È ormai evidente che l’interruzione delle lezioni “in presenza” non sarà breve.
Quello che non si sa, tuttavia, è quanto durerà: tale decisione è legata a fattori indipendenti dall’organizzazione scolastica.
Restando in questo ambito, si possono fare soltanto delle ipotesi: dopo Pasqua, fine aprile, oppure addirittura giugno.
In quest’ultima evenienza, tuttavia, un’ulteriore problematica viene ad inserirsi in un quadro già di per sé complesso in termini di gestione: la validità non solo formale ma sostanziale dell’anno scolastico.
È di tutta evidenza che tale condizione può essere garantita solo attraverso un iter valutativo del percorso svolto “a distanza” da parte di alunni e studenti durante questo tormentato periodo.
Non si possono, tuttavia, ignorare alcuni elementi critici che connotano questa difficile operazione.
Vediamo innanzitutto le indicazioni contenute negli atti ufficiali del MIUR.
La nota n. 279 dell’8 marzo 2020, in merito alla valutazione degli apprendimenti “a distanza” afferma quanto segue: “Si ricorda, peraltro che la normativa vigente (Dpr 122/2009, D.lgs 62/2017), al di là dei momenti formalizzati relativi agli scrutini e agli esami di Stato, lascia la dimensione docimologica ai docenti, senza istruire particolari protocolli che sono più fonte di tradizione che normativa”.
In altre parole, la questione resta in mano ai docenti che, sulla base della libertà d’insegnamento, dovranno agire considerando equivalenti la didattica a distanza e quella ordinaria anche se, dal punto di vista normativo non esiste un riferimento certo ed inconfutabile che sostenga questa interpretazione.
Non è impossibile capire il perché di questa impasse.
Ebbi già modo di sottolineare che la didattica a distanza non si inventa dall’oggi al domani, anche se i nostri Dirigenti scolastici (compresi quelli che stanno svolgendo l’anno di formazione) hanno a disposizione, nella maggioranza dei casi, strumenti in termini di competenze personali e risorse materiali e professionali.
Non si può non prendere atto, tuttavia, delle differenti abilità da parte dei docenti in merito all’uso delle tecnologie che hanno sicuramente influenzato l’offerta formativa erogata in questo periodo, oltre alle diverse situazioni degli alunni, italofoni o meno, che vanno dal non possesso di mezzi informatici nel nucleo familiare alla (fortunata) condizione di poter disporre di un pc personale, da non dover condividere con fratelli o con genitori in regime di “lavoro agile”.
Bisogna anche considerare l’effettivo svolgimento diretto del lavoro proposto da parte dell’alunno/studente interessato e l’entità dell’ “aiuto” eventualmente offerto da mamma, papà, o altra figura parentale.
Tutte queste considerazioni hanno indotto il MIUR a emanare, in data 11 marzo 2020, una nota con la quale viene introdotto il monitoraggio delle iniziative di didattica a distanza realizzate dalle scuole.
Lo scopo di tale azione è quello di “avere in tempi brevi un quadro generale e realistico di come si stanno attrezzando le Istituzioni scolastiche per far fronte all’attuale emergenza”.
Non è mia intenzione analizzare in questa sede il questionario proposto ma evidenziare alcuni dati che il Ministero intende rilevare, traendo le relative conclusioni nella prospettiva del lungo periodo che, probabilmente, Dirigenti, docenti, alunni e famiglie si troveranno ad affrontare. Nel questionario si parte addirittura dal chiedere se sia stata attivata o meno qualche forma di didattica a distanza, presupponendo quindi che si possa non aver neppure avviato tale percorso (anche se personalmente sono più che sicura che tale situazione non si verifichi in alcun contesto). Ci si pone però il problema del numero approssimativo di docenti con competenze informatiche generali e adeguate per interventi di formazione a distanza, dell’effettivo coinvolgimento degli studenti - compresi quelli appartenenti alle categorie più deboli-, della dotazione informatica delle scuole, dell’esistenza di strumenti già attivi per la didattica digitale e a distanza. La scadenza per la compilazione del questionario - inizialmente prevista per il 18 marzo - è stata prorogata in considerazione degli innumerevoli adempimenti cui sono soggette comunque le Istituzioni scolastiche, anche e soprattutto in relazione all’organizzazione della didattica a distanza e alla gestione con le medesime modalità degli organi collegiali.
