Nelle ultime settimane si è tornati a parlare di pubblico impiego, purtroppo con toni e argomenti non lusinghieri.
In realtà non si è mai smesso, se si considera l’incessante e quotidiana rassegna sui cosiddetti “furbetti del cartellino”; sia chiaro, chiunque si renda responsabile di truffa ai danni dello Stato merita le reazione dell’ordinamento giuridico, ma l’interesse giornalistico sul tema, non supportato peraltro mai dalle percentuali del fenomeno e non accompagnato da uguale interesse per tutti gli altri fenomeni truffaldini, qualche sospetto sulla imparzialità di questo interesse mediatico lo ingenera.
Il sospetto diventa certezza quando le notizie vengono manipolate, distorte, o riportano contenuti palesemente falsi.
È il caso degli annunciati interventi punitivi, dai “decaloghi” ai licenziamenti nei confronti dei pubblici dipendenti, che si starebbero preparando nelle stanze del Ministero per la Pubblica Amministrazione (senza che sul sito istituzionale del Ministero o da qualche altra fonte ufficiale si traggano notizie certe), che sarebbero finalizzati a combattere fenomeni di assenteismo e di abuso di diritto.
Ebbene, tutti i maggiori organi di informazione, nel ripetere con ossessiva serialità, financo utilizzando gli stessi termini, gli interventi draconiani incombenti, hanno riportato con sicumera e come dati di fatto alcuni fenomeni, quali l’abuso di assenze per malattia nel week-end e lo “storico gap” tra le assenze nel settore pubblico e in quello privato (con netta prevalenza delle assenze nel settore pubblico).
Addirittura si è giunti, fortunatamente con minore uniformità, ad affermare che le fasce di reperibilità per le assenze in caso di malattia sarebbero di durata superiore nel settore privato, quando è esattamente il contrario!
Tornando ai dati sulle assenze, ciò che viene affermato con apodittica certezza è clamorosamente smentito dai dati ufficiali facilmente reperibili in rete: come ogni anno infatti l’INPS, che gestisce e raccoglie i certificati medici attestanti le assenze per malattia di dipendenti pubblici e privati, ha pubblicato i dati sulle assenze relative all’anno 2015 (la “Certificazione di malattia dei dipendenti privati e pubblici è disponibile qui) da cui si traggono notizie certe, che smentiscono quanto riportato, in un solo coro, dagli organi di informazione.
Dai dati disponibili infatti, scopriamo che non esiste alcun allarme week-end, poiché di lunedì (giorno in cui, per inciso, è del tutto normale si producano più certificati poiché si sommano anche gli eventi del sabato e della domenica) ci si ammala nel privato nettamente più che nel pubblico (30,5% contro 27,6% di certificati), e che il venerdì, sempre meno “utilizzato” da parte dei dipendenti pubblici rispetto a quelli privati, è il giorno, addirittura, in cui si verificano meno eventi di malattia rispetto al resto della settimana.
Ancora, si legge che la durata media del complesso degli eventi di malattia è maggiore nel privato (18,4) che nel pubblico (17,6).
Senza usare alcuna malizia, se le notizie di stampa, così universalmente condivise in un momento di notevole esposizione mediatica del pubblico impiego, non vengono supportate da fonti istituzionali, che, anzi, le smentiscono clamorosamente, c’è qualcosa che non va.
E questo qualcosa riguarda l’informazione, riguarda la tutela dei lavoratori dello Stato, riguarda i diritti, anche costituzionali.
Dov’è il rispetto per la dignità dei lavoratori?
Dov’è il rispetto per la Corte Costituzionale stessa, che ha dichiarato illegittimo il blocco dei contratti nella pubblica amministrazione con questa sentenza di quasi due anni fa, senza che nulla di concreto si sia mosso nel frattempo, e senza che nessuno accenni a questa (questa, sì) clamorosa inottemperanza istituzionale?
È legittimo chiederselo. Continuando a fare il proprio dovere, si intende.