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La Funzione pubblica ha espresso un parere circa la concessione del congedo di paternità a seguito di affido di un minore, nel caso in cui la madre non rinunci all’istituto del congedo di maternità.

Come previsto dall’articolo 28 del Testo Unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, il diritto al congedo di paternità è riconosciuto al padre lavoratore esclusivamente nei casi di impossibilità di assistenza del figlio, ossia per:

 

  1. morte o grave infermità della madre che renda impossibile l’assistenza materna al minore nei primi mesi di vita;
  2. abbandono da parte della madre;
  3. affidamento esclusivo del bambino al padre.

Si tratta di specifiche situazioni per le quali, in mancanza delle cure materne, il dovere di assistenza si trasferisce al padre lavoratore.

Nel caso, invece, di congedo di maternità o paternità per i genitori affidatari o adottivi, bisogna far riferimento a quanto disposto dagli articoli 26, 27 e 31 del medesimo Testo Unico n. 151 del 2001. In particolare, il comma 1 dell’articolo 31 prevede che il congedo di paternità, di cui all’articolo 26, commi 1, 2 e 3, che non sia stato chiesto dalla lavoratrice, spetti, alle medesime condizioni, al lavoratore.  Tale congedo può essere fruito entro cinque mesi dall’affidamento, per un periodo massimo di tre mesi (art. 26, comma 6, del T.U. n. 151/01).

 

Quindi, nella fattispecie rappresentata, il congedo di paternità può essere fruito, oltre che nei casi previsti dall’articolo 28, anche quando la madre lavoratrice decida di non avvalersene.

 

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