Secondo l’interpretazione dell’enciclopedia Treccani, con il termine assenteismo (“coniato dall’uomo politico inglese Th. P. Thompson nel 1829 per designare l’abitudine dei proprietarî terrieri irlandesi di vivere lontani dalle loro proprietà”) si intende la condizione di essere “frequentemente o abitualmente assente dal luogo di lavoro, di studio, o da altri luoghi di riunione e di partecipazione a cui si avrebbe l’obbligo, anche soltanto morale o sociale, d’intervenire. In particolare, nella moderna organizzazione del lavoro, il fenomeno dell’assenza dal posto di lavoro di un numero rilevante di lavoratori dovuto a malattia, reale o pretestuosa, oppure ad altre cause (crescente e preoccupante disaffezione dal lavoro, minori controlli, diminuita soggezione verso i quadri dirigenti, ecc…”.
La ricerca dell’esatto significato del termine non è esercizio ozioso, perché di fronte all’abuso mediatico che se ne fa, bisognerebbe ricondurre il fenomeno negli esatti confini, così, tanto per capire di cosa si parla. Se con il termine quindi non intendiamo la dolosa alterazione delle presenze (fenomeno tristemente noto ma non nelle percentuali esatte di ricorrenza, che ricomprende veri atteggiamenti delinquenziali penalmente rilevanti), ma l’assenza frequente e rilevante dal posto di lavoro dovuta a malattia vera o presunta, dovremmo avere la cura di capire la portata del fenomeno, e magari, perché no, provare a dire la verità.
Ma il terreno su cui ci si muove, come sempre quando si parla di dipendenti pubblici, è sdrucciolevole. In questi giorni, di pari passo con la definizione del disegno di legge che impone nuove misure di rilevazione delle presenze tramite controlli biometrici, si è rinfocolata la polemica sull’ “assenteismo” inteso in senso giornalisticamente molto ampio; ad esempio, secondo TGCOM di qualche giorno fa, che riprende uno studio de La Stampa, sono meno di 4 su 100 i licenziamenti nel pubblico impiego; la notizia, ricopiata pari pari, come da tradizione, da molte altre testate, riporta uno studio sulla base di “dati grezzi” rielaborati da “qualificati specialisti”. Lo stesso TGCOM, riporta inoltre, sempre recentemente, l’apodittica, e piuttosto grave, affermazione per cui, secondo lo staff della Ministra Bongiorno "metà dei lavoratori è incline a farsi gli affari propri".
A prescindere dalla genericità dell’affermazione, per cui si dovrebbe discutere se i dipendenti pubblici possano o meno amare la gestione degli affari propri al di fuori dell’orario di lavoro, o se non sia in realtà “affar proprio” anche il proprio lavoro, addirittura amandolo (ma sono disquisizioni filosofiche), questo assenteismo aumenta o no? È severamente sanzionato?
E cosa significherà mai “dati grezzi”, chi saranno i misteriosi “qualificati specialisti”, cosa si intenda per assenteismo e se lo stesso sia severamente punito, o sia in aumento, non è proprio chiaro.
Gli “specialisti”, infatti, non saranno gli stessi che a distanza di pochissimi giorni attestano, come fa il Corriere il 2 dicembre, che “i licenziamenti per assenteismo stanno aumentando”, in linea con quanto affermato di recente da Repubblica, che riporta che nel 2017 ci sono stati 327 licenziamenti, la metà per assenze.
Il mistero si infittisce, e se non si parlasse della dignità di chi lavora per lo Stato, ci sarebbe da appassionarsi, divertiti, alla ricerca del bandolo della matassa.
Da persone serie, e per quanto riguarda l’assenteismo propriamente detto, vi pubblichiamo qualche dato ufficiale, con tanto di fonte e dati.
Nel novembre 2018, l’INPS, divenuta Polo unico pubblico e privato di tutela della malattia, ha pubblicato informazioni dell’Osservatorio teso al monitoraggio dell’astensione dal lavoro per malattia relativo al III trimestre 2018; i dati sono disponibili qui.
Dal monitoraggio risulta che in detto periodo:
- i certificati nel settore pubblico, rispetto allo stesso periodo 2017, sono diminuiti del -3,1 % (nel settore privato sono aumentati del + 6,8%);
- i giorni di malattia nel settore pubblico nello stesso periodo sono diminuiti (più che proporzionalmente rispetto ai certificati) del -7,3% (sono aumentati nel settore privato del + 4,9%);
- il numero dei controlli effettuati dall’INPS (visite fiscali) è stato di 119 visite ogni 1.000 certificati per il pubblico impiego, di 52 per il settore privato.
Questi i dati ufficiali, per l’ambito delle assenze per malattia.
Che non riporta né copia e incolla nessuno.