenza n. 189 del 2017 del Tribunale Ordinario di Novara il giudice annulla la sanzione inflitta al ricorrente per i suddetti motivi:
- «l’adozione del provvedimento impugnato non rientrava nella competenza del Dirigente scolastico in virtù del combinato disposto dell’art.55 bis D.Lgs. 165 del 2001, introdotto dall’art. 69 del d.Lgs. 150/2009, e dell’art. 492 del D.Lgs. 297/1994»;
- la violazione del principio di proporzionalità;
- per aver inflitto il Dirigente scolastico la sanzione di un giorno di sospensione dal servizio ad una condotta che rientrava al contrario nella fattispecie di cui all’art. 494 del D.Lgs. 297/1994, sforando quindi la sua azione nella competenza di altro organo «la sanzione disciplinare irrogata alla ricorrente da organo incompetente deve essere annullata con ogni consequenziale effetto»;
- l’annullamento della sanzione avviene per motivi formali.
Nella Sentenza n. 808 del 2017 del Tribunale di Pescara il giudice, pur riconoscendo la legittimità della competenza del Dirigente scolastico a sospendere dal servizio, ha annullato la sanzione inflitta al docente perché sproporzionata all’infrazione commessa. In questo caso, il giudice eccepisce sull’attività di valutazione del Dirigente scolastico circa la sanzione da comminare, dunque tale pronuncia corrisponderebbe per i Dirigenti scolastici ad un invito, nella fase istruttoria del procedimento disciplinare, ad esercitare una particolare cautela nel commisurare la giusta sanzione da adottare poi nel provvedimento finale.
Nella Sentenza si richiama un principio espresso dalla giurisprudenza costante: la valutazione circa la gravità dell’infrazione (l’oggettiva gravità del fatto) e dell’elemento intenzionale (intensità), aspetti da considerare ai fini di individuare la tipicità della sanzione anche quando il comportamento scorretto del lavoratore sia previsto dal dettato normativo e quindi facilmente inquadrabile.
La tesi che nega la competenza del Dirigente scolastico ad irrogare la sospensione dal servizio è sostenuta anche dal Tribunale di Lodi, nella Sentenza n. 252 del 2015, la quale poggia la motivazione, sostenendo che la previsione di cui all’art. 55-bis introdurrebbe una valutazione ex ante da parte del Dirigente scolastico sull’infrazione circa l’individuazione dell’organo competente ad irrogarla, mentre suo compito è quello di limitarsi ad inquadrare il comportamento scorretto nell’alveo delle sanzioni stabilite per legge.
Anche il giudice del Tribunale di Pavia nella Sentenza n. 221 del 2016 ritiene che la competenza del Dirigente scolastico consista nell’inquadrare la fattispecie in relazione alla sanzione edittale astrattamente irrogabile sulla base della disciplina sanzionatoria normativamente prevista, ovvero quella stabilita nel D.Lgs. 297/1994; diversamente operando, si metterebbe in capo al Dirigente una competenza di valutazione soggettiva circa la gravità dell’infrazione commessa, con conseguente individuazione dell’organo competente ad irrogare la sanzione.
Nella Sentenza del Tribunale di Terni, n.85 del 2017, il giudice accoglie parimenti la tesi che il Dirigente non abbia la competenza a sospendere dal servizio sino a dieci giorni perché tale disposizione non è prevista per il personale docente, la cui norma di riferimento, art. 494 del D.Lgs. 297/1994, fissa la sanzione interdittiva minima della sospensione dall’insegnamento fino a un mese, e perché detta possibilità di poter sospendere dal servizio sino a dieci giorni darebbe luogo ad una valutazione discrezionale da parte del Dirigente scolastico, motivazione già individuata dai giudici nei dispositivi sopra esaminati.
Nella Sentenza n. 117 del 2018 del Tribunale di Udine il giudice annulla in quanto illegittima la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per un giorno inflitta al docente dal Dirigente scolastico. Tra i motivi della decisione, il giudice si sofferma anche in questo dispositivo sulla insussistenza della competenza del Dirigente scolastico di esercitare una valutazione ex ante ai fini di individuare la sanzione in concreto comminabile. Riferendosi all’art. 55-bis come novellato dal D.Lgs. 75/2017, il giudice sottolinea che detto dispositivo modifica solo le forme e i termini del procedimento, concludendo «che, ad oggi, né nel Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione, né nella contrattazione collettiva di settore, sono individuabili, per i docenti, ipotesi disciplinarmente rilevanti punite con l’irrogazione di sanzioni fino alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per dieci giorni».
In conclusione per le sanzioni disciplinari dei docenti fino a dieci giorni il Dirigente scolastico deve far attenzione a non comminare una pena rientrante al contrario nell’art. 494 del D.Lgs. 297/1994 il cui organo competente sarebbe invece l’Ufficio per i procedimenti disciplinari. Si verrebbe infatti a determinare una illegittimità della sanzione perché irrogata da organo incompetente. È dimostrato nelle sentenze esaminate che i giudici considerano la tipicità della infrazione e si soffermano sulla violazione del principio di proporzionalità, molto spesso non equamente determinato perché non correlato alle fattispecie disciplinari individuate negli articoli 492 e seguenti di cui al D.Lgs. 297/1994.
In contrapposizione alla tesi che nega la competenza del Dirigente scolastico ad irrogare sanzioni fino a dieci giorni di sospensione dal servizio, la Sentenza n. 17 del 2014 del Tribunale di Lanciano riconosce al contrario detta competenza perché gli articoli 55 e seguenti del D.Lgs. 165/2001 sono norme imperative. Resta il fatto che i giudici, pur confermando la previsione di cui all’art. 55-bis, potrebbero entrare nel merito della sanzione in concreto inflitta al docente adducendo che non sia stato rispettato il principio di proporzionalità riguardo alla gravità della condotta, erroneamente quindi applicata.
Le condotte disciplinari tipizzate negli articoli 492 e seguenti del T.U. 297/1994 devono quindi essere accuratamente valutate dal Dirigente scolastico, allorché quest’ultimo voglia comminare una sanzione non rientrante nelle tipologie indicate, fermo restando che l’art. 55-bis del D.Lgs. 165/2001 non fornisce alcuna tipizzazione delle sanzioni e che, pur trattandosi di una norma generale, superiore quindi a quella speciale, resta tuttavia generica nel conferire un potere che, nei fatti, quando esercitato potrebbe rappresentare un vulnus poi rilevato dal giudice.