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Con il parere n. 2285 del 15/01/2013 indirizzato al Miur il Dipartimento della Funzione Pubblica è intervenuto sugli effetti che l'assenza per congedo straordinario retribuito ex art. 42, commi 5 e ss, del D.Lgs. n. 151 del 2001 produce sulla maturazione dell'anzianità di servizio ai fini della progressione economica e della pensione.

L'art. 42 del D.Lgs. n. 151 del 2001, così come modificato dalla lettera b) del comma 1 dell'art. 4 del d .lgs. 18 luglio 2011, n. 119, al comma 5-ter recita: "Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa;…"; il successivo comma 5-quinquies prevede: "Il periodo di cui al comma 5 non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto. Per quanto non espressamente previsto dai commi 5, 5-bis, 5-ter e 5-quater si applicano le disposizioni dell'articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53".

Il Dipartimento della funzione pubblica nella circolare n. 1 del 2012, diramata dopo le modifiche apportate dal  D.Lgs. n. 119 del 2011 al citato art. 42, al paragrafo 3, lett. d), ha precisato che "i periodi di congedo straordinario non sono computati ai fini della maturazione di ferie, tredicesima, trattamento di fine rapporto e trattamenti di fine servizio, ma, essendo coperti da contribuzione, sono validi ai fini del calcolo dell'anzianità".

Questo significa che il periodo del congedo deve essere riconosciuto ai fini dell'anzianità di servizio valevole per il raggiungimento del diritto a pensione e per la sua misura; questo si desume dalla circostanza che la legge ha previsto l'istituto della  contribuzione figurativa (la quale, si ricorda, nel caso di specie vale solo per i lavoratori del settore privato, atteso che per i pubblici dipendenti la contribuzione è connessa alla retribuzione effettivamente versata dal datore di lavoro) che è valida per il diritto e per la misura della pensione.

Occorre poi considerare il richiamo all'art. 4, comma 2, della l. n. 53 del 2000, nel quale è previsto che il congedo non è computato nell'anzianità di servizio, lì dove l'anzianità di servizio è tenuta distinta dai "fini previdenziali".

Pertanto, è necessario distinguere la valenza dell'anzianità maturata nel corso della fruizione del congedo e, cioè, l'effetto che si produce rispetto al trattamento pensionistico e quello che riguarda invece il conseguimento del requisito per la progressione a fini economici e, quindi, i periodi di congedo sono validi ai fini pensionistici, ma non ai fini della progressione economica.

Questa conclusione è confermata dalla considerazione che, di regola, i periodi rilevanti ai fini delle progressioni economiche presuppongono un'attività lavorativa effettivamente svolta, che porta ad un arricchimento della professionalità e ad un miglioramento delle capacità lavorative del dipendente, situazione che non ricorre nel momento in cui il dipendente si assenta dal servizio e non svolge la propria attività lavorativa.

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