Con la sentenza n. 244 del 28 ottobre 2014 (di cui abbiamo già dato notizia) la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla legittimità dell’art. 1, commi 98 e 99, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013) in merito alla trattenuta per opera di previdenza del 2,50% sul TFS dei dipendenti pubblici e alla lamentata disparità di trattamento tra quelli assunti prima del 2001 (per i quali è stato ripristinato il TFS) e quelli assunti dopo il 2001. Per questi ultimi, infatti, è in vigore la disciplina del TFR, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 dicembre 1999 anch’esso ritenuto legittimo dalla Suprema Corte.
Nel richiamare la sentenza, il Mef, con Informativa n. 153 del 10/12/2014, ha ricordato che in primo luogo non sussiste la denunciata duplice violazione degli artt. 3 e 36 della Costituzione, in quanto il trattamento di fine servizio (TFS) è diverso e normalmente “migliore” rispetto al trattamento di fine rapporto (TFR) disciplinato dall’art. 2120 cod. civ. Infatti, il dipendente sottoposto al regime di TFS ha infatti diritto all’indennità di buonuscita (in conseguenza del ripristinato regime ex art. 37 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032), partecipando al suo finanziamento, con il contributo del 2,50% (sull’80% della sua retribuzione). Secondo la Corte Costituzionale, ciò non costituisce un’irragionevole disparità di trattamento rispetto al dipendente che ha diritto al trattamento di fine rapporto.
Per altro verso, il fatto che alcuni dipendenti delle pubbliche amministrazioni godano del trattamento di fine servizio (TFS) ed altri del trattamento di fine rapporto (TFR) è conseguenza del transito del rapporto di lavoro da un regime di diritto pubblico ad un regime di diritto privato e della gradualità con la quale, con specifico riguardo agli istituti in questione, il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, ha ritenuto di intervenire.