Nel corso degli ultimi giorni di gennaio si sono susseguite le approvazioni dei piani di dimensionamento provinciali e regionali, aventi carattere di definitività.
Le polemiche scaturite dalle singole approvazioni, nonostante un certo silenzio dei media nazionali, sono state in realtà accese e numerose, e hanno visto opposti schieramenti politici, e insieme enti locali e territoriali, ognuno per suo conto a reclamare una maggiore autonomia e una lesione delle proprie competenze, soprattutto in ordine alla territorialità delle istanze sollevate e al confronto, spesso mancato, con le famiglie, le istituzioni, i problemi diverissimi che ogni comunità locale si è trovata costretta ad affrontare.
E' questo uno dei punti, forse, di maggiore impatto di tutte le normative sul "federalismo", costituzionali e ordinarie, stratificate negli ultimi anni; la confusione ingenerata dal dimensionamento scolastico mostra quanto ci sia ancora da scrivere, e da chiarire, in tema di competenze e compiti dello Stato, degli enti territoriali e degli enti locali, soprattutto in un ambito nevralgico come quello della scuola.
In attesa dell'ennesimo, sul tema, pronunciamento della Corte Costituzionale, le istanze sindacali tese ad una proroga di operatività del processo (ricordiamo che i piani regionali vanno approvati entro oggi, 31 gennaio) non hanno trovato conforto. L'incontro tenuto al MIUR il 25 gennaio, come riportano fonti sindacali, infatti, ha disatteso le aspettative, ribadendo l'operatività del termine (già una volta prorogato).
Nel frattempo, la situazione è quanto mai incerta; per fare degli esempi, alcuni comuni (11 su 41 nella provincia di Bari) si sono rifiutati di adottare qualsivoglia decisione sul dimensionamento ritenendolo operazione frettolosa, e di fatto ottenendo il probabile rinvio di un anno dalle decisioni della Regione; in altre regioni, come la Sardegna, è in atto uno scontro molto duro tra rappresentanze sindacali ed amministrazione, che ad oggi non ha portato ad esiti certi.