A qualsiasi studente di informatica, quindi anche a quelli che si avvicinano alla materia da principianti, viene insegnato che tutti coloro i quali vogliano progettare e realizzare sistemi informatici, applicazioni, siti internet in grado di supportare il più ampio repertorio possibile di abilità e in grado di supportare le più diverse situazioni ambientali debbano rispettare i principi dell'Universal design.
Tali principi sono sette e in base ad essi un sistema, un applicativo, un sito internet deve essere:
- utile e vendibile ad ogni tipologia di utenti dai più esperti ai meno esperti;
- flessibile nell'uso: deve essere in grado di adattarsi alle preferenze e capacità degli utenti;
- semplice e intuitivo: anche un utente inesperto deve poter interagire con esso;
- efficace nell'informazione: deve comunicare, cioè, le informazioni necessarie al suo uso in modo che l'utente anche inesperto sia in grado facilmente di comprenderle;
- basso sforzo fisico: l’uso del sistema deve risultare confortevole all'utente;
- tolleranza all'errore: deve essere in grado di limitare la perdita di informazioni causata da errori o azioni involontarie dell'utente;
- dimensioni e memoria: deve indicare in modo chiaro la dimensione e lo spazio in memoria necessari per il suo corretto funzionamento.
Alle regole dell’Universal design si aggiungono poi, anch'esse fondamentali, le linee guida sull'accessibilità dei sistemi informatici e siti internet.
Bene, ma se anche i principianti lo sanno, come mai gli espertissimi informatici del MEF che hanno predisposto con i soldi dei contribuenti i sistemi informativi NoiPa, AcquistiinretePA, Piattaforma Certificazione Crediti (ultima nata!) non ne hanno tenuto conto?
Perché, rileggendo queste semplici regoline, ho come l’impressione che nessuna di queste sia stata rispettata?
No, in effetti non è così: la penultima - tolleranza all'errore – è rispettata. In AcquistiinretePA, ad esempio, il sistema chiede talmente tante volte se si è sicuri di voler fare quel che si sta facendo che spontaneamente verrebbe da rispondere che in effetti non si è sicuri di saperlo, e soprattutto verrebbe da gridare che non si capisce perché si debba essere costretti a farlo in quel modo!
Ma tutte le altre regole, chi le ha considerate?
L’ultima nata, la Piattaforma certificazione crediti (PCC) è così complicata da comprendere che probabilmente solo pochi riusciranno a riscuotere grazie alla certificazione PCC. Questo malgrado la buona volontà dei dipendenti pubblici che vorrebbero invece inserirli questi benedetti crediti. Ad esempio, se per disgrazia si verifica qualche intoppo nella nomina del responsabile delle certificazioni, oppure nell'associazione della PA registrata nella PCC, alla PA inserita nell'Indice delle Pubbliche Amministrazioni (IPA) tutto diventa ancora più complicato e il processo si blocca completamente.
E la cosa peggiore è che non esiste nemmeno un numero verde per l'assistenza telefonica! Non si riesce ad avere un contatto telefonico nemmeno se lo si richiede all'URP del MEF. L'unico modo per ricevere aiuto è inviare una mail ad un indirizzo di posta elettronica ... che però risponde, dopo giorni, con messaggi di posta elettronica che non risolvono il problema, ma ti avvisano che se non lo risolverai ti scriveranno ogni settimana per ricordarti che devi completare la procedura che non riesci a completare!
Mi auguro che qualcuno tra quelli che dovrebbero decidere nelle alte sfere, prima o poi, si decida a risolvere la situazione. Speriamo che lo faccia inserendo tra le priorità del Sistema Italia una digitalizzazione efficiente delle PA e lo faccia non solo a parole. E soprattutto lo faccia eliminando qualche piattaforma, non aggiungendone delle altre!