Sul dipendente convocato dalla Commissione di disciplina incombe l'onere di dimostrare il legittimo impedimento alla partecipazione alla seduta e in difetto di tale dimostrazione si procede in sua assenza. L’impedimento inoltre deve consistere in una vera e propria impossibilità oggettiva ad intervenire all'audizione, non potendosi ritenere sufficiente un qualsiasi stato di infermità.
Così ha stabilito il Consiglio di Stato che con la sentenza 8289 del 27 novembre 2010 ha accolto il ricorso di un’amministrazione pubblica contro la sentenza di primo grado che aveva annullato il provvedimento disciplinare emesso nei confronti di un proprio dipendente.
Il Tar della Campania aveva infatti ritenuto che non sarebbe stata garantita al ricorrente la possibilità di svolgere le sue difese nell’udienza alla quale era stato convocato nel corso del procedimento disciplinare, ignorando cioè, nonostante l’avesse comunicato, il suo stato di malattia che gli aveva impedito la partecipazione ad essa.
Il primo giudice ha specificato che alla sua assenza l’incolpato non avrebbe potuto ovviare, né con una memoria scritta da far pervenire all’amministrazione che procedeva disciplinarmente, né delegando persona di sua fiducia tecnicamente idonea a sostituirlo nel giorno della convocazione.
Tali alternative non sarebbero infatti state idonee a garantire il diritto di difesa, assicurato solo dal contatto immediato con l’organo procedente.
L’Amministrazione ha contestato integralmente la sentenza di primo grado e il Consiglio di Stato ha accolto l’appello.
Innanzitutto perché l’appellato è stato per due volte convocato ed altrettante volte si è limitato ad inviare all’Amministrazione un telegramma, il primo dei quali peraltro pervenuto successivamente al giorno stabilito, con il quale laconicamente dichiarava d’essere impedito da malattia a rispondere alla convocazione.
A tale proposito se da un lato il principio per il quale l'esistenza di uno stato di incapacità naturale del lavoratore, tale da impedirgli di rendere le giustificazioni nel termine previsto dalla legge per rispondere agli addebiti contestati, debba comportare la necessaria posticipazione del termine di scadenza, da un altro però tale principio non può essere inteso in modo da disconoscere che è onere del dipendente che contesti la legittimità della sanzione dimostrare di essersi trovato, nella pendenza del termine, in stato di incapacità naturale.
L’appellato, nel caso di specie, ha limitato la sua condotta alla mera comunicazione della propria malattia, senza dar modo quindi all’Amministrazione di apprezzare e verificare un effettivo e comprovato impedimento a rispondere alla convocazione.
Pertanto, il comportamento del datore di lavoro che, in assenza di prova di un effettivo impedimento del lavoratore, non abbia acconsentito alla richiesta di una proroga del termine per l'audizione, non concreta una violazione dei principi di correttezza e buona fede, alla stregua dei quali deve essere valutato l'esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro.