C’è una simpatica trasmissione in tv, verso ora di cena, che si intitola Caro Marziano e racconta fatti e storie a un alieno che avesse la (s)ventura di cadere sulla Terra. Volessimo prendere a prestito l’idea dell’autore, regista e conduttore per spiegare brevemente il mondo della scuola al nostro ipotetico visitor, potremmo incominciare raccontandogli il fenomeno del precariato, che tanto fenomeno non è, dato che sembra far parte ormai del consueto ordine naturale delle cose, eccettuata la fenomenale e mostruosa tendenza a crescere e moltiplicarsi, come del resto fanno anche virus, germi e batteri.
Caro Marziano, potremmo dire, oggi vogliamo parlarti di quello che puntualmente succede in questo periodo a una delle nostre più importanti organizzazioni: la Scuola, il luogo dove i cuccioli d’uomo vivono ogni giorno per molte ore, per quasi tutto l’anno (c’è anche un breve periodo in cui la scuola chiude e tutti vanno in vacanza), da quando hanno da poco incominciato a parlare e farsi capire e fino a quando raggiungono l’età per andare a vivere da soli (magari con qualche eccezione), in modo da essere aiutati a crescere, a imparare tante cose e a diventare adulti in gamba e preparati ad affrontare il resto della loro vita.
Devi sapere che questa grande organizzazione, che nel nostro Paese è composta da circa 8mila unità simili tra loro, è molto complessa, perché ci lavora un gran numero di persone, ognuna delle quali conosce e deve svolgere un compito diverso, delicato e spesso difficile, che deve essere accurato e armonico, dato che serve a far crescere bene i piccoli che un giorno diventeranno grandi e prenderanno il nostro posto su questo pianeta.
Ebbene, caro Marziano, non ci crederai, ma ogni volta che la scuola sta per ricominciare mancano quelli che ci lavorano e la fanno funzionare, nonostante su in alto, dove ci sono le leve di comando, ci si agiti tanto per far andare le cose per il verso dritto, e soprattutto si prometta che questa volta non sarà come la volta passata e andrà tutto molto meglio, tutte le persone saranno al posto giusto nel momento giusto e saranno, saremo tutti contenti.
In effetti non sembra tanto difficile, perché si sa da tempo quanti alunni e studenti frequenteranno la scuola e quindi si può calcolare subito quanto personale servirà: quanti insegnanti, quanti dirigenti, direttori, personale amministrativo, tecnico e ausiliario, insomma, la squadra intera necessaria per far funzionare ognuna delle scuole di cui parliamo.
Siccome è preciso il giorno in cui gli studenti arriveranno, giorno che è stato deciso anche questo già da tempo, si potrebbe pensare che per quel giorno la scuola incominci regolarmente, con le persone che c’erano l’anno prima, cioè che la squadra sia stabile e al completo.
Invece no, è ancora tutto per aria e la squadra è molto provvisoria: pensa che quest’anno un insegnante su quattro circa sarà “precario”, cioè provvisorio, destinato a rimanere in cattedra per un anno, se va bene, per qualche mese o qualche giorno addirittura, nel peggiore dei casi. I numeri che conosciamo dicono che quest’anno gli insegnanti provvisori saranno circa 240/300mila, mentre l’anno scorso erano 232mila e nel 2017/18 “solo” 132mila.
Eppure non mancano i tentativi, che noi chiamiamo “concorsi”, per stabilizzare gli insegnanti provvisori: il Ministero dell’Istruzione e del Merito (dovrebbe significare che chi merita di più ci lavora stabilmente, o perlomeno viene premiato o forse solo dovrebbe esserlo, in teoria) ne sforna uno dietro l’altro. Risultato? Forse perché noi umani abbiamo la memoria breve, a volte ci si dimentica che qualcuno ha già superato un concorso, e lo si obbliga a rifarlo, magari con prove nuove e diverse, oppure con valutazioni nuove e diverse, di modo che quello che valeva prima poi non vale più e viceversa.
Dato che, di solito e per come ci si aspetta, chi supera un concorso viene considerato abile a fare il lavoro messo a concorso, si fa fatica a capire la logica di un meccanismo sprecone, in cui si spende e si ri-spende, da una parte per frequentare i corsi che servono ad avere più crediti e quindi ad arrivare nei primi posti, tra i vincitori, dall’altra per pagare i valutatori, i preparatori, gli ideatori e tutti quelli che in qualche modo sono coinvolti nell’organizzazione delle selezioni. E siccome non sono molto chiari il senso, il perché e il per come, va a finire che chi non è contento del risultato fa ricorso, cioè va da un avvocato che si rivolge a un giudice che giudichi se il percorso concorsuale è stato per l’appunto giusto oppure no. Naturalmente bisogna aspettare che il giudice emetta il suo giudizio, così nel frattempo tutto si blocca e tutti devono avere tanta pazienza, compresi gli studenti che non c’entrano niente con le liti insorte e che invece ne fanno le spese. Forse, invece che studenti, sarebbe meglio chiamarlo pazienti, ma quelli stanno peggio, perché sono ammalati e aspettano un medico che forse non c’è, perché non è mai venuto oppure se n’è andato via, però questa è un’altra storia, e non è il caso di mescolare le vicende.
A dire il vero, quando la scuola incomincia sono coperti quasi tutti i posti liberi, in un modo o nell’altro, e se non possono esserci i vincitori di concorso, ci saranno i loro sostituti, persone che vengono assunte per qualche tempo, nessuno sa quanto lungo (un giorno, un mese, un anno... boh!) individuate con nomi fantasiosi (gli interpelli, le mini call veloci, le MAD...) e sistemi diversi, dominati dall’algoritmo, una sorta di entità astratta, soprannaturale e tirannica che quando viene fatta partire schizza di corsa alla cieca e dove arriva, arriva.
Caro Marziano, forse a questo punto il racconto ti sembrerà oscuro e confuso e allora cercherò di spiegarmi meglio facendo un esempio che aiuti: immagina che ogni anno, ad una certa data, tu debba preparare una flotta di astronavi per un viaggio interplanetario con circa 7mila passeggeri... sai che servono equipaggi al completo, i quali devono essere composti da un numero determinato di addetti, che siano preparati e idonei al ruolo che devono svolgere, e magari lo facciano anche con passione e competenza. Ogni anno però cambi le regole di ingaggio, non ti vanno più bene quelli che avevi chiamato l’anno prima, non hai chiamato quelli che si erano preparati in precedenza, e siccome – alla vigilia della partenza – manca circa un quarto dei membri dell’equipaggio, hai deciso di chiamare qualcun altro, solo per riempire i posti vuoti, in attesa e nella speranza che, durante il volo, arrivino i titolari e i supplenti se ne tornino a casa loro. In questa prospettiva, sembra piuttosto probabile che l’astronave si schianti o – se va bene – viri fuori rotta e centri qualche buco nero alla Interstellar. E i passeggeri? Che incrocino le dita e sperino per il meglio.
E i nostri studenti? Devono fare più o meno lo stesso, dato che l’Italia è ultima nella classifica europea per il tasso di occupazione dei giovani con meno di 34 anni che abbiano in tasca un diploma o una laurea: il 67,5% rispetto all’83,5% della media europea (lo dice l’Eurostat per il 2023). Sconfortante, vero?
Arriviamo alla classica domanda finale: che messaggio vuoi lasciare al Marziano?
Se fosse rivolta a uno qualsiasi dei precari della scuola, probabilmente risponderebbe che sì, è tutto un caos delirante e deprimente, ma per fortuna, caro Marziano, nella scuola ci sono i bambini, e questo è tutto quello che conta.