Si susseguono ogni giorno notizie riguardanti le progressive sospensioni delle attività educative.
Le scuole non hanno mai vissuto finora una situazione più incerta di quella che attualmente stanno affrontando, da quando il Covid è entrato nelle nostre vite.
Dopo gli sforzi organizzativi da parte di tutto il personale e dopo l’importante impegno economico per riaprirle a settembre, gradualmente si sta tornando, almeno alle superiori, alla didattica a distanza. Prima al 50%, poi al 75% e ora, in diverse Regioni, al 100%.
Siamo in attesa ora del prossimo DPCM che, come annunciato, dovrebbe prevedere misure ulteriormente restrittive: a livello nazionale si parla della possibilità di passare integralmente alla DaD alle secondarie di II grado, a livello territoriale, nelle Regioni a più alto rischio, la DaD potrebbe riguardare anche le classi seconde e terze delle scuole medie.
Ecco, che ancora una volta, la scuola è tra le prime cose da tagliare. Mentre gli altri Paesi d’Europa stanno affrontando la pandemia cercando di preservare l’attività didattica, in Italia non si riesce a trovare altra soluzione che lasciare i ragazzi (al momento solo quelli più grandi) a casa, davanti ad un monitor.
Conte ha rassicurato: “Speriamo che queste sia una misura temporanea”; ma la sensazione è che, nonostante tutti gli sforzi messi in atto in questi mesi, l’istruzione sia tutto sommato “sacrificabile”.
E in un Paese con bassi livelli di istruzione e alti tassi di dispersione scolastica questa non è affatto una buona notizia.