In questa sede, esattamente un anno fa, avevamo scritto delle convenzioni per la fruibilità dei dati, documenti da redigere obbligatoriamente da parte delle amministrazioni per agevolare lo scambio di informazioni, disciplinati da apposite Linee Guida, redatte dall'Agenzia per l'Italia Digitale e pubblicate appunto un anno fa.
Nel silenzio pressoché generale, tale obbligo - previsto peraltro da anni dall'art. 58 del CAD (D.Lgs. 82/2005) - è venuto meno, e con esso sono decadute le pesanti sanzioni comminate in caso di inottemperanza. Le novità sono recate dal D.L. 90/2014, convertito con la legge 114 in vigore dal 19 agosto.
L'obbligo di stipulare le convenzioni è stato sostituito da un adempimento più razionale e semplice, contenuto appunto nella recente riforma della Pubblica Amministrazione (l'ultima in ordine di tempo), ovvero quello che prescrive alle pubbliche amministrazioni di comunicare tra di loro con la messa a disposizione gratuita degli accessi alle proprie banche dati. Gli standard e le regole cui attenersi in tale senso sono definiti dall'Agenzia per l'Italia digitale entro 90 giorni (si suppone dalla legge di conversione).
La riforma, contenuta negli articoli 24-quater e quinques della legge, prevede anche l'obbligo di trasmettere l'elenco delle banche dati all'Agenzia per l'Italia digitale entro un termine preciso, il 18 settembre, secondo modalità chiarite dalla stessa Agenzia.
Questa scadenza, è specificamente chiarito, vale anche per le scuole.
Si tratta di nuovi adempimenti che semplificano e razionalizzano la materia degli scambi di informazioni tra amministrazioni, eliminando un obbligo, come quello delle convenzioni, che sembrava eccessivo, e che di fatto è stato poco seguito.
È da rilevare tuttavia come il legislatore, ancora una volta, preferisca la strada della stratificazione normativa a quella della semplificazione: non si parla infatti di abrogazione espressa dei precedenti obblighi, né sembra parlarne la stessa Agenzia digitale, rimanendo così irrisolto il destino delle convenzioni stipulate da quelle amministrazioni che, ligie al dovere, hanno seguito correttamente il dettato normativo.
Ancora, l'ennesima modifica recata al CAD esemplifica un problema da noi più volte affrontato, ovvero la difficoltà concreta di operatività di riforme soggette a continue, incessanti, complicate modifiche normative. Basti pensare che, sommando le modifiche recate al Codice dell’Amministrazione Digitale dalla sua entrata in vigore, anno 2005, ad oggi, si raggiunge l'inquietante numero di 188 interventi! (fonte: "Elenco aggiornamenti" del sito istituzionale Normattiva.it).
Dividiamo questo numero per i mesi di vigenza, rapportiamolo alle numerose modifiche intervenute fino ad oggi anche in altri campi e tocchiamo con mano la vera difficoltà della burocrazia, ovvero una legislazione che affatica, confonde, impedisce la stabilizzazione e la concreta attuazione delle riforme.
Se sommiamo a questa situazione la continua previsione di interventi successivi e decreti attuativi che rendano effettive le modifiche (le regole tecniche per lo scambio dei dati cui dovranno conformarsi le amministrazioni dovranno comunque essere definite entro 90 giorni dall'Agenzia per l'Italia digitale), abbiamo lo specchio di uno dei problemi principali della pubblica amministrazione di oggi, di uno dei mali della "burocrazia" che non è responsabilità della stessa.