Come si ricorderà, con la sentenza n. 213 del settembre 2016 la Corte Costituzionale ha riconosciuto anche ai conviventi (a pochi mesi dalla legittimazione normativa delle unioni civili di cui alla Legge 76/2016, e a prescindere da questo inquadramento normativo) la possibilità di fruire dei permessi retribuiti per assistere persone in condizione di disabilità grave.
Il riconoscimento è avvenuto con sentenza additiva, pronuncia che, per la dottrina dominante, riconosce implicitamente quanto previsto nello stesso ordinamento, attraverso una estensione obbligata delle norme già previste dal legislatore; in questo caso, anche ai lavoratori dipendenti pubblici o privati conviventi con persone che necessitano di assistenza si applicherebbero i benefici previsti dall’art. 33 della legge 104/1992.
A distanza di qualche mese dalla pronuncia, sarebbe interessante sapere quanti datori di lavoro, pubblici e privati, abbiano dato luogo all’applicazione concreta dell’estensione, oppure, come sembra più probabile, si rimanga ancora in attesa di qualche nota di chiarimento.
Già, perché in questi tempi di linee guida, circolari che sostituiscono le leggi, sentenze dal valore para-normativo, contratti collettivi che latitano da quasi un decennio senza alcuna integrazione ancora solo normativa, è diventato quasi impossibile per chiunque gestisca il personale, in particolare nel pubblico impiego, districarsi, anche quando si posseggano competenze giuridiche.
La sentenza della Consulta non può essere ignorata infatti, e chiunque si trovi in condizione di fruire del beneficio ben potrebbe rivendicare la pronuncia additiva, che non fa che interpretare la legge in maniera estensiva. È però improbabile che singoli operatori del diritto applichino senza indicazioni del legislatore, o note di chiarimento istituzionali, una estensione di un istituto dai sicuri riflessi economici; eppure, sul punto, sembrano silenti gli auspicati interventi dell’INPS o del Dipartimento Funzione Pubblica (anzi, per quanto riguarda quest’ultimo, si deve notare come il sito web istituzionale riporti quale ultima circolare pubblicata una risalente addirittura al novembre 2015!).
Si potrà obiettare che le circolari non sostituiscono le leggi, come da giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, ma questi sono tempi in cui le leggi latitano a favore dei decreti, le linee guida, sconosciute all’impianto costituzionale, dettano norme dal valore più o meno implicito di legge ordinaria, ed interventi di singoli funzionari addirittura interpretano le leggi negando l’applicazione a singoli settori, come ci ricorda l’annosa questione dei congedi obbligatori per lavoratori padri, riconosciuti dalla c.d. legge “Fornero” a tutti i lavoratori dipendenti, ed esclusi, per volontà di due dirigenti della Funzione Pubblica e dell’INPS, per i dipendenti pubblici, nel silenzio generale e ormai da anni.
In questa confusione di fonti del diritto, di norme sopravvenute contrastanti tra loro, di integrazioni postume e avvisi di rettifica, a colpi di pareri che sembrano stilettate tra Consiglio di Stato e Governo, di riforme bocciate dalla Corte Costituzionale, occorrerebbe una nuova stagione di riscoperta di regole, competenze, rispetto e riconoscimento dei ruoli.
Confidiamo nel 2017.