Sinergie di Scuola

Avevamo già parlato su queste pagine, qualche tempo fa, delle modifiche recate dal decreto legge 101/2013 (convertito nella legge 125/2013) al comma 5-ter art. 55-septies D.Lgs. 165/2001 (per inciso, c’è da augurarsi che la vera semplificazione nasca dal legislatore prima ancora che dalla “burocrazia”, e arrivi al più presto ad eliminare queste complicatissime formulazioni normative).

Ebbene, a proposito di quella disposizione, avevamo notato soprattutto come il termine “assenze” fosse stato sostituito in “permessi”, il che aveva sollevato il sospetto di una discrezionalità del dirigente nel concedere la possibilità di assentarsi per malattia.

Oggi interviene la Funzione Pubblica ad interpretare la disposizione, sollevando altri dubbi a proposito del tema dei permessi per assenze e visite specialistiche, e lo fa con la circolare 2/2014, dal seguente oggetto: “Decreto legge n. 101 del 31 agosto 2013, convertito in legge n. 125 del 30 ottobre 2013 –Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni” – art. 4 comma 16 bis – assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici”.

Il nuovo art. 5-ter introdotto dal D.L. 101/2013

Il testo della disposizione, rammentiamolo preliminarmente, è il seguente: «Nel caso in cui l’assenza per malattia abbia luogo per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici il permesso è giustificato mediante la presentazione di attestazione, anche in ordine all’orario, rilasciata dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione o trasmesse da questi ultimi mediante posta elettronica».

La circolare chiarisce subito che le modifiche al comma sono state introdotte per contrastare «il fenomeno dell’assenteismo nelle amministrazioni». Nel constatare che, una volta ancora e con formulazione apodittica e di sfiducia nei confronti della categoria dei pubblici dipendenti, si accosta il tema della salute a quello dell’assenteismo, abbiamo una implicita conferma che la disposizione, come da noi precedentemente commentato, mira a restringere il campo delle assenze per visite e terapie.

La circolare prosegue indicando delle interpretazioni dalla portata anche innovativa.

Visite che non comportano incapacità lavorativa

In modo “innovativo”, nel senso che va oltre l’interpretazione letterale della norma, la circolare distingue due ipotesi: le assenze per visite o terapie che non comportano incapacità lavorativa e quelle che comportano incapacità, assoggettando le fattispecie a discipline completamente diverse.

Nel primo caso sembrano rientrare tutte quelle ipotesi connesse alla prevenzione e ai controlli (pensiamo alle svariate ipotesi di salvaguardia e prevenzione della salute femminile, come pap-test, mammografie, oppure alle visite dentistiche o prestazioni fisioterapiche non connesse a riabilitazioni importanti, tanto per fare degli esempi), non correlate ad impossibilità di prestazione lavorativa. Questi casi, suggerisce la circolare, non rientrano nel novero delle assenze per malattia e nel relativo regime, e le assenze debbono essere imputate alla categoria dei permessi (retribuiti, brevi “a recupero”). La giustificazione dell’assenza sarà costitutita da una ”attestazione” della struttura, pubblica o privata, o del medico che ha effettuato la prestazione; questa attestazione sarà necessaria solo nel caso sia richiesto dal tipo di permesso: dovrà prodursi quindi per i permessi personali, non per i permessi a recupero che, anche secondo indicazioni dell’ARAN, possono concepirsi come una forma di “flessibilità oraria” e non necessitano di giustificazione, ma solo del rispetto del monte ore previsto. 


L’attestazione potrà essere consegnata al dipendente oppure trasmessa dalla struttura, in formato pdf, direttamente all’amministrazione, e dovrà contenere tutti gli elementi utili quali: «qualifica e la sottoscrizione del soggetto che la redige, l’indicazione del medico e/o della struttura presso cui si è svolta la visita o la prestazione, il giorno, l’orario di entrata e di uscita del dipendente dalla struttura sanitaria erogante la prestazione»

L’attestazione non deve indicare diagnosi e terapia somministrata; un’aggiunta pleonastica, diremmo, visto che il Garante della privacy ha più volte ricordato che gli stessi certificati sanitari non debbono riportare la diagnosi ma semplicemente la prognosi, figurarsi (aggiungiamo noi) le attestazioni che certificati sanitari non sono.

La circolare n. 2, comunque, sembra contrastare con i precedenti orientamenti della stessa Funzione Pubblica all’epoca della gestione del Ministro Brunetta; con le circolari 10/2011 e 8/2008 non venne affatto operata tale distinzione, anzi con la circolare del 2011, che espressamente parlava del trattamento economico dell’assenza per visita specialistica o terapia e della futura trasmissione telematica dell’attestazione, sembrava parificarsi l’assenza per terapia o prestazione, a qualsiasi titolo imputabile e prescindendo dalla distinzione tra capacità e incapacità lavorativa (sconosciuta, ripetiamo dalla lettera del comma 5-ter oggetto della circolare), all’assenza “ordinaria” per malattia. 

