Al padre lavoratore deve essere riconosciuto il diritto a fruire dei permessi previsti dall’art. 40, lettera c), del D.lgs n. 151/2011, anche nell’ipotesi in cui la madre svolga lavoro casalingo.
Lo ha precisato l’Inpdap, con la nota operativa n. 23 del 13 ottobre 2011, con la quale, nel rispondere alle numerose richieste di chiarimento pervenute dalle Amministrazioni iscritte all’Istituto, ha fatto proprie le interpretazioni estensive contenute nella sentenza del Consiglio di Stato n. 4293 del 2008 e della successiva circolare del Ministero del lavoro n. 8494 del 2009.
Ovviamente – precisa l’Inpdap – trattandosi di permessi retribuiti, la loro fruizione non ha alcuna incidenza ai fini del versamento dell’obbligo contributivo.
Pertanto, in presenza di determinate condizioni, opportunamente documentate (madre casalinga impossibilitata a prendersi cura del neonato perché impegnata in altre attività, quali accertamenti sanitari, partecipazione a pubblici concorsi, cure mediche ecc.), il padre dipendente può fruire dei riposi giornalieri nei limiti di due ore o di un’ora al giorno a seconda dell’orario giornaliero di lavoro, entro il primo anno di vita del bambino o entro il primo anno dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato.
Il padre lavoratore può usare i riposi a partire dal giorno successivo ai tre mesi dopo il parto. E in caso di parto plurimo, i riposi raddoppiano.
Non è consentito in alcun modo il recupero delle ore di permesso eventualmente non godute.