“La pretesa di sostituire alla valutazione operata dalla P.A., concretizzatasi nel giudizio di non ammissione per mancato raggiungimento degli obiettivi minimi nella quasi totalità delle materie, un giudizio diverso, comportante la sospensione, anziché la non ammissione, appare non soltanto priva di fondamento, ma, ancor prima, inammissibile perché tale da sconfinare nelle valutazioni di merito rimesse all’apprezzamento esclusivo della P.A. stessa”.
Così ha deciso il Tar del Lazio, sezione di Latina, con sentenza 569 del 29/09/2014, respingendo il ricorso dei genitori di una studentessa della classe prima di un Liceo Ginnasio non ammessa alla classe successiva, con la seguente motivazione: “l’alunna ha evidenziato nel corso dell’intero anno scolastico scarso impegno ed interesse, nonché una totale mancanza di costanza nello studio. Le evidenti e diffuse lacune di base, peraltro mai colmate, e l’utilizzo di un metodo di lavoro poco autonomo e proficuo non le hanno permesso di far registrare neppure un minimo miglioramento rispetto alla già deficitaria situazione di partenza. Pertanto non si considerano acquisiti nemmeno i saperi essenziali e non si ritengono raggiunti gli obiettivi minimi nella quasi totalità delle discipline. Le gravi lacune di ordine conoscitivo, nonché metodologico, riscontrate sono tali da non poter garantire un proficuo percorso per il successivo anno scolastico”.
Contro il giudizio hanno presentato ricorso i genitori della minore, contestando la decisione dei docenti per non essere stati adeguatamente informati circa l'andamento scolastico della figlia, rilevando che le lacune riguardavano solo alcune materie e sottolineando l’illogicità sia della motivazione riguardante le “evidenti e diffuse lacune di base”, che contrasterebbe con il giudizio positivo (“Distinto”) ottenuto dalla studentessa al termine della scuola secondaria di primo grado, sia del giudizio circa lo scarso impegno e interesse mostrati dall’alunna nel corso dell’anno, che sarebbe confutato dal recupero ottenuto dalla stessa in più discipline.
Il Tar ha però ritenuto infondato il ricorso, perché la documentazione depositata dall’Amministrazione scolastica dimostrava ampiamente come la studentessa abbia presentato insufficienze gravi e diffuse, tali da giustificare pienamente il giudizio di non ammissione della stessa alla classe successiva.
Infatti, la valutazione conclusiva dell’alunna certificava gravi insufficienze in diverse materie e l’Amministrazione aveva comunque fornito elementi probatori tali da dimostrare l’inesistenza di una lesione del diritto di informazione dei genitori.
I giudici del Tribunale hanno ritenuto pertanto di non potere accettare le doglianze dei genitori, anche perché “i giudizi espressi dai docenti, di non promozione alla classe successiva, sono caratterizzati dalla discrezionalità tecnica, costituendo il livello di maturità e preparazione raggiunto dai singoli alunni espressione di una valutazione rimessa dalla legge al collegio dei docenti, il cui giudizio riflette le specifiche competenze da esso possedute. Perciò, al giudice della legittimità spetta esclusivamente verificare se il procedimento, a conclusione del quale detto giudizio è stato formulato, sia conforme al parametro normativo, o ai criteri deliberati previamente dal collegio stesso, e non risulti inficiato da vizi di manifesta illogicità, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti: vizi che, per quanto si è esposto, non sono in alcun modo ravvisabili nella fattispecie ora in esame”.