Con la circolare n. 2 del 2013 il Ministro per la Pubblica Amministrazione Giampiero d’Alia suona la sveglia alle amministrazioni sull’applicazione del decreto trasparenza.
Il D.Lgs. 33/2013, in vigore dal 20 aprile come diretta emanazione della legge anticorruzione, infatti, stenta a decollare; molte amministrazioni, colpevolmente, non ne hanno tenuto conto, e hanno continuato a pubblicare sui siti web istituzionali solo pochi e frammentati documenti, sicché ben poche realtà amministrative hanno attuato la riforma.
Riforma che è stata quasi rivoluzionaria; come ricorda la circolare, infatti:
- quasi tutte le informazioni in capo alle amministrazioni e i documenti prodotti debbono essere pubblicati;
- è istituito il diritto di accesso civico, diritto gratuito e senza limiti in capo a chiunque, da esercitarsi per esigere la pubblicazione degli atti soggetti a trasparenza, rivolgendosi al Responsabile della Trasparenza o a chi esercita il potere sostitutivo (che va al più presto nominato ove mancante);
- è responsabilità di tutti i dirigenti la corretta pubblicazione dei dati;
- tutte le amministrazioni sono destinatarie della riforma, comprese le società partecipate “per le attività di pubblico interesse disciplinate dal diritto nazionale e dall’UE”, e analogamente gli enti pubblici economici e le autorità indipendenti;
- per le Regioni e gli Enti locali le norme sono immediatamente operative, ma saranno seguite da disposizioni di dettaglio da emanare in sede di Conferenza Unificata;
- in particolare, debbono essere pubblicati tutti i dati (persino quelli dei parenti stretti) degli organi politici;
- le nuove norme si coordinano con il Piani Nazionale Anticorruzione (per la prima volta si definisce una data di scadenza, va pubblicato entro il 31 gennaio 2014) e le Linee guida sulla trasparenza (che soggiacciono allo stesso termine);
- sono stabiliti vari gradi di intervento e di responsabilità, definendo i compiti dei diversi organismi coinvolti: Responsabile Anticorruzione e Trasparenza, OIV, Civit,. Dipartimento Funzione Pubblica, A.C.V.P.;
- opera come indubbia agevolazione la “Bussola della Trasparenza”, strumento on line aperto a chiunque che valuta i siti web istituzionali, monitorando lo stato di attuazione della nuova normativa e offrendo inoltre la possibilità di ricorrere ad un sito di prova che consente la valutazione, in tempo reale, del proprio sito.
La circolare rammenta tutto ciò, evidenzia che molti comuni, anche di grandi dimensioni, non hanno ancora neanche iniziato a modificare i siti web nel senso voluto dalla normativa, e ricorda le responsabilità dirigenziali, amministrative e disciplinari connesse agli inadempimenti, schematizzando in un sintetico allegato obblighi e sanzioni.
Un intervento utile e necessario quello di qualche giorno fa, quindi, che tuttavia presenta degli elementi di singolarità, consistenti nel richiamare all’ordine, legittimamente, le amministrazioni sugli adempimenti, e nel contempo sorvolando su atteggiamenti del Governo, nelle vesti di programmatore e legislatore, di fatto non convergenti con la stessa normativa che si ricorda.
È il caso delle scadenze: i singoli Piani Triennali, lo ricordiamo avrebbero dovuto essere emanati dalle singole amministrazioni entro il 31 marzo (2013), sulla base del Piano Nazionale della Funzione Pubblica, che tuttavia, autonomamente, si rimanda ad un termine ben più comodo, il 31 gennaio 2014. Lo stesso vale per la Conferenza Unificata, che avrebbe dovuto dettare gli indirizzi per i Piani triennali degli enti territoriali locali: ancora deve pronunciarsi la Conferenza, e avrebbe dovuto farlo entro la fine di marzo del 2013.
La circolare poi, opportunamente, nel ricordare i (pochi) limiti della Trasparenza, rammenta la tutela della riservatezza, il Codice Privacy e gli orientamenti del Garante come limiti invalicabili, che possono comportare addirittura sanzioni amministrative, penali e obbligo di risarcimento del danno.
Un inciso davvero opportuno, che tuttavia non si concilia con l’atteggiamento tenuto dal Governo nell’emanazione del decreto 33, atteggiamento di netta discrepanza con le indicazioni del Garante.
Sul testo del decreto il Garante Privacy si espresse, con questo parere, in maniera molto critica, sollecitando numerose riforme ed evidenziando l’illegittimità di alcune prescrizioni, dalla previsione di rintracciabilità dei dati tramite motori di ricerca tradizionali (per il Garante non proporzionata e irrispettosa della riservatezza) alla durata della pubblicazione dei dati (5 anni in realtà allungabili, definiti termine assolutamente non proporzionato) agli obblighi di pubblicazione dei dati degli organi politici (persino dei loro parenti) e del personale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, oggetto di specifica richiesta di revisione da parte del Garante in quanto, addirittura, confliggenti con le indicazioni della Corte di Giustizia Europea.
La lettura del parere confrontata con il testo ufficiale del decreto evidenzia come gli allarmi del Garante siano caduti in grandissima parte nel vuoto, da parte di quel Governo che non recepisce le indicazioni allarmistiche del Garante ma, nel contempo, chiede ai suoi funzionari di rispettarne di dettami, rammentando anche le gravi conseguenze in caso di inosservanza.
Un atteggiamento curioso, vero?