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È illegittimo il licenziamento del dipendente che, durante le assenze per malattia, si era dedicato allo studio per superare l’esame di avvocato.

Per la Cassazione infatti non è incompatibile con la malattia (nella specie, stato ansioso depressivo reattivo), la preparazione dell’esame orale per l'abilitazione alla professione di avvocato, poi superato.

Con la sentenza n. 22410 del 3/11/2015 la Suprema Corte ha precisato che la malattia del lavoratore costituisce situazione diversa dalla sua inidoneità al lavoro: pur essendo entrambe cause d'impossibilità della prestazione lavorativa, esse hanno infatti natura e disciplina diverse; infatti, la prima ha carattere temporaneo e implica la totale impossibilità della prestazione, determinando la legittimità del licenziamento quando abbia causato l'astensione dal lavoro per un tempo superiore al periodo di comporto, mentre la seconda ha carattere permanente o, quanto meno, durata indeterminata o indeterminabile, e non implica necessariamente l'impossibilità totale della prestazione, consentendo la risoluzione del contratto eventualmente previo accertamento di essa, indipendentemente dal superamento del periodo di comporto.

Nel caso esaminato dai Giudici, il datore di lavoro, senza mai richiedere il controllo pubblico delle assenze per infermità, ha attivato la verifica finalizzata ad accertare la sussistenza o meno dell'idoneità al lavoro. La Commissione medica dell’Asl ha espresso giudizio di idoneità del dipendente “al lavoro proficuo, senza limitazioni per mansioni o incarichi specifici da svolgere presso l’ente di appartenenza”.

Ma secondo la Cassazione, la risposta positiva fornita dalla Commissione medica presso la ASL non escludeva di per sé la sussistenza dell'inabilità temporanea, certificata dal medico curante del lavoratore sulla base di uno "stato ansioso depressivo reattivo". Inoltre, il risultato dell'accertamento della Commissione medica non è in concreto incompatibile con la dedotta causa dell'assenza, considerato che in esito alla prima visita diagnosticò la presenza di "note ansiose reattive" e all'esito della seconda "lievi note di ansia reattiva", affezioni quindi che risultano correlate alle diagnosi del medico curante.

Sulla base di questi ragionamenti, la Corte ha dichiarato illegittimo il licenziamento, anche considerando che nella contestazione disciplinare non si faceva alcun cenno al “sospetto” che il dipendente avesse approfittato della malattia per preparare l'esame orale dell'abilitazione alla professione forense.

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