Una recente sentenza della Corte di Cassazione (sezione lavoro, n. 1814/2013) ha respinto il ricorso di un dipendente licenziato "per motivi disciplinari", per essere stato colto in flagrante mentre sottraeva uno zainetto ad un collega.
A sua difesa, il lavoratore aveva spiegato di aver pensato che lo zainetto fosse stato abbandonato e che quindi fosse più corretto patrlare di appropriazione indebita di oggetti smarriti e non di furto.
Ma la Cassazione ha dato torto al dipendente, confermando la decisione della Corte d'appello, soprattutto tenendo conto che il ricorrente, dopo l'avvenuto furto, non si era mostrato collaborativo e anzi aveva cercato in tutti i modi di "impedire il pieno accertamento dei fatti e delle sue responsabilità".
E benchè il valore dell'oggetto fosse esiguo, la sanzione comminata è stata reputata comunque proporzionale al reato, perchè quel che conta non è il valore del bene sottratto, ma il venir meno del rapporto fiduciario tra datore di lavoro e dipendente, tale da legittimare la massima sanzione prevista.
Per la Cassazione, infatti, "un fatto costituente reato contro il patrimonio, ancorche' determinato da un danno patrimoniale di speciale tenuità, alla stregua della legge penale, può essere considerato di notevole gravità nel diverso ambito del rapporto di lavoro, tenuto conto della natura del fatto, della sua sintomaticità e delle finalità della regola violata".