Con la sentenza n. 14643 dell'11/06/2013, la Corte di Cassazione ha dichiarato l'illegittimità del licenziamento per superamento del periodo di comporto nel caso in cui lo stato di malattia – nella specie, depressione – sia determinato dal mobbing subito sul luogo di lavoro.
Confermando la decisione dei giudici di primo grado e d'appello, la Cassazione ha stabilito che "le assenze per malattia della lavoratrice fossero dovute all'illegittimo e discriminatorio comportamento datoriale e che quindi non fossero da computare ai fini del periodo di comporto".
La Suprema Corte ha poi ricordato che "ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono, pertanto, rilevanti: (a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; (b) l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; (c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità psico-fisica del lavoratore; (d) la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio".