"Abbiamo osservato gli studenti di scuola media in Italia, analizzando i loro risultati scolastici e come questi siano influenzati dai divari sociali, territoriali e di genere, interrogandoci inoltre su come vivono la scuola e sul loro benessere. Il quadro non è confortante soprattutto per l'insoddisfacente qualità dei loro apprendimenti e la difficoltà a orientarsi nelle scelte future".
Così leggiamo Rapporto 2021 sulla scuola media elaborato dalla Fondazione Agnelli.
I risultati del Rapporto: gli studenti
A distanza di 10 anni, la qualità degli apprendimenti degli allievi di secondaria di I grado resta critica, inferiore non solo a gran parte degli altri paesi avanzati, ma anche ai livelli che ci si poteva attendere sulla base dei risultati alla primaria. Il Rapporto segnala, ad esempio, come nelle ultime rilevazioni internazionali TIMSS (matematica e scienze) gli apprendimenti in matematica degli studenti italiani siano sempre ampiamente sopra la media internazionale in IV primaria, ma in III media scendano decisamente al di sotto.
Grazie a elaborazioni sui dati Invalsi del 2019 (relativi alla situazione pre-pandemia, non condizionati dal Covid), il Rapporto offre un quadro ancora più nitido di come e quando si manifestino le disuguaglianze sociali e i divari soprattutto territoriali, con effetti negativi sugli apprendimenti.
Se al termine della primaria gli allievi nei diversi territori fanno registrare risultati simili, dopo i tre anni di scuola media il Sud resta molto attardato: 17 punti in meno per l’area che comprende (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia) e 27 punti in meno per l’area che comprende (Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia). I divari territoriali, che la primaria riesce a contenere, nella scuola media esplodono più che in passato.
A differenza di 10 anni fa, si manifestano anche i divari di apprendimento che penalizzano gli studenti di origine straniera rispetto ai loro pari con genitori italiani. Stabili rispetto alla primaria sono, invece, le differenze di genere, con le ragazze indietro rispetto ai ragazzi in matematica e scienza: nel corso del tempo le distanze si sono ridotte, ma soltanto per via di un più consistente peggioramento dei maschi.
Ma non è solo questione di apprendimenti insoddisfacenti: gli studenti italiani delle medie non hanno, infatti, una percezione positiva del loro stare a scuola, che anzi tende a peggiorare nel corso del triennio, con un aumento dello stress e una diminuzione della soddisfazione, che già non era elevata all’inizio.
Il Rapporto dà, inoltre, evidenza di quanto conti un orientamento ben fatto e ben recepito da ragazzi e famiglie per scelte più consapevoli: i dati di ricerca mostrano che quando gli studenti scelgono gli indirizzi formativi che più rispondono alle proprie competenze e interessi, seguendo i consigli orientativi che derivano anche da prove psicoattitudinali, la probabilità di essere bocciati al primo anno delle superiori si riduce considerevolmente, mentre è quasi doppia per chi non segue il consiglio orientativo.
I risultati del Rapporto: i docenti
Le difficoltà degli studenti in larga misura si spiegano con quelle dei loro docenti: molte criticità che già 10 anni fa ostacolavano i docenti di scuola media risultano, infatti, confermate o aggravate. Nell’a.s. 2020-21 erano 202.000 i docenti della secondaria di I grado (a tempo indeterminato e determinato), circa il 13% in più del 2011 (nello stesso periodo la popolazione studentesca alle medie è scesa del 3%). Poiché il numero di docenti di ruolo è rimasto quasi invariato (144.000 mila nel 2011, l’anno scorso poco più di 142.000), l’incremento si deve interamente alla crescita dei docenti precari: gli incarichi annuali o ‘fine al termine delle attività didattiche’ erano circa 35.000 (19%), l’anno scorso quasi 60.000 (30%). In particolare, nell’a.s. 2020-21 era drammatica la percentuale di precari nel sostegno (60% del totale del sostegno).
A dispetto delle attese, nonostante le numerose assunzioni in ruolo della legge della Buona Scuola del 2015 e il recente aumento dei pensionamenti, non si è verificato in questi anni il ringiovanimento dei docenti di ruolo della secondaria di I grado che auspicavamo nello scorso Rapporto: l’età media era poco più di 52 anni nel 2011, ora è poco meno. Mentre 1 docente su 6 ha 60 anni e oltre, coloro che vanno in cattedra prima di 30 anni sono invece un minuscolo drappello: 1 su 100.
La scuola media, inoltre, è anche il grado più soggetto alla “giostra degli insegnanti”: da un anno all’altro soltanto il 67% dei docenti rimane nella stessa scuola (83% nella primaria, 75% nelle superiori, dati dell’a.s. 2017-18), con le prevedibili conseguenze negative per la qualità didattica.
Nella scuola media, infine, 8 docenti su 10 si sentono ben preparati nei contenuti disciplinari, mentre solo 4 su 10 si sentono adeguati nella didattica della propria materia e nella pratica d’aula. Sorprendentemente, però, soltanto l’11% pensa di avere bisogno di ulteriore formazione didattica.
I limiti della formazione ricevuta dagli insegnanti della scuola media per quanto riguarda la didattica e la pratica d’aula sono rivelati anche da altri dati di ricerca, che mostrano come – sebbene non sistematicamente – spesso essi siano meno efficaci dei colleghi della primaria nelle strategie didattiche, come pure nella creazione di un clima in classe favorevole agli apprendimenti e alla crescita personale.
Fonte: Fondazione Agnelli