A pochi giorni dalla giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo, il mondo scolastico sembra essere più che mai immerso in una sorta di palude stigia che ribolle di violenza, ira e sopraffazione. Un’immagine lontana anni luce da quell’ambiente di serena - non serafica - crescita educativa che tutti noi riteniamo che la scuola debba essere.
I poco edificanti contorni ed episodi sono stati amplificati dai commenti di personaggi che “se c’è qualcosa che non va” non stanno zitti, come quella madre finlandese e quella comica italiana che hanno dato il via - come si dice politicamente correttamente - a estesi e articolati dibattiti.
Anche il Ministro dell’Istruzione e del Merito ha detto la sua e ne ha ampia facoltà, ci mancherebbe.
Ne ha anche ben donde, considerato che l’operazione di restyling lessicale dell’apparato non si è automaticamente tradotta in iniziative pratiche meritevoli.
È comunque ovvio che nessuno, men che mai un ministro appena insediato (di cui tra l’altro non si sa un granché, a leggere la biografia riportata sulla home page del MIM), possiede la bacchetta magica per risolvere gli annosi e pervicacemente consolidati problemi della scuola, ma sembra davvero che nell’ultimo periodo molti soggetti si diano un gran da fare per tirar fuori dal cilindro il peggio del peggio: studenti e genitori che insultano, aggrediscono e picchiano professori e altri studenti, aule gelide che causano episodi di ipotermia, amministrazioni che fanno orecchie da mercante finché non si sfiora l’irreparabile, pendolari vittime dell’algoritmo che sono fiondati a centinaia di chilometri di distanza da casa e trovano comunque il modo di non fare i pendolari, insegnanti che non possono andare a scuola perché ammalati ma possono invece, benché ammalati, avere altri incarichi, svolgere altra attività professionale e avere un dottorato di ricerca.
Certo, si tratta di episodi singoli ed estremi che fanno notizia proprio perché un solo albero che cade fa molto più rumore di un’intera foresta che cresce, ma quell’unico albero può provocare danni evidenti, se è vero che la dispersione scolastica media si attesta attorno al 13%, ben lontana dall’obiettivo del 9% prefissato dalla UE entro il 2030, e la percentuale dei NEET (giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano né lavorano) supera il 23%, lontana anni luce dalla media europea del 13,1%.
Basterà il docente tutor in classe, pedagogo e un po’ psicologo, ad aiutare gli studenti difficili già dal prossimo anno? Basterà sollecitare la corresponsabilità educativa delle famiglie per risanare gli alunni violenti e quelli che liquidano la Shoah in una sola riga smozzicata nella Giornata della Memoria? Basterà aumentare gli stipendi agli insegnanti che vivono in zone dove gli affitti sono più cari ad eliminare il precariato, il pendolarismo e soprattutto la rot(e)azione delle cattedre?
Conosciamo già le risposte, tuttavia bisogna prender atto che comunque qualcosa si muove, anzi, qualcosa sta nascendo. Forse è un albero, diceva un tempo il ragazzo di campagna trapiantato in città, chiosando subito che si trattava di un albero di 30 piani.
Chissà come mai la sensazione di sconforto è simile, anche senza aver letto le ultime news sul dimensionamento scolastico e le FAQ di FUTURA sul PNRR...