Il tema dello sciopero è di costante attualità, costituendo un diritto del lavoratore costituzionalmente tutelato, e uno dei temi che più “appassiona” la giurisprudenza in relazione alla ampia casistica di riferimento, a fronte di una normativa piuttosto scarna e risalente, sia pure in un settore peculiare, all’interno del tema più generale. Come noto, infatti, lo sciopero per alcuni settori (cui la scuola appartiene) è disciplinato dalla specifica normativa sui servizi pubblici essenziali.
Occorre rammentare che, essenzialmente, lo sciopero è previsto e regolato:
- dall’art. 40 della Costituzione, per il quale «Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano»;
- dalla Legge 300/1970, che vieta gli atti discriminatori causati dalla partecipazione a uno sciopero (art. 15) e reprime la condotta sindacale atta a limitare lo sciopero da parte del datore di lavoro (art. 28);
- dalla Legge 146/1990, che detta norme per la regolazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, e che riguarda anche la Scuola.
Per la Scuola, in particolare, risulta ancora applicabile l’accordo nazionale del 1999, reperibile sul sito della Commissione di garanzia per lo sciopero in detti servizi; la Commissione, che è organismo indipendente istituito si sensi dell’art. 12 della citata Legge 146/1990, con compiti diversi atti all’applicazione della legge, esprime sul sito anche interessanti orientamenti di chiarimento.
Per l’art. 1 dell’accordo, i servizi pubblici essenziali nel comparto del personale della Scuola sono:
- istruzione scolastica, in particolare per gli aspetti contemplati dall’art. 1 della Legge 12/06/1990 n. 146, comma 2, lettera d;
- igiene, sanità e attività assistenziali a tutela dell’integrità fisica delle persone;
- attività relative alla produzione e alla distribuzione di energia e beni di prima necessità, nonché gestione e manutenzione dei relativi impianti; sicurezza e salvaguardia degli edifici, delle strutture e degli impianti connessi con il servizio scolastico;
- erogazione di assegni e di indennità con funzione di sostentamento.
I servizi di cui alle lettere b, c e d sono considerati per gli aspetti strettamente connessi e collegati al servizio di cui alla lettera a.
In questo ambito debbono essere assicurate effettività e continuità di una serie di prestazioni indispensabili, anche in caso di sciopero, contemperando l’esercizio del diritto con la tutela di altri valori e diritti costituzionalmente tutelati, come il diritto all’istruzione, le attività, anche dirette e strumentali, riguardanti lo svolgimento degli scrutini e degli esami finali nonché degli esami di idoneità, la vigilanza sui minori durante i servizi di refezione, la vigilanza degli impianti e delle apparecchiature, e altri casi debitamente elencati.
Tanto premesso, è utile ricordare gli obblighi, soprattutto informativi, in capo ai lavoratori nell’esercizio del diritto.
Obbligo di informazione tra datore di lavoro e lavoratori
Il Dirigente scolastico ha l’obbligo di richiedere al personale di comunicare (volontariamente, si specifica), l’adesione allo sciopero entro 10 giorni dalla proclamazione (cinque per lo sciopero proclamato per più comparti); solo scaduti i termini si possono valutare le riduzioni eventuali del servizio, e le individuazioni di contingenti di personale tenuto alle prestazioni indispensabili.
Proprio in proposito di comunicazioni al datore di lavoro, è utile segnalare quanto ricordato, in tempi recentissimi, dal Consiglio di Stato, con la pronuncia n. 2471 dell’aprile 2018, emessa in relazione all’appello del Ministero dell’Interno e della Commissione speciale di garanzia a proposito di un caso di sciopero nei servizi pubblici essenziali.
Nel caso di specie, si trattava di sciopero indetto senza preavviso, senza soluzione di continuità tra indizione e inizio dello sciopero, quando, lo ricordiamo, il preavviso deve rispettare il termine minimo di 10 giorni, ai sensi dell’art. 2 comma 5 Legge 146/1990.
