In questo ultimo scampolo d’anno caldo di agitazioni sindacali e manifestazioni studentesche, oltre che di temperature sopra la media, entrambe poco rassicuranti per il futuro che ci aspetta, non fa proprio notizia lo sciopero dei Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi, pardon, dei funzionari di EQ con incarico da DSGA (o da DSGA con incarico di EQ?), né ispira le vaste organizzazioni sindacali confederate, né tantomeno sprona una fattiva autorità a firmare decreti di precettazione per ridurre il disagio degli utenti e/o garantire un qualche diritto altrui che l’astensione dal lavoro possa ledere.
La scuola, come sempre, è un termometro veritiero ed efficace del disagio diffuso sofferto, e dovrebbero preoccupare i cortei degli studenti, così come gli interventi dei genitori, a volte espressi con violenza e in modo sbagliato; ma senza dubbio non preoccupa – mentre dovrebbe farlo – l’astensione dal lavoro di una categoria di personale che, nella scuola, fruisce di una qualificazione e di una valorizzazione inversamente proporzionali alla centralità del suo ruolo.
Al contrario, la giornata di sciopero dei Direttori dello scorso 11 novembre non ha avuto grandi risonanze mediatiche e probabilmente neppure nei singoli Istituti scolastici ha causato grandi disservizi, forse perché indetta da un sindacato di rappresentatività limitata, ma forse anche perché non vi ha aderito quasi nessuno, almeno secondo il Cruscotto degli scioperi nel pubblico impiego. Questo è infatti il dato che emerge, nero su bianco, dallo strumento del Ministero per la Pubblica Amministrazione per la comunicazione di tutte le informazioni relative agli scioperi nazionali: «La rilevazione» si precisa «è stata effettuata su n. 4.317 scuole su un totale di n. 7.796 con una percentuale di rilevazione pari al 55,37%»: sono dati molto parziali ma comunque significativi, dai quali risulta una partecipazione allo sciopero del 2,79% con sole 2.108 adesioni su un totale di 82.816 unità di personale in servizio.
Considerato che in tutti gli Istituti scolastici del Paese esiste un solo Direttore in servizio, non dovrebbe essere difficile dedurre il rapporto tra le due entità contabilizzate. Un minimo di plasticità sinaptica, se non di conoscenza del settore, avrebbe dovuto far sorgere qualche perplessità sulle risultanze emerse, perché se le scuole rilevate sono 4.317 e i Direttore scioperanti sono 2.108, la percentuale di adesione è del 48,83%, molto diversa dal risibile 2,79% esposto. Si tratta certamente di un errore, una buccia di banana sulla quale è scivolato il sistema informatico, che – forse complice un maldestro inserimento dei dati – registra numeri molto più alti (e incongrui rispetto all’organico dei Direttori) di personale in servizio (82.816), ma sappiamo bene che «nonostante la sua base matematica, la statistica è un’arte quanto è una scienza» (Durrel Huff, Mentire con le statistiche, Monti & Ambrosini, 2007), come dimostra perfettamente anche il balletto di cifre relative allo sciopero del 29 novembre: adesioni vicine al 70% per alcuni, molto più basse per altri, in particolare per la Pubblica Amministrazione.
Un altro sciopero dei Direttori, relativo alle prestazioni eccedenti l’orario d’obbligo, si è concluso il 30 novembre; in questo caso il Cruscotto riporta percentuali da “zero virgola”, ricavate da parametri di calcolo diversi dalla precedente rilevazione e piuttosto strampalati: il personale in servizio infatti risulta essere triplicato: nello stesso mese le unità passano infatti da 82.816 a 255.877.
Ora, delle due l’una: o i dati sono inseriti a casaccio, e questo rende il sistema inaffidabile; o i dati, palesemente sbagliati e incompleti, sono per qualche oscura ragione rimasti in modalità tendenziosa e fuorviante, tale da svilire l’effettiva mobilitazione dei Direttori e intaccarne la credibilità.
