"In materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, trova diretta applicazione la regola contenuta nell'art. 41 cod. pen., per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell'equivalenza delle condizioni, in forza del quale va riconosciuta l'efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell'evento, mentre solamente se possa essere con certezza ravvisato l'intervento di un fattore estraneo all'attività lavorativa, che sia di per sé sufficiente a produrre l'infermità tanto da far degradare altre evenienze a semplici occasioni, deve escludersi resistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge".
Così si è espressa la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 10565 del 7/05/2013, con la quale ha accolto la richiesta di risarcimento proposta dagli eredi di un lavoratore dipendente deceduto a seguito dell’infezione da HCV (epatite cronica), contratta a causa di tre emotrasfusioni eseguite dopo un infortunio in itinere.
Per la Suprema Corte, nella fattispecie, le emotrasfusioni rappresentano un fattore, intervenuto nella catena delle condizioni, che avevano contribuito all'evento e che pertanto non aveva interrotto il nesso causale tra l'infortunio in itinere e la morte. Questo perché era certo e documentalmente comprovato che le emotrasfusioni si erano rese indispensabili a causa della necessità di trattamento chirurgico delle fratture subite dal nell'infortunio in itinere e, dunque, in diretta dipendenza causale dall'infortunio.
Pertanto, l'epatite, contratta a causa delle emotrasfusioni, non poteva che essere dipesa, per mediazione causale, dall'infortunio stesso.
A stessa conclusione era peraltro giunta la stessa Corte con sentenza n. 13361/2011 relativa a fattispecie per più versi analoga a quella in oggetto, ove si è riconosciuta la riconducibilità all'attività lavorativa della malattia contratta per complicanze insorte dalla vaccinazione contro l'epatite B, atteso che la necessità di questo intervento sanitario — nonché dei successivi richiami — era conseguente a un infortunio sul lavoro.