In un momento in cui il tema dell’”assenteismo” dei dipendenti pubblici ha avuto, nuovamente, il suo “momento di gloria” (nonostante numerosi dati riportino che le giornate di lavoro perse per malattia nel pubblico siano inferiori a quelle perse nel privato), è emersa un’altra notizia, rilanciata da più parti come una possibile soluzione del “problema”: il passaggio delle visite fiscali dalle ASL all’INPS anche per il pubblico impiego.
Poiché il tema è stato affrontato in sede governativa, e ripreso con grande risalto dai media nazionali, occorre fare un po’ di chiarezza, ancorandoci a qualche dato di fatto.
Un intervento dell’INPS del 2012 (messaggio 4344) è dirimente sul punto: la lettura del messaggio ci ricorda infatti che già da qualche anno l’INPS può svolgere l’attività di controllo medico legale nei confronti dei lavoratori pubblici, e che le amministrazioni hanno avuto fino ad oggi la possibilità di scegliere se rivolgersi alle ASL o all’INPS.
Tuttavia, ed è proprio l’INPS a rammentarlo, questa attività di fatto non ha potuto svolgersi nel pieno rispetto delle disposizioni speciali riguardanti il lavoro pubblico; lo stesso Istituto infatti, con questo messaggio, dichiara la propria indisponibilità a coprire le fasce orarie riservate ai lavoratori pubblici, che sono, come sappiamo, ben più ampie che nel settore privato.
Per questo motivo le ASL hanno continuato ad essere interpellate forse (non abbiamo dati a riguardo) in maniera più consistente da parte della amministrazioni pubbliche, perché hanno garantito un servizio più esteso e più ampio di quello dichiarato dall’INPS.
Non è proprio questo che è emerso dai media nazionali, vero? Piuttosto è sembrato si volesse intendere (la lettura maliziosa è nostra) che il passaggio dei controlli dalle ASL all’INPS avrebbe garantito un risparmio maggiore, ma soprattutto una maggiore efficacia dei controlli.
Maggiore valore avrebbero avuto dei dati che mostrassero, in maniera incontrovertibile e magari “istituzionale”, quanti controlli vengono effettuati sui lavoratori malati pubblici e su quelli privati, per fugare ogni sospetto che, anche in questo campo, ci sia qualche margine di “privilegio” o di minore controllo.
Curiosamente, dati di questo genere mancano, e mai come in questo momento servirebbero, per i lavoratori pubblici, informazioni corrette, trasparenti, di derivazione istituzionale e incontrovertibili.
È legittimo chiedersi quindi se il passaggio dalle ASL all’INPS comporterà davvero una maggiore efficacia dei controlli nei confronti dei lavoratori pubblici malati, se l’INPS garantirà l’osservanza del regime specialistico (e ben più pesante) di reperibilità che debbono osservare i dipendenti statali e, infine, se avremo qualche dato certo, tra qualche tempo, che ci dimostri che fosse proprio questo il problema.