L’Associazione Culturale XY a cui l’Istituto scolastico ha affidato il servizio di assistenza specialistica finanziata con fondi specifici regionali non è in possesso di partita IVA, ma solo di Codice Fiscale rilasciato dall’Agenzia delle Entrate quale tipo di “Attività di altre organizzazioni Associative NCA”.
La stessa Associazione Culturale, con cui è stata stipulata Convenzione previa decisione a contrarre recante CIG e CUP, per fini liquidativi, ha emesso soltanto ricevuta cartacea asserendo di essere esonerata dall’obbligo di fatturazione sia in virtù del fatto che è in possesso del solo Codice Fiscale e sia perché asserisce (finora senza autodichiarazione) di svolgere attività non prevalente, facendo riferimento ad una interrogazione parlamentare n. 5-05002 del 12/03/2015: sono queste condizioni sufficienti di esonero automatico dall’emissione di fattura?
Qual è il discrimine che configura tale prestazione come attività non prevalente, anziché una prestazione di servizi, legittimandone l’esonero dalla fatturazione? Si precisa che nella Convenzione firmata era stato specificato che il pagamento sarebbe avvenuto “successivamente all’emissione di fattura elettronica con IVA in split payment, se dovuta”.
Inoltre, l’Associazione è tenuta a dichiarare la tracciabilità dei flussi finanziari?
Può essere sufficiente, ai fini della regolarità dell’affidamento e quindi della liquidazione, farsi rilasciare dalla stessa una specifica autodichiarazione? Se sì, quali sono gli stati, le qualità e le condizioni che l’Associazione deve possedere e dichiarare per rientrare nell’esonero dalla fatturazione?
Si osserva in via preliminare che la stipula della convenzione di affidamento del servizio all’Associazione culturale in argomento ha definito le reciproche obbligazioni che ciascuno dei contraenti deve rispettare nell’esecuzione del contratto, per cui si ritiene che la dichiarazione di tracciabilità dei flussi finanziari debba essere prodotta dall’Associazione sia perché specificata in convenzione sia perché la normativa antimafia cui si riferisce trova applicazione generalizzata nei casi in cui siano erogate risorse pubbliche per l’esecuzione di contratti pubblici.
La stipula di un contratto/convenzione con un soggetto privo di partita IVA e il pagamento previsto «successivamente all’emissione di fattura elettronica con IVA in split payment, se dovuta», lascia invece margini interpretativi di qualche incertezza, se i documenti dell’istruttoria (avviso di manifestazione di interesse/bando di gara/capitolato ecc.) non riportano nulla di più specifico, poiché un soggetto privo di partita IVA di solito non emette la fattura, che è un documento riferito alle attività commerciali.
Nel 2015 in effetti il MEF, in riferimento ad interrogazione parlamentare n.5-05002 del 12/03/2015, precisava che non sono soggetti all’obbligo di fatturazione elettronica gli enti no profit, non titolari di partita IVA, che forniscono prestazioni alla pubblica amministrazione, in quanto l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica costituisce una diversa modalità di emissione della fattura e non incide sui presupposti per l’emissione della stessa. In pratica, diceva il MEF, i soggetti che prima del 6 giugno 2014 non erano tenuti ad emettere fattura PA in quanto non obbligati dalla norma, «potranno continuare a certificare le somme percepite in base a convenzioni con la P.A., emettendo note di debito in forma cartacea, senza l’obbligo di ricorrere alla fatturazione elettronica».
Per individuare l’eventuale prevalenza o meno dell’attività commerciale dell’associazione, si osserva che la sola forma giuridica di associazione non è sufficiente per qualificarla come ente non commerciale ai fini fiscali; inoltre l’ente non commerciale per sua natura tende al conseguimento dell’attività istituzionale, limitando l’eventuale attività di natura commerciale entro ambiti di carattere ausiliario e strumentale al conseguimento degli scopi sociali (v. guida).