Con la circolare n. 8/2008 si ammetteva espressamente tale ipotesi (fruibilità alternativa del permesso o dell’assenza per malattia per visita o terapia).

Visite che comportano incapacità lavorativa

Il caso di assenze concomitanti con incapacità lavorativa sembra, evidentemente, quello che vede sommarsi allo stato di malattia “ordinario” (incapacità di attendere alle prestazioni lavorative), la necessità di assentarsi dal domicilio per effettuare visite o terapie. Lo stato di malattia, indica la circolare, va giustificato secondo le ordinarie modalità previste dall’art. 55-septies e dalla circolare 7/2008 par. 1. La giustificazione dell’assenza avviene, a norma di legge (e della circolare del 2007 richiamata), così: «nell’ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare l’assenza viene giustificata esclusivamente mediante certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale».

La nota sembra indicare la necessità, in questo caso (ripetiamo, stato di malattia in costanza del quale ci si debba assentare dal domicilio per visita o terapia), di due certificati: uno redatto secondo le consuete modalità, individuate dalla normativa vigente, dal medico di base o convenzionato con il SSN, l’altro consistente in attestazione di presenza da parte della struttura sanitaria (pubblica o privata, ricorda il comma 5-ter) che giustifichi appunto l’allontanamento dal domicilio in caso di visita fiscale.

A ben vedere poi, la circostanza di visite fiscali effettuate in costanza di incapacità lavorativa, quindi in stato di malattia, presuppone fattispecie parzialmente diversa da quella disciplinata dal comma 5-ter; ovvero, non la giustificazione dell’assenza (già giustificata, nel caso, dal certificato del medico di base), ma la giustificazione della mancata reperibilità in caso di visita fiscale.


Terapie reiterate che comportino incapacità lavorativa

Un’altra innovazione la reca la circolare a proposito «di dipendenti che, a causa delle patologie sofferte, debbono sottoporsi periodicamente, anche per lunghi periodi, a terapie comportanti incapacità al lavoro». In questo caso la circolare ritiene possa prodursi «un’unica certificazione – anche cartacea – del medico curante che attesti la necessità di trattamenti sanitari ricorrenti comportanti incapacità lavorativa, secondo cicli o un calendario stabilito dal medico»

La certificazione in questo caso dovrà prodursi all’inizio della terapia, e dovrà comunque essere accompagnata da singole attestazioni successive compatibili, per ogni terapia, con il calendario prodotto all’inizio.

Sfugge, in questo caso, l’utilità di tante certificazioni reiterate ai fini della semplificazione. Unico spunto di semplificazione lo fornisce la parte della circolare per cui le singole attestazioni di presenza possono essere sostituite (questa la novità) da dichiarazione sostitutiva di atto notorio, soggetta ai controlli da parte dell’amministrazione secondo l’ordinario regime previste dal D.P.R. 445/2000.

Pare evidente che le “attestazioni di presenza” per terapie in questo caso siano considerate cosa diversa dalle certificazioni sanitarie; per queste certificazioni ricordiamo che infatti l’art. 49 DPR 445/2000 vieta la possibilità di certificazione sostitutiva, disponendo:

1.  I certificati medici, sanitari, veterinari, di origine, di conformità CE, di marchi o brevetti non possono essere sostituiti da altro documento, salvo diverse disposizioni della normativa di settore.

Poiché l’attestazione però, in questo caso (e seguendo la lettera della circolare) deve essere connessa a terapia «comportante incapacità lavorativa» ed è quindi assimilabile al regime di malattia e quindi alla certificazione sanitaria, è legittimo domandarsi la congruenza di tale dichiarazione sostitutiva con il divieto espressamente disposto dalla legge.

Normativa e contrattazione nazionale, un divario evidente

Il blocco della contrattazione pubblica perdurante, per tutto il comparto pubblico e quindi anche per la scuola, da ormai parecchi anni, produce i suoi effetti negativi anche dal punto di vista del’adeguamento contrattuale alle modifiche normative sempre più numerose.

Nel campo delle assenze per malattia dei pubblici dipendenti, per rimanere in tema, l’art. 55-septies del T.U. 165/2009 è stato modificato, e in più punti, per ben 6 volte, ed è stato oggetto inoltre di molteplici circolari interpretative. 

C’è da augurarsi che i tanto attesi rinnovi contrattuali intervengano a colmare il divario ormai evidente tra contrattazione e normativa, come del resto annunciato dal D.P.R. 122/2013, che all’art. 1 comma 1/c espressamente prevede che «c) si dà luogo, alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013-2014 del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche così come individuate ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge 31/12/2009, n. 196, e successive modificazioni, per la sola parte normativa e senza possibilità di recupero per la parte economica. Per il medesimo personale non si dà luogo, senza possibilità di recupero, al riconoscimento degli incrementi contrattuali eventualmente previsti a decorrere dall’anno 2011».

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