(Adnkronos) - Il reato di diffamazione si è prescritto ma la Cassazione, sentenza 5935, respingendo il ricorso dei genitori del bambino, ha confermato la legittimità del risarcimento all'insegnante.
I genitori, in sostanza, secondo la Cassazione sono colpevoli di non avere fatto una "verifica informale e preventiva della veridicità dei fatti riferiti dal minore", fidandosi ciecamente del racconto del bambino.
In particolare, la Suprema Corte, convalidando la decisione della Corte d'appello di Bologna del luglio 2010, ha osservato che "pur dovendosi riconoscere che l'adempimento degli obblighi genitoriali di protezione del figlio poteva giustificare l'adozione di iniziative atte a sollecitare un chiarimento circa l'accaduto, al contempo non può omettersi di rimarcare che la formalizzazione di una denuncia scritta indirizzata non soltanto al Dirigente scolastico ma anche al provveditore agli studi, avrebbe dovuto essere quanto meno preceduta da una verifica informale della veridicità dei fatti riferiti dal minore".
Un discorso che, secondo la Cassazione, ha la sua ragione d'essere "in quanto il presupposto per l'applicazione a titolo putativo della causa di giustificazione invocata presuppone un errore incolpevole sulla verità dei fatti che, invece, non è configurabile quando sia mancato un preventivo vaglio nella direzione indicata". In nessun modo poi, secondo gli "ermellini", potrebbe "trovare giustificazione, siccome esulante dai compiti di salvaguardia dell'interesse del figlio, l'iniziativa diretta a promuovere la pubblicazione della notizia su un quotidiano di rilevante diffusione. Pubblicazione - puntualizza la Cassazione - che, secondo quanto accertato dal giudice di merito, fu per l'appunto provocata dall'interessamento della stampa ad opera dei genitori del bambino". Irrilevante il fatto che i genitori nell'articolo non avessero fatto il nome della maestra "tuttavia riconoscibile dagli abitanti" del piccolo centro.
(15 febbraio 2012 ore 16.50)