Con l’ordinanza n. 1227 del 17/01/2025, la Corte di Cassazione ha stabilito che non costituisce abuso del diritto il caso in cui un lavoratore, usufruendo dei permessi previsti dalla Legge 104/1992, svolga attività accessorie finalizzate a garantire un’assistenza efficace al disabile.
Il caso in esame
Un lavoratore aveva contestato in giudizio il licenziamento ricevuto per presunto uso improprio dei permessi giornalieri destinati all’assistenza del suocero disabile. La Corte d’Appello, accogliendo la sua richiesta, aveva considerato valide ai fini dell’assistenza anche le attività accessorie, come l’acquisto di farmaci, e il tempo necessario per recarsi presso l’abitazione del disabile e farvi ritorno.
La decisione della Cassazione
La Cassazione, confermando la decisione di merito, ha chiarito che i permessi ex lege 104/1992 non si limitano alle sole attività di assistenza diretta al disabile, ma comprendono anche tutte quelle complementari e necessarie a rendere l’assistenza realmente efficace. Tra queste rientrano, ad esempio, l’acquisto di medicinali, il ritiro di prescrizioni mediche, l’acquisto di beni di prima necessità o la partecipazione del disabile a eventi sociali, sportivi o religiosi.
Secondo la Corte, l’abuso del diritto si configura solo quando l’assistenza sia del tutto assente o sia stata prestata in modo così marginale o irrilevante da vanificare gli obiettivi primari della normativa, che sono la tutela degli interessi del disabile.
«Sul piano oggettivo – si legge nella sentenza - il concetto di "abuso del diritto" implica un esercizio del diritto per scopi diversi da quelli per i quali il diritto stesso è riconosciuto dall'ordinamento (c.d. sviamento funzionale)».
«Sul piano soggettivo – continua la sentenza – è necessario un elemento psicologico, di natura intenzionale o dolosa, che parimenti deve essere accertato, sia pure mediante presunzioni semplici, dalle quali sia possibile individuare la finalità di pregiudicare interessi altrui. Nel caso del diritto al permesso per assistere un familiare disabile, queste presunzioni possono essere fondate ad esempio sul tempo "irrisorio" o comunque molto limitato dedicato nella singola giornata all'assistenza al disabile, ovvero sulle particolari connotazioni dell'elemento oggettivo. Entrambi gli elementi sono necessari, sicché l'assenza (o il mancato accertamento) di uno dei due impedisce la configurabilità di un "abuso del diritto"».
Sulla base di queste considerazioni, la Suprema Corte ha respinto il ricorso della società, confermando l’illegittimità del licenziamento e ribadendo che l’utilizzo dei permessi ex lege 104 deve essere valutato tenendo conto della finalità complessiva di tutela del disabile.
E in ultimo la Cassazione ha ricordato che «resta in ogni caso fermo che il datore di lavoro, salvo diverso accordo tra le parti sociali, non può sindacare la scelta dei giorni in cui fruire di tali permessi, rimessa esclusivamente al lavoratore e soggetta solo ad obbligo di comunicazione, né può contestare la prestazione dell'assistenza in orari non integralmente coincidenti con il turno di lavoro, la quale pertanto non costituisce "abuso del diritto" (Cass. ord. n. 26417/2024)».