Nel frattempo, fino ad oggi, molti Dirigenti scolastici avevano suggerito ai propri docenti di considerare la valutazione del lavoro prodotto “da casa” come indicativa e non definitiva, attendendo il ritorno a scuola per una verifica ufficiale degli apprendimenti acquisiti. Questo comportamento non hai mai escluso, comunque la comunicazione agli alunni (e alle famiglie), durante l’attività a distanza, gli esiti della valutazione degli elaborati, dei compiti e delle ricerche prodotti dagli allievi.
Questa ipotesi verrebbe tuttavia a cadere se non si dovesse tornare in classe, anche perché attualmente non è previsto un prolungamento dell’anno scolastico oltre il mese di giugno.
Cosa fare, in attesa di ulteriori indicazioni che senz’altro verranno dal MIUR, anche alla luce dei risultati del sondaggio?
L’ultima nota del MIUR, la n. 388 del 17/03/2020, in tema di valutazione delle attività didattiche, nel sottolineare “il dovere alla valutazione da parte del docente, come competenza propria del profilo professionale, e il diritto alla valutazione dello studente, come elemento indispensabile di verifica dell’attività svolta” non fa, in realtà, che rafforzare quanto già affermato dalla già citata nota 279/2020 in merito al rapporto tra attività didattica a distanza e valutazione. La valutazione stessa, nell’ultima nota, è semplicemente descritta con maggior approfondimento con attributi come “costanza”, “tempestività”, “trasparenza”, “buon senso didattico”, “personalizzazione”, “responsabilizzazione degli allievi”: tutti concetti che devono caratterizzare da sempre il processo valutativo dell’apprendimento realizzato da ciascun alunno.
Queste indicazioni si traducono, quindi, in semplici enunciazioni di principio, come il ruolo di valorizzazione del percorso svolto dagli alunni/studenti per evitare connotazioni di tipo sanzionatorio alla verifica degli apprendimenti.
L’indicazione di maggior efficacia sul piano operativo si concretizza, quindi, nell’esortazione a individuare “criteri stabiliti da ogni autonomia scolastica” pur “assicurando la necessaria flessibilità”.
Si ribadisce, infine, che “Le forme, le metodologie e gli strumenti per procedere alla valutazione in itinere degli apprendimenti, propedeutica alla valutazione finale, rientrano nella competenza di ciascun insegnante e hanno a riferimento i criteri approvati dal Collegio dei Docenti. La riflessione sul processo formativo compiuto nel corso dell’attuale periodo di sospensione dell’attività didattica in presenza sarà come di consueto condivisa dall’intero Consiglio di Classe”.
Per i Dirigenti scolastici, si tratta di predisporre quindi le condizioni per stabilire collegialmente dei possibili criteri per la valutazione della didattica a distanza nell’ottica di una misurazione complessiva del rendimento, dell’impegno, della partecipazione al dialogo educativo.
Si può partire dall’individuazione degli indicatori, come la modalità di partecipazione alle attività proposte (attenzione, ascolto, interventi, contributi personali), la qualità l’interazione con il docente (linguaggio utilizzato nelle comunicazioni, capacità di esporre e documentare, capacità di seguire le indicazioni del docente) anche attuata con canali comunicativi che non siano applicativi social (es. via mail), il rispetto dei tempi di elaborazione/consegna, la qualità del lavoro prodotto in termini di cura nello svolgimento e nella consegna degli elaborati.
Si possono prevedere alcune strategie per rendere più oggettive le valutazioni, come colloqui e verifiche orali in videoconferenza alla presenza di due o più studenti.
Alcuni degli indicatori proposti possono essere utilizzati anche per la valutazione del comportamento.
Rendiamoci conto, tuttavia, che non si tratterà di un’operazione facile, anche in termini di prevenzione di contestazioni con possibili conseguenze legali.