In proposito (si trattava per inciso di trasporto pubblico, ma dalla stessa pronuncia si desume la piena applicabilità all’ambito dei servizi pubblici e in particolare al settore della scuola), il Consiglio riepiloga i punti principali tracciati dalla Cassazione e dallo stesso Consiglio di Stato, proprio in tema di servizi pubblici essenziali, anche occasionati da impugnazioni del MIUR in relazione alle sanzioni irrogate per l’astensione dalle operazioni di scrutinio.
Ebbene, il Consiglio ricorda i tentativi obbligatori da percorrere prima di arrivare alla precettazione; tale misura, ai sensi dell’art. 8 della citata Legge 146/1990, costituisce lo strumento finale di chiusura (esperibile solo al termine infruttuoso di vari tentativi di conciliazione e desistenza), posto a tutela di pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente garantiti, che solo nei casi previsti può giungere a limitare gravemente il diritto di sciopero.
Il Consiglio, sulla scia di giurisprudenza consolidata, ritiene «ammissibile che l’ordinanza di precettazione possa giungere a imporre anche la misura (per un periodo temporalmente limitato) del divieto di sciopero, purché ricorrano i menzionati presupposti formali e sostanziali e previa valutazione della situazione concreta», rammentato che, anche a norma dell’art. 2 Legge 146/1990, è possibile derogare alla disciplina del preavviso per casi di difesa dell’ordine costituzionale o protesta per eventi lesivi gravi per l’incolumità e la sicurezza dei lavoratori.
Nel caso in questione, non ravvisando anomalie procedurali datoriali, il Consiglio ha ammessola misura della precettazione e la fondatezza dell’appello ministeriale e della Commissione di Garanzia (che si accoglie), ricordando per punti i seguenti principi, che si riportano integralmente «a) che l’istituto della precettazione è finalizzato a tutelare i diritti degli utenti, mediante la garanzia del livello di prestazioni da considerarsi indispensabili in rapporto alla situazione concreta, livello che può portare finanche al divieto dello sciopero per un certo [...]; b) che – salvo i casi di sciopero in difesa dell’ordine costituzionale o per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori – la durata minima del termine di preavviso di dieci giorni non è derogabile e il mancato rispetto di detto termine non riveste rilevanza esclusivamente disciplinare [...]».
Obbligo di comunicazione alle famiglie
È lo stesso accordo sopra citato che, all’art. 2, prevede che, una volta adempiuti gli obblighi datoriali e conoscitivi sopra descritti, i capi d’istituto provvedano, sulla base dei dati conoscitivi disponibili e almeno 5 giorni prima dell’effettuazione dello sciopero a comunicare «le modalità di funzionamento o la sospensione del servizio alle famiglie, nonché al provveditore agli studi. Dalla comunicazione al provveditore dovrà altresì risultare se il capo d’istituto aderirà allo sciopero per consentire al medesimo provveditore di designare l’eventuale sostituto. Pertanto, da quanto sopra esposto, si evince chiaramente che, in caso di sciopero, il Dirigente scolastico valuterà, con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, l’eventuale riduzione del servizio scolastico e comunicherà alle famiglie, entro i 5 giorni previsti, i prevedibili criteri organizzativi che saranno utilizzati per garantire il servizio stesso».
Il periodo è riportato da un comunicato ARAN del 2015, che, in riferimento alle modalità di comunicazione alle famiglie, rammenta anche che la stessa è questione tipicamente gestionale, che rientra nell’autonomia organizzativa del dirigente, valutata anche la strumentazione disponibile; chiaramente, l’utilizzo del sito web istituzionale o delle caselle di posta elettronica possono essere strade praticabili di cui va valutato l’utilizzo.
Per inciso, va rammentato come lo sciopero in ambito scolastico sia sovente comunicato per tempo anche tramite i canali informativi generali radio televisivi e istituzionali, per il tramite del sito web del Dipartimento Funzione Pubblica.