La disciplina tributaria degli enti privati e pubblici che non hanno per oggetto principale l’esercizio di attività commerciali è dettata dagli artt. 143-150 del TUIR (D.P.R. 917/1986); in particolare l’art. 148 contiene l’elenco delle attività considerate commerciali per gli enti di tipo associativo.
In sostanza, si possono distinguere due casi:
- l’associazione svolge attività commerciale in via occasionale e marginale, per completare e integrare l’attività svolta verso i soci, e i proventi derivanti dall’attività commerciale non sono prevalenti rispetto a quelli derivanti dall’attività istituzionale verso i soci. In questo caso l’associazione rimane un ente non commerciale;
- l’attività commerciale è svolta abitualmente e professionalmente (verso terzi non soci), e i proventi di tali attività superano quelli conseguiti nell’ambito dell’attività verso i soci. In tale caso l’associazione perde il requisito della non commercialità e viene considerata, ai fini fiscali, un’impresa a tutti gli effetti per cui le sue attività sono sottoposte al regime fiscale d’impresa, con l’obbligo di tenere le scritture contabili ordinarie.
Il discrimine è pertanto la prevalenza dei ricavi dell’attività commerciale rispetto al valore delle prestazioni di attività istituzionali verso i soci e alla prevalenza dei redditi derivanti dall’attività commerciale rispetto alle entrate istituzionali.
Per giustificare l’esonero dalla fatturazione, l’Associazione deve produrre una autodichiarazione attestante la propria natura non commerciale ai sensi dell’art. 79, comma 5 del D.Lgs. 117 del 3/07/2017, nel caso in cui l’attività commerciale svolta per almeno un intero periodo di imposta (es. anno 2023) non sia prevalente rispetto all’attività istituzionale.
È opportuno evidenziare che la recente riforma del Terzo Settore, introdotta dal D.Lgs. 117/2017, detto anche Codice del Terzo Settore CTS, modifica sostanzialmente tutta la disciplina degli enti no profit (tra cui le APS – Associazioni di Promozione Sociale) anche in riferimento agli aspetti fiscali.
Le APS sono enti del Terzo Settore che perseguono in via esclusiva finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, senza fine di lucro, attraverso l’iscrizione in un pubblico registro (RUNTS – Registro Unico Nazionale del Terzo Settore) e si avvalgono prevalentemente dell’attività dei propri associati-volontari, mentre il ricorso a lavoratori dipendenti, autonomi o di altro tipo è ammesso solo entro limiti specifici (art. 36 del CTS).
In particolare, l’art. 56 del Codice prevede che le P.A. possano sottoscrivere con le organizzazioni di volontariato (ODV) e le associazioni di promozione sociale (APS) convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi (quindi, non degli associati) di attività o servizi sociali di interesse generale, a condizione che tali convenzioni si rivelino – secondo la formulazione del legislatore – «più favorevoli rispetto al ricorso al mercato».
Tali convenzioni devono rispettare le indicazioni specificate ai commi 2 e 4 dell’art. 56.
Come illustrato anche nelle Linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore (D.M. 72 del 31/03/2021), emerge con chiarezza che le convenzioni possono prevedere esclusivamente il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate secondo la prassi tuttora valida contenuta nella circolare 2 del 2/02/2009 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Se riceve solo il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate l’APS non è – al momento – tenuta ad aprire partita IVA né ad emettere fattura, ma la situazione cambierà (salvo deroghe, proroghe e altre novità) dal 1° luglio 2024 quando, in applicazione dell’art. 86 del Codice TS e a fronte della procedura di infrazione n. 2008/2010 avviata dalla Commissione europea (in pratica l’UE ha contestato la mancata applicazione dell’IVA in alcune operazioni) tutti gli ETS (Enti del Terzo Settore), iscritti o meno al RUNTS, passeranno dall’esclusione all’esenzione IVA (art. 5, comma 15-quater del D.L. 146/2021), con conseguente obbligo di apertura della partita IVA, rilascio di fattura elettronica, registrazione e dichiarazione delle operazioni per le quali si applica l’IVA e certificazione di tutti i corrispettivi delle attività poste in essere.