La recente ordinanza n. 24130 del 9/09/2024 della Corte di Cassazione ha fornito nuovi chiarimenti sull'uso dei permessi previsti dall'art. 33 della Legge 104/1992, che tutela i lavoratori che assistono familiari con disabilità. In particolare, la Corte ha confermato che tali permessi possono essere utilizzati non solo per attività strettamente legate all'assistenza, ma anche per compiti personali, purché la maggior parte della giornata sia dedicata all'assistenza del familiare.
Nel caso esaminato, una lavoratrice era stata licenziata per aver usato i permessi per svolgere attività personali, come fare acquisti, e per non aver assistito la madre disabile per l’intera durata delle giornate di permesso. Tuttavia, la Cassazione ha confermato le decisioni dei giudici di merito, che avevano reintegrato la lavoratrice, ritenendo che l’assistenza fosse stata effettivamente prestata e che la breve interruzione per attività personali non rappresentasse un abuso. La Corte ha infatti stabilito che il nesso di causalità tra permesso e assistenza deve essere valutato caso per caso, e che l'assistenza non richiede la presenza continua del lavoratore, ma può essere svolta nell'arco della giornata.
La Cassazione ha richiamato precedenti sentenze che hanno ribadito l'elasticità necessaria nell'interpretare l'assistenza, la quale può includere anche attività collaterali, come fare la spesa o portare il familiare a visite mediche, nonché brevi momenti di svago per il lavoratore. Tuttavia, rimane legittimo il licenziamento quando il lavoratore utilizza i permessi per attività completamente estranee all'assistenza, come partecipare a competizioni o svolgere altre attività lavorative.
In conclusione, l’ordinanza evidenzia che l’utilizzo dei permessi ex legge 104 deve essere legato principalmente all’assistenza del familiare, ma con margini di flessibilità che consentono brevi interruzioni per esigenze personali, purché il tempo maggiore sia dedicato all'assistenza.