Oggi siamo attori di una complessità difficile da gestire e spettatori di un cambiamento delle nuove generazioni, più orientate all'uso delle tecnologie rispetto ai digital immigrant: esiste pertanto la necessità di studi approfonditi che aiutino i docenti a rendere sempre più efficace la loro azione formativa, adeguandola alle nuove esigenze dell'utenza.
Si aggiunge a tutto ciò l'alternanza scuola-lavoro anche nei Licei, simbolo di un cambiamento ancora più profondo, che obbliga a ripensare la scuola e i suoi processi. La scuola infatti non è più autoreferenziale, è aperta al territorio, tiene conto del "sapere, saper fare e saper essere": si interseca, nell'educazione formale, l'expertise in azienda o, semplicemente, in ambienti lavorativi anche riferiti al terzo settore.
Non aiuta pensare a lungo termine nella scuola, progettare con parametri triennali senza la sicurezza della disponibilità di risorse per la realizzazione dei percorsi e degli obiettivi ad essi correlati; per questo, legare i piani di formazione triennali del personale alle attività triennali didattiche, extra-didattiche e di alternanza è un compito piuttosto difficile.
La progettazione è legata ai bisogni di una società sempre più multiculturale, ricca di differenze e di problemi legati a una crisi economica e di valori, e deve essere pronta ad affrontare la molteplicità delle sfide.
Sfide che potrebbero essere affrontate da un team di ricerca e di sviluppo, formato dai docenti dell'organico potenziato o funzionale: non solo sostituzione dei colleghi assenti per meno di 10 giorni, non solo attività di recupero e di potenziamento, ma ricerca e sviluppo, sostegno alle nuove aree di riferimento:
- internazionalizzazione e sostegno alla realizzazione della progettualità collegata agli obiettivi dell'Europa 2020;
- alternanza scuola-lavoro come integrazione del curricolo scolastico per la realizzazione di percorsi integrati e aderenti al mondo del lavoro, per lo sviluppo, la valorizzazione, l'integrazione e la valutazione delle competenze trasversali;
- ricerca di nuove metodologie di insegnamento basate sulle ICT e sul pensiero computazionale, aree inserite nelle priorità sottolineate dal nostro Ministro nelle sue Linee Guida.
Invece, i docenti appartenenti a questo organico sono presenti nelle scuole in basse percentuali, a causa del procrastinarsi delle date di presa di servizio: sono, in moltissimi casi, docenti che non hanno mai insegnato e che provengono da settori lavorativi lontani dal mondo della scuola. Non solo: se, in prima battuta, avrebbero dovuto rimanere nella scuola di assegnazione almeno 3 anni - e questo avrebbe garantito una certa sicurezza, solidità e stabilità - oggi possono richiedere la mobilità in altre scuole e rientrare nell'organico di diritto per le cattedre di insegnamento alle quali corrisponde la loro classe di concorso; e molti di loro non vedono l'ora di andare ad insegnare e di stare con gli studenti, in classe.
Per lo più, ad oggi, è ancora difficile comprendere la loro vera funzione all'interno della scuola e, a causa della esistenza di numerosi posti vacanti, le scuole hanno nominato supplenti sui posti della fase C sino al 30 giugno, rendendo in questo modo ancora più difficile la programmazione a lungo termine.
Senza contare l'appesantimento delle segreterie in questa fase dell'anno, con il personale Ata sempre più impegnato ad adempiere agli obblighi di legge, anche di fronte a continue novità e sorprese.
Ma tutti questi impegni di spesa che lo Stato sta affrontando hanno una valutazione nella ricaduta dell'efficacia, dell'efficienza e dell'economicità?
Soprattutto, quali effetti sui nostri studenti, quali miglioramenti nella scuola, quale uso del denaro pubblico in situazioni di questo tipo, quale programmazione logica per il bene della comunità?
Queste sono le domande che mi pongo, guardando, attonita e impotente, una scuola che non riconosco più.