Edifici scolastici spesso fatiscenti e a rischio sicurezza, finanziamenti per il funzionamento molto al di sotto delle reali necessità (grossi istituti con più di 1.500 studenti ricevono poco più di 10.000 per tutto l’anno, 8.000 dei quali servono solo per le spese di pulizia!), continui tagli al personale (la Legge di Stabilità 2015 ha previsto una riduzione di 2.000 assistenti tecnici), insegnanti precari a vita, costretti a frequentare onerosi corsi di abilitazione solo per poter accedere ad ulteriori concorsi.
Quella scattata dalla trasmissione “Presa Diretta”, andata in onda l’8 febbraio su Rai 3, è una fotografia per niente rassicurante della scuola pubblica italiana.
Scuola che di pubblico ha sempre meno: infatti, secondo quanto è emerso nel corso della trasmissione, sempre più le nostre scuole si reggono grazie ai contributi “volontari” (si fa per dire) delle famiglie, che rappresentano quasi il 70% del budget a disposizione e grazie ai quali è possibile acquistare, ad esempio, le attrezzature per i laboratori di informatica. Cifre altissime, anche 130 euro alle superiori, che le famiglie sono costrette a versare, oltre ai normali costi del corredo scolastico e dei libri. Ma senza questa voce di finanziamento le scuole non riuscirebbero ad andare avanti.
E il privato entra a scuola anche sottoforma di pubblicità: famiglie “invitate” a fare la spesa presso quella determinata catena di supermercati, per poter raccogliere punti e ricevere in cambio una LIM, istituti bancari che entrano nella didattica e distribuiscono gadget.
Senza contare i genitori che si rimboccano le maniche e, per sopperire alle mancanze dello Stato, ridipingono le aule e sistemano gli infissi.
Per fortuna, qualche nota positiva in questo quadro desolante c’è, ma è soprattutto grazie alla volontà dei singoli (Dirigente scolastico, personale Ata e docenti), non certo alle risorse stanziate dallo Stato. Tra le eccellenze, l’Istituto Majorana di Brindisi con il Book in progress, i libri fatti da insegnanti e studenti, con un risparmio notevole per le famiglie; oppure il progetto Dada del liceo Labriola di Ostia, dove gli spazi sono stati ottimizzati e gli studenti si spostano al cambio d’ora come all’Università.
Questa è la “Buona Scuola” che ci piace, quella che dovrebbe essere la norma ma che, purtroppo, è solo l’eccezione.