In attesa di un chiarimento necessario, ma che probabilmente non verrà mai, i Direttori cercano in un altro modo di esprimere tutta la loro sofferenza, minacciando di andarsene in blocco. È pronta infatti la richiesta di mobilità intercompartimentale ai sensi dell’art. 30 del D.Lgs. 165/2001, motivata «dalla situazione insostenibile che caratterizza il ruolo e il lavoro di DSGA», alle prese con carichi di lavoro impegnativi e ulteriormente appesantiti dai progetti PNRR, PON e PN+, con segreterie «dove nuove competenze e responsabilità continuano ad accumularsi senza un adeguato riconoscimento economico», portate allo stremo dalla riduzione di organico del personale ATA prevista dalla manovra 2025 e pregiudicata dalla proibita sostituzione del personale ATA comandato presso gli Uffici Scolastici Regionali, così come previsto dalla Legge 106 del 29/07/2024, recante disposizioni urgenti in materia di sport, di sostegno didattico agli alunni con disabilità, notevole esempio di tritovagliatura e imballaggio normativo.
E se la mobilità intercompartimentale non fosse possibile, come già laconicamente ricordato dall’USR Veneto il quale, con nota 2960 del 22/02/2018 faceva presente che «la procedura non risulta ancora realizzabile, in quanto non sono mai stati definiti i criteri generali per l’attuazione di quanto previsto dal comma 1 dell’art. 30 del D.Lgs. 165/2001 [...]», i Direttori si riservano di dare le dimissioni.
I motivi di questo estremo tentativo di farsi ascoltare sono tanti e più volte ribaditi, ma “brucia” particolarmente la valorizzazione negata, materializzatasi nella dequalificazione sancita dal CCNL 2019-2021, che equipara i direttori «al profilo di coordinatore con incarico triennale da DSGA», incarico la cui gestione procedurale è oggetto di istruzioni, modelli, format e rettifiche ministeriali, seguite da indicazioni operative da parte di qualche zelante RTS. Sembra che la tendenza sia quella di assoggettare al controllo preventivo di regolarità amministrativa e contabile tutti i nuovi incarichi, compresi quelli triennali per il personale già in ruolo come DSGA, magari da un paio di decenni, ai quali ora è garantito, fino alla cessazione del rapporto di lavoro, il conferimento di incarico triennale di Elevata qualificazione.
Siccome per il suddetto personale il conferimento dell’incarico triennale non richiede la stipulazione di un nuovo contratto di lavoro a tempo indeterminato, non balza agli occhi che cosa dovrebbero controllare le RTS, le quali tuttavia chiedono «in ogni caso che il decreto di incarico sia trasmesso con l’indicazione degli estremi del predetto contratto di DSGA e del relativo visto apposto dalla Ragioneria Territoriale dello Stato [...] in un’ottica di collaborazione istituzionale e al fine di agevolare le procedure di controllo».
Certo che quest’ultima istanza di collaborazione istituzionale a senso unico mai alternato non giova a placare il desiderio di fuga dei Direttori verso altre amministrazioni pubbliche, ma forse potrebbe farlo l’imminente uscita del concorso per titoli ed esami per l’accesso al profilo professionale dell’ex Direttore dei servizi generali e amministrativi: si prevede che il bando sia pubblicato entro dicembre e che le prove si svolgano presumibilmente entro la prima metà del 2025, in modo da procedere con le assunzioni già all’inizio del prossimo anno scolastico.
Considerato che sono trascorsi più di due anni dal decreto di approvazione del regolamento del concorso ordinario, desta una punta di stupore l’improvvisa accelerata del MIM e l’ottimistica previsione dei tempi di svolgimento e conclusione, ma se tutto andrà come previsto, a settembre 2025 saranno in servizio 1.435 nuovi funzionari EQ – ex DSGA che avranno superato due prove, una scritta di 60 quiz e una orale di max 50 minuti, anche in videoconferenza.
Sembra un percorso veloce, non accidentato, e del resto in questi ultimi tempi il MIM ha accumulato una certa esperienza in materia di concorsi e ricorsi con esiti tutt’altro che veloci e pacifici, ma finché c’è vita c’è speranza. E anche qualche allucinazione di valorizzazione.